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18/01/2021 09:10:00

In Aula si decide il destino di Conte. Quattro voti per non cadere 

 Oggi Conte si presenta alla Camera e chiede la fiducia, domani sarà al Senato, dove la conta dei voti è incerta.  Zingaretti esclude trattative con Renzi, che si definisce «un patriota».

Oggi alle 12 Giuseppe Conte si presenterà alla Camera, terrà un discorso sulla situazione politica dopo l’uscita dal governo di Italia Viva e poi chiederà il voto di fiducia. Domani farà lo stesso al Senato, dove la situazione è incerta perché il presidente del Consiglio deve rimpiazzare i voti dei 18 senatori renziani, voti fin qui decisivi per avere la maggioranza assoluta fissata a 161: senza Italia Viva infatti il governo ha 151 voti. Servono quindi dieci “responsabili” o “costruttori”, ma non sembra che finora lo scouting sia andato a buon fine. Corteggiatissimo l’Udc, che ha tre senatori e che però nel weekend s’è sfilato: rimarrà nel centrodestra con Forza Italia, ha fatto sapere il partito con una nota in cui si parla di «valori in vendita».

«Quei pochi che hanno parlato con lui nelle ore che precedono il discorso più importante della sua vita, raccontano tutti la stessa cosa: Giuseppe Conte è “in palla”, è “sicuro di farcela”, ma non ha ancora deciso su un dettaglio che potrebbe rivelarsi decisivo: inserire o no, nel suo discorso alla Camera di oggi, un passaggio che faccia a capire a tutti che lui, da ora in poi, è in campo. Che lui è pronto a guidare, un domani, un vero e proprio partito» scrive La Stampa.

Stando ai retroscena, Conte si accontenterebbe di arrivare alla maggioranza relativa al Senato. I voti che il governo è sicuro di avere al Senato sono 155-156: cioè quelli che aveva prima, senza Italia Viva, più un paio di senatori a vita che normalmente non ci sono in aula ma che parteciperebbero al voto, e due o tre senatori che avrebbero già accettato di passare alla maggioranza («tra renziani e berlusconiani» dice Repubblica). Renzi ha anticipato che Italia Viva si asterrà dal voto (secondo i retroscenisti per evitare che qualche senatore si rifiuti di votare contro, spaccando il partito). In questo modo, 155 voti al Senato basterebbero e avanzerebbero al governo per avere la maggioranza relativa. Ma sarebbe un risultato debole, e peraltro diverso da quello che auspicava Sergio Mattarella, che vorrebbe una soluzione più stabile.

«La vigilia l’ha passata in casa, a soppesare e lucidare fino a notte ogni vocabolo del suo ecumenico appello agli italiani e a tutte (o quasi) le anime del Parlamento» scrive Il Corriere della Sera.

Nel weekend Italia Viva ha perso due deputati: Vito De Filippo, che torna nel Pd, e Michela Rostan. Entrambi hanno annunciato che oggi voteranno la fiducia al governo Conte.

Nicola Zingaretti ha aperto la direzione del Pd con un discorso in cui ha escluso trattative per riportare Renzi nella maggioranza: Una cosa è rilanciare, rinnovare, cambiare, mettersi in discussione, altra cosa è distruggere, avere un approccio liquidatorio, aprire una crisi al buio che rappresenta l’opposto della volontà di migliorare l’azione di governo. Se non si rispettano le opinioni degli altri, avendo la presunzione di tenere in considerazione solo le proprie, allora viene meno la fiducia e la possibilità di lavorare insieme».

In questi giorni Renzi rilascia interviste a raffica sui quotidiani ed è spesso in televisione. Ieri è stato ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in più su Rai 3 e ha detto: «Io sto dalla parte dell’Italia, sono un patriota. Ma se mi chiedete se faccio parte della maggioranza dico: non più. La fiducia non gliela votiamo. Abbiamo dato disponibilità a votare il decreto ristori e lo scostamento».

 

Oltre a Liliana Segre, Mario Monti e Elena Cattaneo hanno fatto sapere che martedì saranno sicuramente in Senato per votare. Di Renzo Piano, Carlo Rubbia e Giorgio Napolitano ancora non si sa.

«Che il governo ottenga la fiducia – oggi alla Camera, domattina al Senato – non dovrebbe essere in discussione. Ma che si riesca a proseguire la legislatura, specie se il pallottoliere di palazzo Madama si fermerà sotto la fatidica soglia dei 161 voti necessari a raggiungere la maggioranza assoluta, ebbene su questo nessuno è pronto a scommettere. Perché, se, come sembra, i giallorossi finiranno azzoppati in almeno un ramo del Parlamento, “da mercoledì sarà il Vietnam”, pronostica preoccupato uno dei più esperti senatori pd. “Finora, anche con i renziani, nelle commissioni abbiamo sofferto, figuriamoci senza, e con le opposizioni sul piede di guerra. A ogni passo rischieremo di cadere”. Il calendario d’Aula sta lì a certificarlo: fra scostamento di bilancio e voto sul Recovery le insidie per il governo sono enormi. E l’incidente dietro ogni angolo. Eccolo lo spettro che si aggira in queste ore al Nazareno. Dove si sta facendo largo la convinzione che quella delle prossime 24 ore potrebbe trasformarsi in una vittoria di Pirro. Il Conte due resta sì in sella, ma talmente indebolito ed esposto alle intemperie parlamentari, a non avere più la forza di far nulla" è l'analisi di Repubblica.