Un carabiniere di Salemi, Daniele Spagnolo, è stato condannato per le violenze commesse a Piacenza, in quella che è stata definita la "caserma degli orrori".
Con Spagnolo, che ha avuto la pena minore, tre anni e quattro mesi, sono stati condannati tutti gli altri carabinieri. 12 anni sono stati inflitti all'appuntato Giuseppe Montella.
Il gup ha però diminuito le richieste dei pm nei confronti dei carabinieri accusati di torture e traffici di droga. Indagini ancora aperte su eventuali omissioni della catena di comando.
Condannati poi (sempre a pene inferiori alle richieste dell’accusa) l’appuntato scelto Salvatore Cappellano a 8 anni (la richiesta era di 14 anni, 5 mesi e 10 giorni), 6 anni per il collega Giacomo Falanga (13 anni la richiesta di pena), 4 anni per Marco Orlando (5 anni la richiesta) all’epoca comandante della stazione di via Caccialupo. Per Daniele Spagnolo, come dicevamo, la pena più bassa a 3 anni e 4 mesi (richiesta della procura 7 anni e 8 mesi).Un sesto carabiniere ha scelto di proseguire il processo con il rito immediato, mentre un’altra decina di persone, spacciatori e complici dei carabinieri, hanno patteggiato.
Dopo l'arresto, a Spagnolo sono stati concessi, dal Tribunale del Riesame di Bologna, gli arresti domiciliari nell’abitazione dei genitori a Salemi. Il suo legale ha sempre sottolineato il ruolo marginale nella vicenda.
LA STORIA. «Minchia, adesso ti devo raccontare quello che ho combinato, ho fatto un’associazione a delinquere, ragazzi». Iniziano così le intercettazioni choc della Procura di Piacenza che mostrano come dieci carabinieri avessero creato un vero e proprio sistema basato principalmente sul traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti.
Tra i reati contestati ci sono anche l’arresto illegale, la tortura, le lesioni personali aggravate e l’estorsione. Il loro obiettivo era, secondo la Procura, fermare quanti più pusher possibili così da sequestrare lo stupefacente da rimettere poi sul mercato. Una parte della droga veniva offerta come ricompensa al loro referente (a chi aveva dato la “soffiata”), una parte veniva commercializzata e la restante denunciata all’autorità giudiziaria a cui, però, sarebbero state raccontate «menzogne».
«Sono entrato armato, l’ho fracassato. Uno si è pisciato addosso nel vero senso» racconta il carabiniere nel corso di un’estorsione «finalizzata all’ottenimento di un’auto». «Gli ho sfasciato un Mac» aggiunge. Una scena che chi era presente definisce con queste parole: «Hai presente Gomorra? Le scene di Gomorra! Dovevi vedere gli schiaffoni che gli ha dato».
E a Pasqua mentre gli italiani sono chiusi a casa, per il lockdown, uno dei carabinieri organizza una grigliata in giardino, una festa «con bambini e anziani senza mascherine». Una vicina di casa, però, se ne accorge e segnala l’assembramento al 112 (chiedendo esplicitamente di restare anonima) che manda subito una volante. Arrivati in loco, la volante si accorge che si tratta di un loro collega.
E il dialogo tra i due ha dell’incredibile: «Non l’ho scritto da nessuna parte», (che sono venuto qui, ndr), «Io però voglio sentire la voce per capire se è la mia vicina, giusto lo sfizio che mi volevo togliere, riesci a girarmi il numero?», «Te lo faccio sentire abusivamente non ti preoccupare» gli risponde il militare dell’Arma in servizio presso la centrale operativa. Un fatto gravissimo.
Sempre durante il lockdown, i carabinieri hanno persino facilitato gli spostamenti degli spacciatori «prodigandosi alla fornitura di false attestazioni» così da consentire loro di recarsi fuori dalla Lombardia per rifornirsi dello stupefacente. «Faccio fatica a definire questi soggetti “carabinieri” perché i comportamenti sono criminali. Non c’è nulla di lecito nei comportamenti» ha detto la procuratrice capo di Piacenza, Grazia Pradella.
A capo di questa presunta organizzazione – almeno nella gestione dello stupefacente – c’era un semplice appuntato che, però, dal punto di vista economico, tanto semplice non era. Una villa con piscina, una moto, un’auto e la bellezza di 24 conti correnti.