E-Distribuzione ha stanziato 1,3 miliardi di euro per il miglioramento della qualità della rete elettrica in Sicilia. La società del gruppo Enel, che gestisce la rete elettrica a media e bassa tensione, ha presentato alla Regione il piano di investimenti nel triennio 2021-2023, dedicato per metà allo sviluppo e alla digitalizzazione della rete. Ma alcuni ostacoli potrebbero frapporsi.
«Questo piano di investimenti – spiega l’industriale del marmo di Chiaramonte Gulfi Giovanni Leonardo Damigella – rischia di essere vanificato perché la Regione siciliana non ha mai disciplinato la materia della distribuzione dell’energia elettrica. È l’unica regione d’Italia a non aver legiferato in materia. In Sicilia, l’unica legge di riferimento è il Regio Decreto dell’11 dicembre 1933 (n.1775) che aveva varato il “Testo unico delle disposizioni di legge su le acque e gli impianti elettrici”. In Sicilia abbiamo una rete elettrica insufficiente e inadeguata, ma abbiamo anche una legislazione che pone una serie di ostacoli per la realizzazione delle opere. Ancora oggi, per il passaggio di un cavo o l’attraversamento di una strada si rischia di aspettare anni; in altre regioni ci sono tempi certi e brevi, perché ci sono le leggi che regolano questo settore. Per questo le imprese non possono investire in Sicilia e sono costrette ad andar via. Gli investimenti dell’Enel potranno portare sviluppo e lavoro in Sicilia, perchè le imprese che realizzeranno le opere e le maestranze vi lavoreranno. È un’occasione che non possiamo lasciarci sfuggire. Se gli investimenti dovessero andare perduti o essere dirottati altrove, si perderebbero tanti posti di lavoro».
Damigella, che gestisce la più grande industria del marmo d’Europa, ha avviato la realizzazione a Valderice di un grosso stabilimento per la lavorazione del marmo (perlato siciliano). «Non potremo avviare i lavori – continua Damigella - e non potremo installare gli impianti industriali se l’Enel non avrà adeguato la qualità della rete elettrica. Serve un potenziamento della rete elettrica. Ma se la Regione non legifera, tutto rischia di rimanere al palo. Noi saremmo costretti a realizzare una nostra centrale elettrica, gruppo elettrogeno di 1000 Kw (1 megawatt), alimentato a gas o gasolio. Un’azienda altamente tecnologica, con la attuale rete elettrica siciliana e senza un’adeguata rete wi-fi, rischierebbe di fermarsi o addirittura di danneggiare gli impianti. Ecco perché molte imprese non possono investire in Sicilia: a causa di situazioni come questa, si impedisce lo sviluppo reale dell’isola. Si rischia di tornare al Medioevo».
Damigella affronta anche il tema dei termovalorizzatori. Egli è favorevole alla realizzazione dei nuovi impianti che permetterebbero di risolvere l’atavico problema dei rifiuti in Sicilia. «I termovalorizzatori rappresentano la legalità; le discariche sono l’inquinamento e il malaffare. Nelle regioni del nord Italia i termovalorizzatori ci sono e funzionano bene. Con i rifiuti bruciati a 1200 gradi ed i fumi a 1400 gradi non si produce diossina e non c’è nessun inquinamento. Anche la plastica – e il nostro territorio ne consuma una grande quantità, anche nelle imprese agricole – diventa un combustibile prezioso per i termovalorizzatori, per produrre energia e calore, abbattendo i costi dei consumi. In Austria c’è un termovalorizzatore nel centro di Vienna, a poca distanza dal grande ospedale. Dobbiamo smetterla con il falso ambientalismo. Le discariche sono inquinanti e la loro gestione spesso favorisce il malaffare, come abbiamo visto in questi anni. Nelle discariche arriva di tutto, spesso senza controlli reali e si introducono rifiuti di ogni tipo; nei termovalorizzatori i rifiuti passano da una piattaforma ben visibile e controllata. Spesso accade che le ditte che gestiscono le discariche falliscono o vanno via e si lascia l’inquinamento che il territorio dovrà sopportare per centinaia di anni. Chi è scettico visiti i termovalorizzatori. Essi sono oggi la nuova frontiera dell’ambientalismo più puro e più vero».