Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
26/07/2021 13:31:00

Rita Atria, la ragazza che si ribellò alla mafia del Belice

 Oggi è l'anniversario del suicidio di Rita Atria, la giovane donna di Partanna, appartenente ad una famiglia mafiosa, che decise di raccontare quello che sapeva della mafia della valle del Belice e della guerra di mafia che insanguinava Partanna, al giudice Paolo Borsellino.

E nel 1992, poco dopo la strage di Via D'Amelio, Rita Atria si suicidò, colpita dalla terribile morte del giudice che per lei era un padre.

Aveva 18 anni. 

***

Rita Atria nasce a Partanna, provincia di Trapani, nel 1974, da Vito e Giovanna Cannova, lui pastore e proprietario di sette ettari coltivati a vite e ulivo, apparteneva a una cosca mafiosa del trapanese. Anche il figlio Nicola, di dieci anni più grande di Rita, apparteneva alla stessa cosca.

Nel 1985 Vito viene ucciso. Nicola medita vendetta e cerca di rintracciare il killer del padre. Ma nel 1991 anche lui viene ucciso, all’età di ventisette anni. A questo punto, Piera Aiello (Partanna 1967), vedova di Nicola, che era presente all’assassinio del marito, denuncia i due killer e collabora con la polizia, trasgredendo la legge dell’omertà. E, sotto protezione, viene trasferita a Roma.

Rita decide e segue l’esempio della cognata. Così, si reca in segreto a Marsala e presentatasi al Procuratore Paolo Borsellino gli rivela tutti i segreti della cosca cui appartenevano il padre e il fratello. Da qui inizia una fitta collaborazione col Procuratore Borsellino, al quale Rita si affeziona. Le sue dichiarazioni porteranno all’arresto di decine di mafiosi e alla loro condanna. La ragazza riceve minacce e finanche la madre si schiera contro di lei. Anche Rita, allora, viene trasferita a Roma sotto protezione e con nuovi documenti.

Rita scrive un diario con considerazioni molto sensibili, carico di condanna per la cultura mafiosa, con vivo senso di giustizia e con la speranza che le nuove generazioni possano liberarsi dal cancro mafioso:

Prima di combattere la mafia devi farti un esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combatterla nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.

Ma il 26 luglio 1992, dopo l’assassinio del giudice Giovanni Falcone e del “suo” giudice Paolo Borsellino, Rita perde ogni speranza, il suo sogno di riscatto si spezza: “Quelle bombe in un secondo spazzarono via il mio sogno, perché uccisero coloro che, col loro esempio di coraggio, rappresentavano la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto. Ora tutto è finito”.

Rita si suicida gettandosi dal quinto piano del palazzo dove l’aveva nascosta la polizia, nella Via Amelia di Roma.