Nessun inchino di fronte alle case dei mafiosi.
A Roccamena, la processione per la festa di san Giuseppe, patrono della cittadina, non passerà per via Nuova e non farà alcuna sosta nella via Roma (dove proseguirà senza fermarsi).
In via nuova abita Giuseppe Giambalvo, che non ha alcuna condanna per mafia anche se, noto già dalle cronache di Mario Francese, che ne parlava in quanto “guardaspalle di Leoluca Bagarella”, era tra i perquisiti del maxi blitz del 1° ottobre scorso finalizzato alla cattura di Matteo Messina Denaro. Un’operazione che ha riguardato il territorio delle provincie di Trapani, Agrigento e Palermo, arrivando appunto a Roccamena, punto cruciale nella storia di Cosa Nostra, dove era custodito un cimitero di mafia scoperto qualche anno fa. E’ il fratello di Pietro Giambalvo, uomo d’onore di Roccamena residente a Santa Ninfa, che avrebbe partecipato alla famosa riunione di Castelvetrano nel settembre/ottobre 1991, con Riina e Matteo Messina Denaro, dove si iniziò a pianificare l’attacco allo Stato, culminato con le stragi di Capaci e via D’Amelio del 1992.
In via Roma c’è invece la casa di Bartolomeo Cascio, morto nel 2016. Boss mafioso della famiglia di Roccamena, ritenuto un fedelissimo di Totò Riina. Fu arrestato nel 2006 e prima ancora indagato per mafia e per l’omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, ucciso nel ’77 a Ficuzza.
Lo ha deciso la Prefettura, insieme all’Arcidiocesi di Monreale guidata da monsignor Michele Pennisi, con l’obiettivo di evitare strumentalizzazioni dell’evento religioso da parte di “soggetti contigui ad ambienti criminali”. Una disposizione, per altro già osservata in occasione della processione per S. Antonio del 14 luglio scorso. Il corteo religioso, come si diceva, oltre a non passare per via Nuova non si fermerà in via Roma, come inizialmente previsto. Si, perché si sarebbe dovuta fermare davanti ad un altare allestito, per grazia ricevuta, da Emanuele, un 44enne finito in coma qualche anno fa a causa di un grave incidente sul lavoro in Svizzera e poi guarito.
Il problema è che la sua casa è proprio di fronte a quella dell’ex boss Bartolomeo Cascio. E dunque il corteo religioso tirerà dritto.
Ma Roccamena è stata teatro di incontri particolari anche nel recente passato, quando fu ipotizzata proprio in quel territorio la presenza di Matteo Messina Denaro.
Il giornalista Marco Bova, nel suo libro “Matteo Messina Denaro, latitante di Stato”, scrive infatti di una conversazione (emersa tra le tante dell’indagine Eden del 2013) in cui “un importante massone di Castelvetrano, un commerciante ‘pulito’, raccontava di una visita fatta, notturna, a Roccamena”. Dettagli che lasciavano intendere un ipotetico riferimento alla presenza del boss latitante, “insospettendo i militari del GICO, anche per le origini di Roccamena di uno degli storici complici di don Ciccio (padre di Matteo, ndr) e per uno strano intreccio che incrociava la stessa località alla latitanza di Bernardo Provenzano”.
Ma alcuni mesi dopo quella conversazione, “il 15 agosto 2012, i carabinieri di Corleone – scrive ancora Bova nel libro - durante un controllo del territorio, fermeranno un’auto alle 2,32 del mattino, all’altezza di Roccamena, con a bordo il commercialista Gaspare Magro, indagato dalla DDA di Palermo nell’indagine sulle logge massoniche e arrestato dai pm di Trapani nel filone trapanese, e Nino Lo Sciuto, geometra e factotum di Giovanni Filardo, poi condannato per mafia. Una curiosa coincidenza, arricchita da un abboccamento avvenuto nel 2005 a pochi chilometri dal borgo, quando due cugini del posto, in passato arrestati per mafia, si erano proposti ai carabinieri del ros come informatori per far arrestare il latitante, in cambio di un aiuto per ottenere una licenza con cui poter lavorare: la mediazione non avrà mai seguito”.
Insomma, sembra che a Roccamena il passato non si estingua così facilmente.
Egidio Morici