Migliaia di giovani non hanno sfidato Matteo Messina Denaro, ballando al concerto di Paul Kalkbrenner il 13 agosto scorso al parco archeologico di Selinunte.
Né, tantomeno, hanno scandito slogan contro la mafia, o “contro i clan” fino a notte fonda. Alcuni giornali hanno esagerato un po’ coi titoli.
E’ stato un concerto strepitoso, quello sì, che ha richiamato 10 mila (forse 15 mila) giovani da diverse parti d’Italia e non solo. Perchè trasformarlo per forza in un evento antimafia? Non lo era.
L’intervento sul palco del Capitano Ultimo, il colonnello Sergio Di Caprio che arrestò Totò Riina nel 1993, è durato 60 secondi. Un po’ meno quello di Domenico D’Agati, l’imprenditore palermitano che ha denunciato i suoi estortori.
E se nei grandi concerti, i fan ripetono in coro le improvvisazioni vocali delle star, non è detto che debbano fare lo stesso con gli ospiti della serata, spesso tollerati per aver interrotto la musica.
Ecco perché l’incitamento di D’Agati ad urlare tutti insieme “mafia vaffanculo!” è caduto nel vuoto. Così come in pochissimi hanno ascoltato il suggerimento di Valeria Grasso, l’imprenditrice che aveva denunciato la famiglia mafiosa dei Madonia: “Una cosa vorrei sentirvi dire, la Sicilia non è di Cosa nostra, ma è… nostra!”. Lo speaker ha cercato di animare il coro, ma niente.
Eppure sui giornali è sembrato prevalere il bisogno di raccontare del popolo dei giovani che si ribella, lanciando sfide “dal sapore inequivocabile”.
Invece no, si è proprio equivocato.
Ecco, forse noi adulti siamo in ritardo. Forse aveva ragione Peppino Impastato quando diceva che ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi, “prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”.
Forse questa ribellione, ammesso che ci sia stata, è arrivata dopo. Dopo le brutte facce di Riina e Provenzano, dopo le guerre di mafia e le stragi. Ma oggi che la mafia è cambiata e, come ripete da diverso tempo il giornalista Attilio Bolzoni, è tornata ad essere quella che era prima della parentesi corleonese, abbiamo difficoltà a riconoscerla. E ancora di più a raccontarla ai giovani.
Egidio Morici