Un disco, semplicemente, perfetto.
Il 21 settembre 1981 è una data destinata a rimanere scolpita nella storia della musica italiana: quel giorno infatti Battiato pubblica il suo undicesimo album, La voce del padrone. È il suo lavoro più pop e al tempo stesso più difficile, e infatti all’inizio sono tutti interdetti: che cosa vorrà mai dire «cerco un centro di gravità permanente»? E questa atmosfera così estiva, festosa, questi testi quasi incomprensibili, queste musiche coinvolgenti ma al tempo stesso spiazzanti, che cosa significano?
Non che questo disco sia meno raffinato dei precedenti, anzi, ma ha qualcosa che agli altri mancava: una volontà di comunicazione, di stupire con l’arrangiamento sin dal primo ascolto, e soprattutto c’è il proposito, quasi folle, di arrivare all’immaginario collettivo pur nella complessità estrema di riferimenti, giochi di parole, ermetismo. In ogni caso, Battiato ci riesce: nell’estate del 1982 La voce del padrone è il disco che tutti amano, il più popolare, il più venduto (oltre un milione di copie).
E oggi è ancora venerato, perché è semplicemente impossibile ignorarne la presenza: dall’elegia metafisica di Summer on a solitary beach, passando per le invettive di Bandiera bianca, l’amarcord di Cuccuruccucù, la giocosità di Centro di gravità permanente e la sensualità di Sentimiento nuevo, sono melodie impresse nella memoria di intere generazioni.