Era stato arrestato lo scorso dicembre, nel corso dell’operazione antimafia della Polizia di Stato denominata “Ruina”, il quarantunenne trapanese sottoposto ad un nuovo provvedimento restrittivo dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Trapani, lunedì pomeriggio.
L’indagato, Giuseppe Fanara, il 14 dicembre 2020, era finito in carcere dopo essere stato sottoposto a fermo emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, con le accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso e danneggiamento seguito da incendio, commesso al fine di agevolare Cosa Nostra.
Il 31 dicembre 2020 il Gip di Palermo aveva confermato la misura custodiale in carcere, poi però emendata dalla successiva pronuncia del Tribunale del Riesame, che aveva sostituito il provvedimento iniziale con il divieto di dimora nella provincia di Trapani.
L’iter processuale era poi proseguito con un rinvio della Cassazione, che aveva sollecitato una nuova rivalutazione da parte del Riesame, a seguito del ricorso proposto dall’indagato contro l’originaria misura cautelare custodiale disposta alla fine di dicembre 2020.
Lunedì l’epilogo della vicenda quando, sulla base dell’avvenuta rivalutazione in senso afflittivo da parte del Collegio, la Direzione Distrettuale Antimafia ha messo in esecuzione il nuovo provvedimento che ha disposto la carcerazione.
Come si ricorderà, l’operazione Ruina, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e condotta dalle Squadra Mobili di Trapani e Palermo, aveva portato all’esecuzione di 13 fermi di indiziato di delitto, nei confronti di altrettanti indagati, di cui alcuni vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro, accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso o comunque per essere stati finalizzati a favorire Cosa Nostra.