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09/06/2021 06:00:00

Chi è Calcedonio Di Giovanni. Affari, alberghi, truffe e abusi all'ombra della mafia

A cinque anni di distanza dalla confisca dei beni decisa dal Tribunale di Trapani per Calcedonio Di Giovanni, imprenditore originario di Monreale, ma conosciuto per diverse attività imprenditoriali e in particolare nel trapanese per essere il proprietario del villaggio Kartibubbo, la Corte d’Appello di Palermo ha emesso un provvedimento di confisca confermando la decisione del Tribunale di Trapani nel 2016.

Il patrimonio confiscato - La confisca ha riguardato il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, per un valore stimato in oltre 100 milioni di euro, consistente in appartamenti, terreni, conti bancari e compendi aziendali tra cui il villaggio Kartibubbo. comprendente 20 società operanti nel settore immobiliare e i relativi compendi aziendali, 547 unità immobiliari, 12 veicoli, 8 rapporti e depositi bancari, terreni e case in provincia di Trapani e Palermo e una serie di società, molte delle quali oggi in liquidazione: la “Titano real estate limited”, la “Compagnia immobiliare del Titano”, Il “Cormorano”, la “Fimmco”, il “Campobello park corporation, “l’Immobiliare La Mantide”, “l’Associazione orchidea club, la “Selinunte country beach”, alcune quote del “Selene residence” di Campobello di Mazara, il “Parco di Cusa vita e vacanze”, la “Dentalhouse”, la “Numidia srl”. Il complesso immobiliare più grande è il villaggio vacanze Kartibubbo a Campobello di Mazara, un centinaio di costruzioni realizzate, secondo le indagini della DIA, con i soldi di Vito Roberto Palazzolo uno dei principali esperti nel riciclaggio internazionale dei soldi della mafia, trasferitosi in Sud Africa. Oggi in carcere in Italia.

Chi è Calcedonio di Giovanni - Per quanto ricostruito dalla DIA, la fortuna imprenditoriale di Di Giovanni sarebbe stata “indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo”. Tra i beni milionari ci sono anche un centinaio di case nel villaggio turistico di Campobello di Mazara Kartibubbo in cui, secondo gli investigatori, sarebbe emerso “il collegamento di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo”.

I collegamenti con Cosa Nostra e l’acquisto di Kartibubbo - Il giovane Di Giovanni, parente di Calcedonio Bruno killer al servizio del capomafia mazarese Mariano Agate, acquistò da Vito Roberto Palazzolo l’enorme complesso edilizio, a destinazione turistica, in fase di realizzazione a Campobello. E’ il Residence Kartibubbo. e secondo gli inquirenti vi erano stati investiti i capitali che arrivavano dal traffico di droga, dal contrabbando di sigarette e altri affari illeciti di Cosa nostra. Era l’inchiesta del Pizza Connection. Nel corso degli anni diversi collaboratori di giustizia hanno riferito che Di Giovanni era legato a Cosa nostra, evidenziando i collegamenti con il commercialista Giuseppe Mandalari. Ed è il pentito Rosario Spatola a parlare di Di Giovanni come massone e uomo al servizio della mafia di Campobello di Mazara. Di Giovanni non ha mai subito una condanna per mafia sfiorato soltanto dal sospetto. Ha collezionato un bel po’ di condanne nel corso degli anni. Dagli assegni a vuoto, al furto di energia elettrica, alla truffa, a reati ambientali.

Assegni a vuoto - Negli anni ottanta Di Giovanni viene più volte condannato per emissione di assegni senza copertura, reato oggi depenalizzato. Sono quattro le condanne che tra il 1982 e il 1984 vengono inflitte dalle preture di Monreale (il 25 giugno e il 16 settembre 1982), Bologna (30 settembre 1982) e Palermo (7 gennaio 1984) a Calcedonio Di Giovanni al pagamento, in sostanza, di una sanzione.


Violazioni urbanistiche - Nel corso della sua lunghissima carriera Di Giovanni è stato più volte processato per reati urbanistici.
Il 19 giugno 1979 il Tribunale di Marsala lo condannava a due mesi di reclusione e il pagamento di 1 milione di lire di ammenda per per “lottizzazione di aree senza preventiva autorizzazione”. E’ la prima vicenda giudiziaria che colpisce il Villaggio Kartibubbo, a Campobello di Mazara. I fatti si riferiscono a quanto era stato fatto dalla “Campobello S.p.a.” di cui DI Giovanni fu legale rappresentante dal ‘74 a tutto il ‘ 77, che ebbe a compiere in contrada Torretta Granitola, una lottizzazione a scopo edilizio di vaste dimensioni, attraverso la realizzazione del Kartibubbo village.

Abusivismo edilizio - L’abusivismo edilizio è una costante nella fedina penale di Di Giovanni. Negli anni novanta le procure di mezza Sicilia si concentrano su di lui. Nell’agosto del 1993, è stato segnalato all’Autorità Giudiziaria per aver avviato all’interno del villaggio Kartibubbo un cantiere edile senza essere in possesso della relativa licenza edilizia. Il cantiere era stato sottoposto a sequestro preventivo dagli agenti della Polizia Municipale del comune di Campobello di Mazara, poi però interveniva la prescrizione a salvare Di Giovanni. Nell’aprile del 1996, scatta un’altra denuncia perché nella sua qualità di custode giudiziale del cantiere di Kartibubbo, aveva violato i sigilli proseguendo nella realizzazione delle opere abusive, incurante delle disposizioni dell’Autorità Giudiziaria. Per questo è stato condannato a 4 mesi di carcere e 600.000 lire di ammenda, poi sostituiti con la libertà controllata per otto mesi. Sempre per abusivismo edilizio la Corte d’Appello di Palermo nel novembre 2000 (con sentenza diventata definitiva ad aprile 2001) condanna Di Giovanni a due mesi e 20 giorni.

La turista morta a Kartibubbo, il furto di energia e gli altri guai - Nell’agosto del 1995 una turista ospite nella struttura è morta folgorata mentre si faceva la doccia e un altro uomo restava ferito. Nel corso delle indagini veniva riscontrata l’inefficienza degli impianti elettrici installati all’interno del complesso turistico e l’inadeguatezza agli standard di sicurezza previsti dalla normativa allora vigente. E' stato scoperto, inoltre, che Di Giovanni per rifornire il villaggio turistico rubava energia elettrica all’Enel allacciandosi abusivamente alla rete. Per queste vicende ha patteggiato una condanna nel 1996, e sempre per furto di energia elettrica, nel 1997, è stato condannato a Marsala. Sempre dal Tribunale di Marsala, nel gennaio 2012, Di Giovanni viene condannato per “non aver provveduto alla bonifica di un area contenente rifiuti disposta dal Comandante della Polizia Municipale di Campobello di Mazara”.

Di Giovanni e gli affari a Petrosino – Il business di Calcedonio Di Giovanni tocca anche il Comune di Petrosino. Negli anni 70 l’imprenditore voleva costruire un mega complesso turistico a Torrazza e 40 anni dopo vende i terreni alla Roof Garden di Michele Licata. E un’altra Kartibubbo, molto più invasiva, Di Giovanni, proprio in quegli anni, la voleva creare a Petrosino, nella zona protetta di Torrazza. Il progetto era quello di Torrazza Harbour, un mega complesso turistico-nautico, progettato da una delle società a lui riconducibile, La Mantide. Un progetto enorme in un’area di 170 mila metri quadrati. Prevedeva un bacino portuale di 50 mila metri quadrati. 30 mila metri quadrati di fabbricati. 500 posti barca, 8 piscine, shopping center, ristoranti, bar, campi da tennis e una spiaggia privata. Un roba devastante. Viene anche rilasciata la concessione edilizia dal Comune di Marsala nel settembre 1973 (Petrosino risultava ancora essere una borgata tra Marsala e Mazara e non un Comune). Poi non se ne fece più nulla. La gente si era mobilitata per fermare lo scempio. 40 anni dopo la storia si è ripetuta. Con Torrazza che è finita al centro di un caso di speculazione e abusivismo edilizio, culminato con un’inchiesta della magistratura e il sequestro di un’area di 18 ettari.
 

Le truffe con la 488 - Gli affari di Calcedonio Di Giovanni nel settore ricettivo turistico, sono legati a frodi con fondi pubblici e con la 488. Di Giovanni ha patteggiato una condanna. Nel 2007, assieme al figlio Alessio, viene messo agli arresti domiciliari, nell’ambito dell’Operazione Re Mida, su un vorticoso giro volto all’ottenimento di fondi pubblici per la costruzione di alberghi e strutture ricettive. Secondo gli inquirenti sarebbe stata messa in atto una maxi truffa da 30 milioni di euro ai danni dello Stato volta all’ottenimento di contributi pubblici per la costruzione sulla carta, o soltanto in parte, di strutture ricettive a Triscina.
Il nome di Di Giovanni viene fuori anche nella vicenda della truffa con la 488 che ha visto coinvolti i petrosileni Antonino Bonomo e i figli Francesco e Giovanni, che sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire allo Stato circa 1,3 milioni di euro indebitamente ottenuti con la 488. E’ la storia dei fondi ottenuti per costruire una struttura ricettiva a Castellammare, ma poi “girati” per costruire un complesso turistico proprio a Kartibubbo. Ma esisteva già tutto, e la struttura era anche abusiva. Cosa c’entra Di Giovanni in questa storia? Una delle sue vecchie società, poi messa in liquidazione, “Il Cormorano srl”, e intestata alla moglie, era entrata nell’affare per la compravendita, secondo l’inchiesta, fittizia, di un immobile per giustificare il finanziamento pubblico.