I pescherecci non partono più. Sono fermi ai porti, affondati dal costo del gasolio alle stelle. Panifici, pasticcerie, piccole aziende, hanno deciso di ridurre la produzione, per consumare meno energia arrivata a prezzi insostenibili. A Marsala, Trapani, Mazara i bar e le botteghe si scambiano le foto delle bollette. A volte quasi triplicate.
Un bar che pagava 5000 mila euro al mese di energia, e riusciva a malapena a coprire i costi, ora si vede arrivare salassi da 12-15 mila euro. Una condanna. E’ solo un esempio di come i prezzi di energia e carburanti stiano mettendo in ginocchio imprese, di ogni dimensione, e famiglie su cui l’aumento dei costi pesa in ultima battuta.
Molte attività, specie quelle che hanno bisogno di parecchia energia elettrica, per far fronte ai costi vertiginosi hanno deciso di ridurre la produzione.
“È una scelta cui siamo obbligati- spiega Giovanni Marchese, Presidente della categoria Produzione per CNA Trapani, ma anche titolare di un’azienda del settore manifatturiero- per scongiurare la chiusura definitiva. Non siamo infatti più in grado di sostenere il pagamento di bollette 3- 4 volte più pesanti rispetto al passato. Solo rispetto allo scorso anno, il gas metano è passato da 0,27 centesimi al metro cubo ai 2,40 euro al metro cubo di oggi, mentre i costi dell’energia elettrica sono passati da 0,07 centesimi a kw fino agli 0,47 centesimi di oggi”.
“È difficile prevedere- dice ancora Marchese- se sarà ancora sostenibile continuare a produrre anche in autunno, soprattutto in vista di nuovi aumenti. Al momento, io personalmente ho deciso di avviare una sola linea di produzione delle tre previste dalla mia azienda”.
La scelta di ridurre la produzione aziendale- precisa ancora la CNA Trapani, portavoce delle istanze delle imprese del territorio, e preoccupata per il futuro dell’economia locale, che è già debole di per sé- si traduce inevitabilmente anche nella riduzione dei turni dei lavoratori, e dunque anche in eventuale cassa integrazione per alcuni dipendenti e/o in licenziamenti.
“E’ urgente- concludono Orlando e Cicala, unendosi all’appello della CNA nazionale- un intervento immediato della politica: va fissato un tetto massimo al prezzo del gas su base nazionale, nell’attesa che venga presa una decisione in merito anche a livello europeo. Le nostre imprese rischiano seriamente il collasso, insieme all’intero sistema produttivo, locale e non”.
Per la Confcommercio quella che doveva essere l’estate della ripartenza si è trasformata nella stagione del “de profundis” per le piccole e medie imprese siciliane. Sono a rischio infatti 6500 imprese e 19 mila posti di lavoro in Sicilia. “E’ un disastro” dice il presidente regionale Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti, che in questi giorni assieme alla presidente di Confcommercio Palermo, Patrizia Di Dio, ha incontrato il Prefetto del capoluogo siciliano per rappresentare la gravità della situazione. “Le previsioni, per i prossimi mesi – hanno detto Manenti e Di Dio – sono estremamente complicate, a tratti tragiche per il futuro dei comparti. Secondo i dati fornitici dal Centro studi di Confcommercio, il prezzo dell’energia elettrica salirà dell’82,3%. L’aumento di spesa legata all’energia di 464 milioni di euro, solo per la nostra isola per quanto riguarda l’ultimo anno, è un incremento che condizionerà giocoforza la vita delle famiglie e i loro consumi e che pregiudicherà l’attività delle imprese, alcune delle quali hanno già comunicato che non possono trovare altre soluzioni se non quelle correlate alla chiusura”.
Strozzati dal caro carburante i pescatori. Imbarcazioni bloccate, con il pieno raddoppiato, e la concorrenza spietata dei prodotti esteri che stanno mettendo in ginocchio l’ittica.
Nei giorni scorsi anche la marineria di Mazara ha protestato spegnendo i motori dei pescherecci.
"Ci chiediamo che fine abbiano fatto i 10 milioni di euro stanziati dal parlamento siciliano per sostenere le imprese del settore costrette ad affrontare aumenti incontrollati del costo del gasolio”, commenta Giuseppe Messina, segretario regionale di Ugl. E aggiunge: "Paghiamo le conseguenze degli effetti disastrosi dell'aumento della bolletta energetica dal 2021, acuita dalla guerra russo-ucraina."
"Chiediamo al governo regionale - rilancia Messina - di dare immediata risposta alle imprese di pesca siciliane ed alle migliaia di pescatori sul fronte dello sblocco del contributo quale concorso per la copertura delle spese sostenute per il consumo del gasolio negli anni 2021 e 2022, di farsi promotore di maggiori controlli all'ingresso del prodotto ittico nei mercati siciliani e di tutelare concretamente il prodotto siciliano e la sua filiera."
Poi l'affondo del sindacalista: "Le imprese di pesca pagano lo scotto di una politica nel complesso distratta e poco vocata a leggere la geopolitica nel Mediterraneo perché è chiaramente sleale la concorrenza delle attrezzate marinerie del Nord Africa che pescano negli stessi areali dei siciliani ma che acquistano il carburante a meno della metà e che, per di più, non sono soggette a limiti di maglia, di aree di pesca e di periodi di accesso alle acque pescose del Canale di Sicilia”.
Il caro prezzi è certamente tema da campagna elettorale, sia a livello nazionale che in Sicilia, dove si parla spesso di energie rinnovabili. Di progetti per rendere l’isola autosufficiente. Ma, come ha certificato Sicindustria, sull’isola il 70% dei progetti di impianti di energia rinnovabile sono fermi al palo.