Cosa ha fatto Libera dei 5500 alberi di ulivo in un fondo confiscato alla mafia, nel territorio di Partanna?
Se l’è chiesto l’avvocato Valentina Blunda, qualche giorno fa dal proprio profilo facebook, riferendosi alle piante che erano nel terreno confiscato al mafioso Sansone.
Alberi che, da tempo, la cooperativa Rita Atria della rete di Libera avrebbe estirpato.
“Scusate - aveva scritto l’avvocato Blunda - ma le piante di Ulivo si possono estirpare solo per ragioni particolari e previa autorizzazione! A occhio e croce mi pare una vergogna!”.
Un commento che ha dato la stura ad una polemica molto partecipata, anche se basato sulla condivisione di un altro post: quello di Paolo La Rocca, che riporta due foto aeree di Google (una del 2011 piena di alberi e l’altra del 2019, senza un filo di verde) commentando così: “Contrada Seggio Staglio. 20 ettari di uliveto secolare confiscati al mafioso Sansone, assegnati al Comune di Partanna e concessi alla cooperativa "sociale" Rita Atria facente parte della rete Libera promossa dal prete imprenditore don Ciotti sono RIDOTTI a LANDA DESERTA. Oggi che l'omertà è un lontano ricordo c'è qualcuno che può dare spiegazioni?”
Le spiegazioni non sono tardate.
Salvatore Inguì, referente provinciale di Libera, dalla sua pagina social ha risposto così:
“Gentile Signora Blunda, la cooperativa ‘Rita Atria-Libera Terra’ ha avuto in gestione i terreni di c/da Staglio nel 2015. Negli anni precedenti diversi incendi di natura dolosa hanno devastato gli uliveti e ne hanno rubato i tronchi ed i rami per venderla come legna. Quando la cooperativa è intervenuta pertanto ha cercato di salvare il salvabile, cioè un ettaro e mezzo di uliveto ancora in produzione. La maggior parte degli alberi era già stata estirpata da mani anonime e criminali. quelle poche piante rimaste erano oramai irrimediabilmente morte. La cooperativa ha fatto regolare richiesta e dopo essere stata autorizzata ha provveduto alla estirpazione e sta provvedendo, non senza difficoltà, a sostituirle con nuove piante che andranno in produzione tra anni. Con grave perdita economica proprio per i soci della cooperativa. La invito a provare, dunque, vergogna per altro.”
Ma la polemica non si è placata. E all’avvocato Domenico Grassa del coordinamento provinciale di Libera, che considerava gravissima l’accusa di aver reso quei terreni una landa desolata, lo stesso Paolo La Rocca ha replicato con una foto aerea di Google dell’aprile 2015 commentando “Non mi sembra che mancassero il 90% degli ulivi dopo l'incendio di tre anni prima”.
“Non è affatto un’accusa – ha aggiunto La Rocca - ma una constatazione basata su dati di fatto documentati. Gli ulivi sono scomparsi e non inghiottiti dall’incendio se non in minimissima parte. E sono stati estirpati dopo l'insediamento della cooperativa sui terreni…”.
Abbiamo sentito il sindaco di Partanna, Nicola Catania.
“Più che un’autorizzazione – ha dichiarato a Tp24 - il nostro dirigente ha fornito un nulla osta ad una richiesta corredata da una relazione agronomica, vincolandolo all’autorizzazione della Camera di Commercio e dell’ispettorato provinciale che, prima di fornirla, avrà fatto i propri sopralluoghi.”
E sull’idea che si sarebbe fatto della vicenda, ci ha risposto così:
“Ho chiesto agli uffici del comune di acquisire i diversi atti autorizzativi, in modo da farmi un’idea più compiuta. Inoltre a breve farò un sopralluogo”.
Insomma, la vicenda non sembra affatto conclusa.
Egidio Morici