Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
05/11/2021 07:11:00

Mafia, arriva la sentenza di appello per i fiancheggiatori di Messina Denaro

 E’ arrivata la sentenza di secondo grado per i 14 imputati del processo “Annozero” che hanno scelto il rito abbreviato. Ad emetterla è stata la prima sezione della Corte d’appello di Palermo, che ha sostanzialmente confermato la sentenza emessa, l’11 novembre 2019, dal gup Cristina Lo Bue nel processo ai 14 imputati del processo di mafia “Anno Zero” (blitz del 19 aprile 2018 contro le cosche del Belice) che hanno scelto il rito abbreviato. Nell’indagine, condotta dai carabinieri e dalla Dia di Trapani, sono rimasti coinvolti presunti mafiosi, tra i quali anche due cognati del boss latitante Matteo Messina Denaro, e “fiancheggiatori” di Cosa Nostra.

Due anni fa, il gup Lo Bue inflisse complessivamente 143 anni di carcere. La pena più severa (19 anni e 4 mesi di carcere) fu per Vincenzo La Cascia, di 73 anni, di Campobello di Mazara (Tp), al quale, adesso, in secondo grado, la pena è stata ridotta a 12 anni e 8 mesi.

A La Cascia, ex campiere della famiglia Messina Denaro, una settimana fa la Guardia di finanza ha sequestrato beni per 300 mila euro.

Ridotta (da 18 anni a 14 anni 10 mesi) anche la pena per Raffaele Urso, 62 anni, anche lui di Campobello di Mazara. Entrambi sono considerati due boss di primo livello negli organigrammi di Cosa Nostra belicina.

Queste le altre pene inflitte dalla Corte d’appello: 13 anni e 4 mesi a Nicola Accardo, 56 anni, ritenuto il capomafia di Partanna, 11 anni e mezzo al 57enne campobellese Filippo Dell’Aquila, 11 anni e 4 mesi al 51enne partannese Antonino Triolo, 7 anni e 2 mesi al castelvetranese Giuseppe Paolo Bongiorno, di 33 anni, che in primo grado era stato condannato a 11 anni, 11 anni e 2 mesi a Giuseppe Tilotta, di 59, 10 anni e 8 mesi a Calogero Guarino, 52 anni, 6 anni e 10 mesi al 43enne Leonardo Milazzo, anche loro di Castelvetrano, 10 anni in continuazione con una precedente condanna al campobellese Andrea Valenti, di 69 anni, 8 anni confermati al mazarese Angelo Greco, di 52 anni, come pure confermati i 3 anni e 4 mesi al 49enne campobellese Mario Tripoli, già in primo grado assolto però dall’accusa di associazione mafiosa, un anno e 10 mesi al 36enne castelvetranese Bartolomeo Tilotta, accusato di favoreggiamento, 6 mesi a al 42enne Giuseppe Rizzuto, anch’egli di Castelvetrano, accusato di favoreggiamento a Cosa Nostra, che in primo grado era stato l’unico imputato ad essere assolto. Il gup Lo Bue, inoltre, per i condannati, ad eccezione di Mario Tripoli e Bartolomeo Tilotta, dispose anche il versamento, in solido, di 18 mila euro, come risarcimento danni, alla parte civile Pasquale Calamia, ex consigliere comunale del Pd a Castelvetrano, che tra il 2008 e il 2013 subì alcune intimidazioni. Ad assisterlo è l’avvocato Marco Campagna. Risarcimenti furono disposti anche per le altri parti civili: i Comuni di Castelvetrano e Campobello di Mazara, Sicindustria, Antiracket Trapani (avv. Giuseppe Novara), Centro “Pio la Torre”, “La verità vive” di Marsala (avv. Peppe Gandolfo), Codici Sicilia (avv. Giovanni Crimi) e Antiracket Alcamese.