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01/10/2021 13:00:00

Erice, "gli Elimi impararono a scrivere dai greci"

 «Gli Elimi impararono a scrivere dai Greci, e quindi presero l’alfabeto greco e lo utilizzarono per scrivere nella loro lingua. Questo denota lo sviluppo culturale non da poco che denota come questo popolo era strutturato molto bene dal punto di vista storico e sociale». Lo ha detto Valentina Mignosa, ricercatrice siciliana presso l’Università di Oxford, intervento al Convegno internazionale “Elymos 2.0” che si chiuderà oggi al Centro “Ettore Majorana” di Erice. La Mignosa sta partecipando ai lavori di Erice insieme a Jonathan Prag, docente di Storia antica presso lo stesso Ateneo inglese. «Lo studio delle epigrafi ci aiuta a far luce sui rapporti che i popoli indigeni ebbero tra di loro e con i Greci», dice ancora la Mignosi. «Dallo studio degli archeologi sugli Elimi, che hanno abitato la parte occidentale della Sicilia, è emerso un numero molto notevole di frammenti su vasetti che a volte non solo leggibili ma che alle volte sono molto interessanti e che ci ha permesso di capire qualcosa in più della scrittura di queste popolazioni», ha concluso la Mignosa. Il gruppo di lavoro in questi giorni, continuando il lavoro già avviato in Sicilia, avvierà un’analisi petrografica proprio in Sicilia, nell’ambito del progetto “Crossreads”, studiando frammenti di pietre: «Inizieremo da Siracusa e continueremo le analisi in Sicilia per 4 anni», ha detto il professor Prag. A Erice il docente ha anche presentato “I.Sicily”, avviato nel 2017 e che rappresenta una ricca e aggiornata banca dati epigrafica in Sicilia consultabile online sia da appassionati che studiosi.

«ELIMI, POPOLO ZOCCOLO DURO DELLA CIVILTÀ SICILIANA» - «Gli Elimi rappresentano la prima storia della Sicilia – ha detto Rossella Giglio, direttore del Parco di Segesta – qui a Erice abbiamo fatto il vero punto della situazione della ricerca su questo popolo. Di loro abbiamo notizie soltanto dagli scavi archeologici». Gli Elimi arrivano in Sicilia dal XII secolo a.C. in poi e, con molta probabilità, provenienti dall’Italia meridionale. Il Convegno di studi internazionale sulla Sicilia e sull’area elima è stato il primo organizzato in presenza dal Parco di Segesta dopo lo scoppio della pandemia Covid-19. Le giornate di studi erano in programma lo scorso anno poi rinviate a ora per via delle restrizioni anti Covid-19.

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MOSAICI NELLA CASA DEL NAVARCA DI SEGESTA E DEI GRIFI SUL PALATINO A ROMA - Il pavimento a mosaico a rombi scoperto nella Casa del Navarca a Segesta durante gli scavi che si sono conclusi a luglio è uguale a quello che si trova nella Casa dei Grifi sul Palatino a Roma. La scoperta è stata illustrata dal Direttore del Parco di Segesta Rossella Giglio che è intervenuta al Convegno internazionale di studi sulla Sicilia e gli Elimi in corso al Centro “Ettore Majorana” di Erice. La Giglio ha illustrato come i resti del mosaico della Casa del Navarca, nell’Acropoli sud di Segesta, mostrano una similitudine veritiera col mosaico che è presente al centro della Casa dei Grifi sul Palatino a Roma, sotto l’ala settentrionale del palazzo di Domiziano, che la seppellì. Il mosaico a Segesta (così come nella Casa dei Grifi sul Palatino) si trova al centro del vano centrale della Casa, quello che doveva rivestire una certa importanza. Un ampio riquadro realizzato con “sectilia” marmorei romboidali a tre colori (bianco, celeste e verde scuro) raffiguranti il motivo della sequenza concatenata di cubi illusori. Stessa decorazione, stesse tessere musive che compongono un pavimento eccezionale qual è sia quello di Segesta sia quello presso la Casa dei Grifi a Roma.

Nella Casa del Navarca a Segesta gli scavi si sono conclusi a luglio ma i risultati non erano stati ancora illustrati prima. La Casa è un edificio abitativo di grande pregio appartenuto al navarca Eraclio, amico di Cicerone. La figura di Eraclio testimonia che tra il II e il I secolo a.C. vissero nella zona personaggi di spicco, ambiziosi al punto da costruire dimore decorate con grande sfarzo e ricercatezza. «Quello che faremo nei prossimi mesi è lo studio dei marmi pregiati trovati e della loro provenienza – spiega Rossella Giglio – e completeremo lo studio dei materiali ceramici e la ricostruzione virtuale della Casa».

Gli scavi archeologici a Segesta evidenziano, dunque, il ruolo che ebbe la città nella storia antica. «Grazie allo studio dei Decreti di Entella possiamo ipotizzare che per Segesta ci fu la chiara volontà, in parallelo coi rapporti politico-diplomatici con i Romani, di farla vedere come una nuova città di Ilio, quella che era stata la Troia del mito; cioè di farne una grande città avanzata dal punto di vista urbanistico, disposta su grandi terrazze, così come in quel periodo si immaginava Troia», ha detto Carmine Ampolo, docente emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa.