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20/11/2021 06:00:00

Se lo Stato emette una moneta da due euro con la famosa immagine di Falcone e Borsellino ... 

 Detesto le commemorazioni.

C’è un anno che ha segnato molte generazioni, per vari motivi, ed è il 1992. Leggo che nel 2022 a distanza di trent’anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio, la Zecca dello Stato emetterà una moneta da due euro, con una incisione tratta dalla fotografia di Tony Gentile: Falcone e Borsellino.

Per motivi intimi personali, ho da sempre un problema irrisolto con quella fotografia, pensavo di averli in parte sciolti quando anni addietro curai un volume con Tony (libro ormai introvabile) un lavoro catartico che mi ripropose le angosce e i drammi di quegli anni. In uno dei tanti traslochi, quella fotografia l’ho volutamente dimenticata in una casa, era insopportabile la vista. Icona, mito, eroi, i tanti appellativi ai giudici uccisi, retorica grondante e poca memoria attorno. Tony credo che ancor più di me, viva con fatica un dibattito surreale con appropriazione indebita della stessa fotografia spesso per dubbi usi e motivazioni.

L’altra notte - spesso ad una certa ora mi sveglio ed è giorno -  letta la notizia del prossimo conio sono rimasto fortemente turbato da questa ennesima postuma consacrazione. Ho la maledizione di una buona memoria e spesso questa ti fa vivere in un mondo distopico: tu ricordi, altri vanno oltre e va tutto bene. Processi farsa per la strage di Via D’Amelio, la Fondazione Falcone Morvillo che perde l’ultimo cognome, antimafia di cui non ho mai compreso fino in fondo il senso del sostantivo ma con carriere fulgide al seguito e ormai in età di pensionamento.

Detesto le commemorazioni.

Negli occhi ancora Via D’Amelio e Fabio Fazio in diretta tv per i venticinque anni, grande dispiego di mezzi e spot di mamma RAI, e in un fiat siamo prossimi alla cifra tonda: trenta. Angela Buttiglione entrò nelle case con una edizione straordinaria di un sabato di maggio e Salvatore Cusimano con non so quale forza fermò un tempo, e ci rese partecipi di una guerra che era iniziata e mai dichiarata. Tutti ricordiamo dove eravamo, che vestiti indossavamo, cosa stessimo facendo (questo sforzo di memoria lo avremmo ripetuto cinquantasette giorni dopo) e lo Stato corse ad eleggere il Presidente della Repubblica dopo uno stallo indecente tra partiti e questa prima strage costrinse una politica allo sbando (tangentopoli era iniziata) ad un sussulto di dignità. E Scalfaro non passò per le camere riunite per il giuramento di rito, venne a Capaci e segnò con la sua presenza uno Stato malfermo, purtroppo.

Le fotografie, non cambiano il corso delle cose: loro raccontano spingono a fermarci e a ragionare, sono pagine di letteratura intense e spesso per saperle “leggere” c’è la necessità di andare a fondo e non fermarsi sul pelo dell’acqua.

Le fotografie, hanno bisogno di didascalie e ne trovai una straordinaria anni addietro in un libro

“È stata la mafia a ucciderci, certo. Ma non è stata solo la mafia volere la nostra morte. Forse lo sai dove abbiamo sbagliato? A fare quella foto. Quella che ci vede insieme, vicini e complici, sorridere, parlare dei fatti nostri. (…) Quella foto è sbagliata. Avremo dovuto farne un’altra, invece. Dove alziamo lo sguardo. E siamo noi a guardare negli occhi chi ci osserva.
Non so in quanti l’avrebbero appesa una foto così. Non è una foto da eroi morti da venerare. È una foto di persone vive che si interrogano.
Non è una foto che ha come didascalia la parola “Antimafia”.
Ha come didascalia la parola “ Responsabilità“.
(Giacomo di Girolamo, Dormono sulla Collina, Il Saggiatore 2014)

 

Continuo a pensare che quel momento storico decretò la sconfitta dello Stato sullo Stato, e il 20 luglio 1992 ci svegliammo storditi e pochi giorni dopo con l’esercito nelle strade. A trent’anni a breve, per questa iniziativa di nuovo conio ci troveremo questa moneta in tasca tra un pizzino della spesa e altro, e mi pare poca cosa.

giuseppe prode