«Draghi neppure ieri ha contattato i leader di partito peravere indicazioni. E questo perché applicherà alla lettera l’articolo 92 della Costituzione: saranno solo lui e il capo dello Stato a scegliere, “in piena autonomia”, iministri. Che poi verranno contattati. Senza fretta :Mattarella non ha fissato termini. E la lista arriverà tradomani e lunedì. Una situazione che lascia sconcertati ipartiti. Emblematico uno scambio di battute a metà pomeriggio in piazza Montecitorio. “A noi Draghi non ha mandato alcun segnale, neppure un sms, non vuolea vere neanche una short list da cui pescare...”, ha allargato le braccia un alto esponente del Pd. “Tranquillo, non ha chiamato neppure Berlusconi. Ma prima di mettere in squadra uno dei nostri dovrà almeno consultarci...”, ha ribattuto un dirigente di Forza Italia. “Forse, ma per dirci che andremo a fare i ministri alle acque lacustri o alla pulizia dei tombini di Roma. In quel caso resto dove sto”, ha chiosato un papavero leghista». Questa la ricostruzione del Messaggero.
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«D’altronde il premier incaricato — che all’atto di accettare il mandato si era espresso con deferenza verso il Parlamento — lo aveva fatto capire alle forze politiche nei giorni delle consultazioni. Riassumendo per titoli il suo progetto, respingendo ogni suggerimento sulla composizione della maggioranza, evitando di parlare della squadra di governo, aveva spiegato ai partiti che stava per iniziare “un’altra epoca”. La novità non sarà legata al dosaggio tra tecnici e politici di cui si comporrà il suo gabinetto. Non si ritroverà neppure nel numero di ministri che ne faranno parte, una ventina. Le differenza sta nella volontà di Draghi di presentarsi con il suo programma solo quando entrerà in Parlamento. Sta nella decisione di scegliersi la squadra senza mediazioni» aggiunge il Corriere.
Ha prevalso il sì nella votazione della base del M5s sulla piattaforma Rousseau per scegliere se dare o meno il sostegno al governo Draghi. Su 119.444 aventi diritto, si sono espressi in 74.537. I sì sono stati il 59,3% (44.177); i no il 40,7% (30.360).
In mattinata, mentre le votazioni su Rousseau erano aperte, Beppe Grillo aveva pubblicato un intervento suls uo blog per presentare i «20 punti programmatici del MoVimento». «Una sfilata di vecchie glorie che il fondatore dei Cinque stelle riporta in auge, dall’acqua pubblica al voto ai sedicenni, dalla riforma della Rai edell’editoria al reddito minimo e universale, fino alla patrimoniale per le grandi ricchezze e alla legge sul conflitto di interessi. Quasi una carezza rivolta ai duri e puri, un refolo di malinconia per le origini grilline con cui convincere l’ultima truppa di indecisi» scrive La Stampa.
Sempre a votazioni in corso Grillo aveva postato sul suoprofilo Twitter un fotomontaggio con Mario Draghi inbilico su un cornicione e il presidente Sergio Mattarellaalla finestra e la scritta: «Aspettando Rousseau».
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Poco dopo le 20, con un video postato su Facebook dalla cucina di casa sua in zona Cassia, a Roma, Alessandro Di Battista ha annunciato l’addio al M5s:«La mia coscienza politica non ce la fa, questa volta non ce la faccio, da diverso tempo non sono in accordo con alcune scelte del Movimento, è più che legittimo. Non posso far altro che farmi da parte. Da ora in poi non parlerò più a nome del Movimento 5 Stelle, anche perché in questo momento il Movimento non parla a nome mio». Nelle chat dei ribelli si parla ormai di “situazioneinsanabile”. E in serata il gruppo anti-Draghi che nei giorni scorsi aveva dato vita a un “vaffa-day” per il premier incaricato, si incontra in video conferenza per parlare della possibilità di far nascere “una nuova formazione politica”, come rivela uno dei partecipanti. All’appuntamento ci sarebbero 6 senatori, tra cui Barbara Lezzi, e una dozzina di deputati, ma sono numeri che si gonfiano e si sgonfiano di ora in ora, tra paura e rabbia.