Se in generale Cosa nostra siciliana soffre della mancanza di una leadership, quella di Matteo Messina Denaro resta comunque la “figura criminale più carismatica di tutta Cosa Nostra e in particolare della mafia trapanese”. È ciò che emerge dalla relazione del primo semestre 2021 della Direzione investigativa antimafia (qui la prima parte).
Messina Denaro punto di riferimento - Nonostante la quasi trentennale latitanza, il figlio di Don Ciccio Messina Denaro, secondo gli inquirenti della DIA “sarebbe il principale punto di riferimento per far fronte alle questioni di maggiore interesse che coinvolgono l'organizzazione oltre che per la risoluzione di controversie in seno alla consorteria o per la nomina dei vertici di articolazioni mafiose, anche non trapanesi”.
Malcontento nei confronti del boss castelvetranese - Nei confronti del latitante di Castelvetrano tuttavia benché continui a beneficiare della fedeltà di molti sodali, sarebbe cresciuto "uno strisciante malcontento in alcuni affiliati", "insoddisfazione connessa con le problematiche derivanti dalla gestione della lunga latitanza peraltro resa difficile dalle costanti attività investigative che hanno colpito in larga parte la vasta rete di protezione del boss”.
Cosa nostra trapanese e la reggenza dei quattro mandamenti - La Dia scrive che Cosa nostra trapanese, storicamente collegata a quella palermitana "non presenta segnali di mutamento organizzativo, strutturale e di leadership: continuerebbe a essere articolata nei 4 mandamenti di Trapani, Alcamo, Mazara del Vallo e Castelvetrano che a loro volta sarebbero suddivisi in 17 famiglie”. Ai vertici dei mandamenti di Trapani e Alcamo risulterebbero avvicendarsi, con un sistema di successione quasi “dinastico” gli appartenenti delle locali storiche famiglie. Quello di Castelvetrano è riconducibile al latitante detto “U siccu” e a i suoi familiari. La reggenza del mandamento di Mazara del Vallo attraversa una fase di transizione a causa della morte del boss reggente Vito Gondola, avvenuta nel luglio 2017 per cause naturali, sia per gli arresti che hanno ripetutamente colpito i vertici dell’organizzazione.
Le estorsioni e il welfare mafioso nel periodo della pandemia – La mafia Trapanese Resterebbe costante la pressione vessatoria esercitata sul tessuto economico della provincia in danno di attività commerciali e imprenditoriali attraverso il racket delle estorsioni. Per altro verso come altrove in Sicilia Cosa nostra trapanese anche in questo periodo storico caratterizzato dalla pandemia da COVID-19 si sarebbe occupata di garantire una forma di welfare mafioso alle famiglie dei detenuti oltre che proporsi in aiuto di quelle imprese in difficoltà a causa della crisi che a seguito del c.d. lockdown ha colpito tutti i settori economici.
Affari e logge massoniche – “La mafia trapanese si è sempre distinta per una forte propensione affaristica e per la capacità di infiltrarsi in numerosi settori d’impresa – si legge nella relazione -. Inoltre non sono mancati segnali di vicinanza a logge massoniche segrete con le quali avrebbe dimostrato di saper infiltrare l’attività amministrativa e gestionale della cosa pubblica locale. La mafia trapanese ha sviluppato nel tempo un particolare modus operandi di tipo collusivo-corruttivo utile ad inserirsi in vari ambiti economici, sociali e istituzionali. Diverse attività d’indagine hanno consentito di mettere in luce il carattere “silente e mercantilistico” di tale organizzazione criminale appurando intrecci e cointeressenze tra esponenti mafiosi, imprenditori ritenuti vicini a cosa nostra e apparati della pubblica amministrazione.
Operazione Ruina - Una delle operazioni antimafia che conferma gli intrecci tra imprenditoria collusa e politica e dell’operazione “Ruina”che ha coinvolto numerosi soggetti ritenuti appartenere a cosa nostra trapanese, alcuni dei quali ai vertici dei mandamenti di Alcamo e Mazara del Vallo e l’amministrazione comunale di Calatafimi Segesta. In particolare è stata riscontrata una compravendita di voti che avrebbe coinvolto un esponente di vertice dell’Amministrazione della cittadina trapanese. A seguito di tali eventi il sindaco, gli assessori e l’intero Consiglio comunale hanno rassegnato le dimissioni. Il comune di Calatafimi Segesta dal 15 gennaio 2021 è stato affidato ad un Commissario Straordinario nominato dal Presidente della Regione Siciliana sino alle elezioni amministrative avvenute nell’ottobre 2021.
Messina Denaro e l’Operazione “Xydi” – Altra importante operazione antimafia del primo semestre 2021 è “Xydi” conclusa il 2 febbraio 2021 dai Carabinieri e che vede coinvolto anche Matteo Messina Denaro il quale tramite “…un’attuale e segretissima rete di comunicazione…”, avrebbe condiviso alcune strategie con i capi delle famiglie agrigentine, le quali “…riconoscono unanimemente in Messina Denaro l’unico a cui spetta l’ultima parola in quel contesto territoriale sull’investitura ovvero la revoca di cariche di vertice all’interno dell’associazione”. Ad oggi, quindi, il boss castelvetranese, anche al di fuori del contesto trapanese, sarebbe “… in grado di assumere decisioni delicatissime per gli equilibri di potere in Cosa nostra, nonostante la sua eccezionale capacità di eclissamento e invisibilità.
Il ritorno dei “ vecchi boss e i malumori - ”In provincia di Trapani è rilevante la questione relativa al ritorno in libertà di “vecchi boss”, che dopo un lungo periodo di detenzione riprendono possesso del precedente ruolo di comando, creando però dissapori e malumori all’interno delle consorterie per la reggenza di una famiglia o di un mandamento.
I sequestri subiti dai sodali di Messina Denaro - Anche in questo semestre cosa nostra trapanese ha risentito dell’intensa attività di contrasto delle forze di polizia soprattutto per i numerosi provvedimenti ablatori subiti in particolare le misure di prevenzione patrimoniale e i sequestri preventivi eseguiti nei confronti di soggetti rientranti nell’orbita di Messina Denaro. Il 28 gennaio 2021 la DIA di Trapani ha eseguito una confisca di beni per un valore di circa 4,5 milioni di euro nei confronti degli Adamo, titolari di imprese edili e ritenuti appartenere alla famiglia di Castelvetrano.
Nel marzo 2021 i Carabinieri di Trapani hanno eseguito il sequestro di beni per circa un milione di euro a carico dell’ex consigliere comunale di Castelvetrano Lillo Giambalvo che sarebbe ritenuto vicino a Matteo Messina Denaro. Il 4 giugno 2021 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la confisca di beni emessa dal Tribunale di Trapani nel 2016 su proposta del Direttore della DIA per un valore di circa 100 milioni di euro riconducibili a un imprenditore di Monreale, Calcedonio Di Giovanni, legato al clan di Mazara del Vallo sin dagli anni ’70 e in rapporti anche con la famiglia di Castelvetrano segnatamente con il cognato del boss castelvetranese. Il 26 marzo 2021 a seguito dell’operazione “Mafiabet” del 2019 i Carabinieri eseguito un sequestro di beni per un valore di circa 6 milioni di euro nei confronti di Calogero Luppino, imprenditore del mondo delle scommesse e dei giochi online la cui ascesa imprenditoriale sarebbe stata agevolata da esponenti dei mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo.