Come è accaduto che il movimento dell’antimafia italiana perdesse la direzione? Che un prezioso pilastro della società civile a sostegno dello Stato nello scontro con le organizzazioni criminali si confondesse tra personalismi e stanche commemorazioni? Mentre Cosa nostra – grazie al silenzio di uomini politici, giornalisti, imprenditori, magistrati, associazioni – si mascherava persino da antimafia. “L’ANTIMAFIA TRADITA. Riti e maschere di una rivoluzione mancata” (Zolfo Editore, www.zolfoeditore.it), il nuovo libro di Franco La Torre, racconta tutto ciò dal 4 novembre, quando sarà disponibile in libreria e negli store digitali.
Un lavoro ponderato e sofferto, eppure ricco di proposte per il futuro, scritto da chi a quel movimento si è sempre dato con convinzione, competenza e dedizione. Perché in ogni pagina l’autore interviene come figlio di una vittima e come conoscitore esperto della materia. E, a partire dal richiamo agli ideali e al coraggio della prima antimafia, quella del padre Pio La Torre, del generale dalla Chiesa, di Falcone, Borsellino e molti altri servitori dello Stato, emerge la storia di un declino dello spirito e dell’azione originari avvenuto lungo alcuni decenni.
Dai primi passi dell’antimafia storica al momento chiave in cui le cosche smettono di sparare per inabissarsi, e il movimento stenta a riconoscere l’antico “nemico” nelle sue nuove forme; dall’analisi di una crisi, propiziata da parte della politica in disarmo o connivente, nascosta dietro la magistratura abbandonata in prima linea, al passaggio nefasto in cui il movimento dell’antimafia sociale si trasforma in istituzione; fino alla dolorosa rottura del rapporto tra Franco La Torre e Libera di don Ciotti, ai casi controversi di alcune associazioni, alla descrizione di un’antimafia di facciata da cui sono scaturite vere escrescenze tumorali, segnate dalla corruzione.
Si tratta di un libro importante, rivelatore di una dinamica pericolosa di cui Cosa nostra può approfittare, se l’antimafia – come giudica l’autore – diventa “liturgia che celebra il passato ma non guarda verso il futuro”. Se abbandona un’offensiva che, per avere successo, deve essere “battaglia di popolo – compresa la classe dirigente – e non di un’avanguardia di pochi eletti”.
Il volume è inoltre corredato da un’Appendice in cui viene riportata la relazione di minoranza della “Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia” firmata da Pio La Torre, Cesare Terranova e altri deputati e senatori. Un documento fondamentale che aiuta il lettore a cogliere i percorsi di cambiamento di mafia e antimafia nel nostro Paese.
Figlio di Pio La Torre, è nato a Palermo e vive a Roma. Appassionato di storia ed esperto di cooperazione internazionale, ha lavorato a lungo in Medio Oriente, Mediterraneo e Africa. Da venticinque anni si occupa di progetti europei per lo sviluppo urbano sostenibile. È stato membro dell’Ufficio di Presidenza e della Segreteria nazionale di Libera e responsabile di Libera Europa. Ha pubblicato Grazie a Dio è venerdì, 20 anni di sguardi su Gerusalemme e dintorni (Iacobelli editore, 2011), Sulle ginocchia. Pio La Torre, una storia (Melampo Editore, 2015) e con suo fratello Filippo Ecco chi sei. Pio La Torre, nostro padre (Edizioni San Paolo, 2017).