«Siamo arrivati in Via D'Amelio, mi sono soffermato perché ho visto tante auto parcheggiate. Sapendo che era l'abitazione della madre, ci siamo un pò preoccupati. Il giudice è entrato direttamente, ha parcheggiato l'auto proprio al centro della carreggiata, ed io ho fatto scendere i componenti della mia scorta per fare una bonifica all'interno dello stabile. Avrò fatto altri 5-6 metri con l'auto e sono stato investito da una nube caldissima. L'auto si è sollevata e si è spostata di qualche metro. Mi sono sentito schiacciato proprio all'interno dell'abitacolo e sballottato. Ho visto subito il corpo di un collega dilaniato dall'esplosione, non sapevo che fare e mi sono messo a correre, poi ho visto brandelli di carne, addirittura ero fermo sopra un piede di un collega». Antonio Vullo, agente di scorta di Paolo Borsellino e unico sopravvissuto
"… sentimmo arrivare delle macchine, perché c’era un enorme silenzio prima e quindi ci siamo girati ed abbiamo visto dei poliziotti… insomma queste macchine… io mi giro e neanche il tempo di girarmi vedo questi giovani, anche una ragazza … con i mitra in mano;La mia attenzione si è posata alle macchine che passavano davanti al mio balcone, quindi più verso la via Autonomia Siciliana e contemporaneamente ho visto solo la ragazza, la LOI, diciamo, questa bionda che mi ha colpito in quell’istante perché ho detto: ‘Guarda questa povera ragazza… con questo mitra…’, ma furono attimi… immediatamentel’istinto ci ha fatto pensare di rientrare, anche perché avevamo la bambina … subito io e mio genero abbiamo detto: ‘Entriamo, entriamo’, prendiamo la bambina dalla carrozzina e l’abbiamo messa dentro, il tempo che la misi dentro scoppia la bomba. Io fui spinta, poi risucchiata, ferita, insomma e tutto il resto… (…)". La signora Rosa, che stava sul terrazzo del primo piano, in Via D'Amelio, cercando un po' di fresco insieme alla figlia, al genero ed alla nipotina di pochi mesi.
" … ho sentito un lampo e poi un boato terrificante, cioè un boato che mi è sembrato un’eternità, che non finiva mai… poi ho visto entrare del fumo … poi mi sono indirizzato verso il balcone dove entrava questo fumo. C'erano corpi, straziati, bruciati, macchine che bruciavano. C’era questo. Sono rimasto là impressionato, scioccato, impietrito …" . Il signor Antonino. Una stanza del suo appartamento in Via D'Amelio, è andata completamente distrutta.
"... Abbiamo visto la via D’Amelio e c’era questa immagine di guerra, sembrava quasi. Tutte le auto in fiamme, tutte le auto in fiamme, non riuscivamo a capire inizialmente di che cosa si trattasse. Dopodiché abbiamo visto uscire… siamo scesi immediatamente, abbiamo visto uscire dalla sinistra il collega che effettivamente era scampato. Non sappiamo di che cosa si trattasse, abbiamo chiesto che cosa era successo e ci disse che si trattava della scorta di Borsellino, lui era riuscito a scampare e ha questo punto io ho preso… ho fatto accompagnare il collega direttamente dalla mia volante al pronto soccorso, perché era sanguinante, in evidente stato di choc… io sono rientrato nella zona dov’era successo il fatto. Siamo risaliti nei piani superiori, abbiamo soccorso le persone che scendevano dai palazzi e quello che c’era a terra era… quello che effettivamente era successo, tutti i corpi mutilati e le macchine in fiamme ancora e nient’altro. C'erano delle fiamme altissime". Il capopattuglia Vincenzo Alberghina, tra i primi ad arrivare tra le macerie di Via D'Amelio.
Queste testimonianze sono estratte dalle motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater. Qui il documento integrale.