Il rientro a scuola degli studenti italiani delle superiori prima era previsto il 7 gennaio al 75%, poi è diventato al 50% per poi aumentare gradualmente. Nonostante il dibattito di tutta l'estate per il rientro a settembre, non solo non si è riusciti a concretizzarlo per tutti ma ancora oggi si discute e si continua a cambiare su come e quando gli studenti delle superiori potranno ritornare a scuola.
Il nodo più importante, poi, è legato ai trasporti e a come questi dovranno essere rafforzati e organizzati per evitare gli assembramenti a bordo degli autobus la mattina all'ingresso e poi all'uscita dalle elezioni. Per il diritto all’istruzione tutto ciò è un vero dramma. Chi pensa che la scuola on line c’è sempre stata non considera le diseguaglianze tra gli studenti per la diversa possibilità di fruizione della tecnologia, alla mancanza di un metodo adeguato e omogeneo per lo svolgimento più efficace della didattica a distanza.
I punti sui quali si è dibattuto in questi mesi per il rientro a scuola degli studenti delle superiori - Il Dpcm del 3 dicembre aveva previsto che dal 7 gennaio l’attività didattica in presenza fosse garantita ad almeno il 75 per cento degli studenti delle superiori. Ma nella Conferenza Unificata del 23 dicembre si è siglata l’intesa sul 50 per cento, per poi aumentare gradualmente. Bonaccini, ha definito l'accordo sul 50 per cento come «punto di partenza positivo». Ma la “partenza” era fissata al 75 per cento. Si cambiano le carte in tavola con disinvoltura forse perché non tutti ricordano il contenuto dei molti Dpcm. Ma chi ha ben chiare le norme rileva le differenze. E ad un certa punto anche la ripresa al 7 gennaio era incerta: il premier Conte parla di “flessibilità”. La coperta per la scuola è sempre troppo corta: i trasporti restano l’ostacolo essenziale. Ancora non si intravedono rimedi efficaci per la prosecuzione in presenza con continuità e sicurezza.
La decisione della Conferenza Unificata - Il 23 dicembre scorso, Governo, Regioni e Comuni hanno siglato l’intesa per la riapertura delle scuole il 7 gennaio (qui il testo), «partendo con il 50 per cento di studenti in presenza per arrivare al 75 per cento» nel mese di gennaio. C'è da dire che il Dpcm di inizio dicembre prevedeva quest’ultima percentuale sin dalla data di riapertura.
La spiegazione si trova in una nota inviata il 22 dicembre scorso dalla ministra dell’Istruzione a quello della Salute, ove si legge che «nell’ambito dei lavori preparatori all’Intesa sul Documento di Linee guida per garantire il corretto svolgimento dell’anno scolastico 2020-2021, eÌ€ emersa l’esigenza di fissare come obbligatorio il raggiungimento del 50 per cento dell’attività didattica in presenza, con l’obiettivo di assicurare il raggiungimento del 75 per cento, in modo graduale».
Siccome «non verrà adottato nell’immediato un nuovo Dpcm in materia, si richiede che tale misura sia prevista tramite apposita ordinanza del Signor Ministro della Salute».
Ingressi scaglionati e lezioni ridotte - Non solo scaglioni di ingresso e uscita con lezioni fino alle 16 e, a turno, il sabato. La scuola superiore del 2021 avrà anche le ore ridotte: non più i canonici sessanta minuti, ma 45-50. A segnalare che ci sono anche le lezioni accorciate nei documenti prefettizi firmati provincia per provincia nei giorni scorsi per permettere la riapertura delle scuole da giovedì 7, è la nota del ministero dell’Interno che fa il punto su come saranno organizzate le scuole da giovedì prossimo. Secondo la ministra Lamorgese tutto è pronto: dal 7 si comincia con la metà degli studenti e dal 15 — ma più probabilmente sarà da lunedì 18 — con il 75% degli studenti in classe. I mezzi pubblici aggiuntivi dovranno già essere tutti operativi — spiega Lamorgese — dal 7 per poter svolgere uno stress test: sono stati stanziati altri 300 milioni per pagare le corse aggiuntive. Per quanto riguarda i turni, con gli ingressi fino alle 10, che scontentato i presidi e anche i professori, sono una soluzione che non è stata adottata in tutte le regioni: Emilia Romagna, Veneto, Molise, Basilicata e Sardegna manterranno gli ingressi per tutti alle 8. Nelle altre regioni per venire incontro alle esigenze di orario, le scuole potranno invece ridurre la durata delle lezioni in modo da non superare le 16 come orario di uscita, recuperando con attività a distanza il tempo perso a scuola.
Famiglie, insegnanti e personale Ata, non siamo pronti al rientro il 7 gennaio - Quasi dall'altro lato della barricata però ci sono le pressioni e le richieste da parte di famiglie, insegnanti e personale Ata, preoccupati e sottoposti ad un forte stress, l per la situazione epidemiologica ancora incerta.
Le famiglie - “Imporre un rientro in classe a ridosso di un periodo di totali restrizioni, che purtroppo non riescono neppure a determinare l’auspicato ridimensionamento dei contagi, con la prospettiva di dover affrontare i 2 peggiori mesi dell inverno, anche in controtendenza con quanto stanno predisponendo in vari altri paesi europei, sembra a tutti noi un totale controsenso, una stupida e delinquenziale scelta, una mancanza di rispetto per i ragazzi e le loro famiglie, nonche’ il modo migliore per fare riesplodere contagi, malattie, sofferenze, morte e disastri. I ragazzi, soprattutto delle superiori stanno lavorando sodo con la DAD e non meritano di tornare ad essere esposti ai contagi, interrompere e modificare nuovamente l’iter delle lezioni, essere sballottati tra irresponsabili aperture e successive inevitabili chiusure! Tutti sappiamo che la scuola” è in presenza”, ma ora siamo in una situazione di totale emergenza, davanti alla quale gli idioti slogan che ci vengono proposti, sono addirittura offensivi e indegni. Auguriamoci davvero che, almeno una volta, possa prevalere un briciolo di buonsenso!“.
Gli insegnanti, "rientro è una follia" - “Il rientro al 7 gennaio è follia pura, è non rispettare un diritto fondamentale e cioè la sicurezza sul luogo di lavoro, è non rispettare un diritto fondamentale della nostra costituzione e cioè il diritto alla salute e alla vita. Le aule con in media 25 persone che soggiornano per molte ore sono luoghi certi di contagio. La dad funziona grazie alla tecnologia, alla volontà di noi docenti di aggiornarci e ai nostri studenti di collaborare con entusiasmo. Uniamoci e chiediamo che vengano rispettati i diritti di tutti”.
Il ministro Azzolina insiste per l'apertura - Lucia Azzolina, tramite la sua pagina Facebook insiste: le scuole non sono luoghi di alto contagio e devono essere aperte, come ha prescritto il Comitato Tecnico Scientifico al termine della riunione del 29 dicembre.
“Il Comitato tecnico-scientifico ha analizzato l’ultimo report sulle scuole realizzato dal Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), massima autorità sanitaria europea“, scrive la Azzolina.
“Quel documento conferma sostanzialmente due cose:
1) la scuola non è stata responsabile della seconda ondata.
2) La sospensione delle attività didattiche in presenza deve essere limitata e temporanea perché l’impatto negativo sulla salute fisica, mentale ed educativa dei ragazzi supera i benefici“.
La Azzolina conclude: “la conclusione del Cts è stata chiara: “Le scuole superiori vanno riaperte anche in considerazione delle ultime valutazioni dell’Unione europea, secondo cui gli istituti scolastici non costituiscono un luogo pericoloso per il contagio.
E sul rientro a scuola il premier Giuseppe Conte auspica “un ritorno in classe dal 7 gennaio delle scuole secondarie di secondo grado con una didattica in presenza di almeno al 50%”, ma – sottolinea Conte – “nel segno della flessibilità”.
Così il premier: “Auspico che il 7 gennaio le scuole secondarie di secondo grado possano ripartire con una didattica integrata mista almeno al 50% in presenza, nel segno della responsabilità, senza mettere a rischio le comunità scolastiche. Se, come mi dicono, i tavoli delle prefetture, hanno lavorato in modo efficace, potremo ripartire quantomeno col 50%. Abbiamo approfittato di dicembre per un ulteriore passo avanti, in una logica di massima flessibilità. Abbiamo coinvolto i prefetti, con tutte le autorità coinvolte, per una sintesi. Abbiamo compreso che il sistema è così integrato che non è possibile decongestionare i flussi attorno alla scuola, anche per il trasporto pubblico locale, se non si integrano i comparti diversi. Le prefetture hanno avuto il compito di coordinare soluzioni flessibili, da valutare paese per paese, scuola per scuola. C’è stata disponibilità a differenziare gli orari di ingresso anche negli uffici pubblici”.