Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
10/02/2021 06:00:00

Matteo Messina Denaro e i mafiosi che evocano “iddu”

 Dopo quasi 28 anni di latitanza, lo si “evoca” come un fantasma.

Matteo Messina Denaro esiste ancora nei bisbigli dei mafiosi, che lo nominano il meno possibile, meglio chiamarlo “Iddu”. In dialetto vuol dire “lui”, un po’ come Eva Kant con Diabolik. Ma per i mafiosi, come sottolineano gli inquirenti, è una figura quasi mitologica.

E quando i due uomini d’onore, Giancarlo Buggea di Canicattì e Simone Castello di Villabate, smettono di parlare, si sente per venti secondi il rumore di una penna che scrive su un foglio.

Si tratta dell’inchiesta Xydi, dei Carabinieri del Ros (ne abbiamo parlato ampiamente su Tp24) in cui sono state arrestate 22 persone. E’ una Cosa Nostra che viene decapitata ogni qual volta cerca di riorganizzarsi, non solo a Palermo.

 

Il 2 maggio 2019 Buggea e Castello, il primo uomo d’onore canicattese ed il secondo un ex fedelissimo di Provenzano, si incontrano nello studio dell’avvocato Angela Porcello (anche lei finita in carcere con l’accusa di associazione mafiosa).

E si incontrano, scrivono gli investigatori, per “la realizzazione di una grossa operazione economica transnazionale, che doveva avvenire attraverso un rinnovato accordo tra cosa nostra siciliana e quella statunitense”.

Dopo quei 20 secondi di silenzio, Buggea sussurra: “Messina Denaro… iddu… la mamma del nipote che è di qua… è mia commare…”.

Vista la delicatezza dell’operazione i due, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto la necessità di coinvolgere il boss di Castelvetrano.

 

Il 13 gennaio 2020, sempre nello studio dell’avvocato Porcello, Buggea si incontra con un altro mafioso, Antonino Chiazza.

Questo Chiazza vorrebbe spodestare l’anziano capomafia Galogero Di Caro dal vertice del mandamento. Un progetto delicato e soprattutto pericoloso, che avrebbe portato i due  a convenire che sarebbe stato meglio avere il benestare di Matteo Messina Denaro.

Ma come fare a contattarlo?

Come accedere al suo segretissimo canale di comunicazione?

Ecco cosa si dicono i due, intercettati.

Chiazza: “E quelli di Trapani lo sanno dov’è?

Buggea: “Chi è… io? … parole incomprensibili…

Chiazza: “Loro…

Buggea: “Minchia, non lo sanno? Lo sanno…

Chiazza: “Sua madre…

Buggea: “Sua madre, non ti ricordi che… parole incomprensibili…

Chiazza: “Io gli ho visto fare un gesto… [parole incomprensibili]… noialtri con Matteo glielo dovremmo dire… ci volevano altri due che ci andavano… [parole incomprensibili]

 

Insomma, tra mezze frasi e parole incomprensibili, emergono quelle due parole: “sua madre”.

Non la madre del latitante ma, come si spiega nel provvedimento, la madre di Luca Bellomo, marito della nipote di Messina Denaro, Lorenza Guttadauro.

Il Chiazza ricordava, si legge nelle carte, “in un’occasione di aver notato la donna mentre compiva un gesto che egli aveva interpretato come indicativo della possibilità di attivare un canale di collegamento con il latitante”.

Un gesto. E una possibilità.

 

Ma Chiazza ha mai conosciuto Matteo Messina Denaro?

Glielo chiede Buggea in un altro incontro del febbraio successivo.

Lui risponde così: “No, non ho avuto l’onore e manco il piacere!”.

 

Un gesto. Una possibilità. Un fantasma.

E le domande oggi, continuano ad essere quelle di ieri.

Quanto conta ancora Il boss di Castelvetrano in cosa nostra siciliana? Dove comanda? Di cosa si occupa davvero?

Perché ad Alcamo, già prima del 2007, per dirimere una controversia tra boss, Matteo Messina Denaro, viene ignorato in favore dei Lo Piccolo?

Perché dalla provincia di Trapani si sono rivolti ai Palermitani?

Da una relazione della Dia del 2018, il ruolo di Matteo Messina Denaro sarebbe più formale che sostanziale.

 

Secondo l’ex questore di Palermo Renato Cortese, Messina Denaro non avrebbe più alcun ruolo nell’organizzazione e gli affiliati non renderebbero più conto a lui.

Anche per il generale Giuseppe Governale, direttore della Dia, il boss di Castelvetrano pur restando a capo della cosca trapanese non sarebbe più operativo da tempo.

Inoltre, il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, competente anche per il distretto di Trapani, ha escluso la possibilità che Messina Denaro possa influire sulle dinamiche della mafia palermitana.

 

Che possa influire su quella di Canicattì? Forse.

Non è dato sapere, infatti, se il suo intervento alla fine ci sia stato davvero.

Oggi, dopo quasi ventotto anni di latitanza, Matteo Messina Denaro sembra essere un fantasma. Non solo per gli inquirenti, ma anche per i mafiosi.

Oggi lo si evoca.

Iddu.

 

Egidio Morici