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10/11/2022 06:00:00

Sicilia, più no che si per il Ponte sullo Stretto 

 Ritorna il sogno mostruosamente proibito: il Ponte sullo Stretto. Il Ponte per eccellenza, quello da scrivere con la P maiuscola, ideato, pensato, progettato per circa un secolo, e costato già tanto, senza che mai una pietra sia stata spostata, sulla sponda di Messina come di Reggio Calabria.

Questa volta a riaccendere le passioni è scesa in campo la strana coppia Renato Schifani – Matteo Salvini. Il primo, presidente della Regione Siciliana neoeletto, lo ha detto subito: «Faremo il ponte sullo Stretto, c’è il progetto». Il secondo, Ministro delle Infrastrutture appena nominato da Giorgia Meloni, ha voluto reagire al fatto che gli hanno fregato il mare e i porti, dalle deleghe previste nel Ministero, e le hanno date a un altro siciliano, Nello Musumeci, per il neonato ministero del Mare e del Sud.

Salvini sta raccogliendo anche le riflessioni di esperti che hanno offerto il proprio contributo.

 

L’ultimo caso è quello del consiglio nazionale degli Ingegneri, i cui vertici hanno assicurato massimo sostegno per concretizzare un progetto che Salvini definisce ‘avveniristico’. Non a caso, il ministro lo ha caldeggiato anche nelle recenti interlocuzioni internazionali come quello con la commissaria europea ai trasporti Adina Valean, secondo fonti vicine a Salvini.

Il ministro finora ha parlato di un progetto esistente, lasciando intendere che si tratti di progettazione definita e quasi cantierabile, spingendosi a parlare di oltre centomila posti di lavoro a cantiere avviato. Non sono emersi però dati concreti per capire se realmente quel progetto originario e datato del ponte a unica campata di 3km e300 metri è quello su cui intende procedere il ministro o se, consultati gli organi tecnici di Fs, stia prevalendo una modifica progettuale con pile in mare, in linea con la più moderna scienza ingegneristica sperimentata nel mondo.

Per Schifani «questa volta il Ponte si fa davvero». L’ex presidente del Senato individua anche il responsabile che ha ucciso il sogno: Mario Monti. «Il progetto era cantierabile – racconta – ma il governo di Mario Monti rescisse il contratto poco prima che partissero i lavori, nel 2011, con una penale da 700 milioni di euro. Adesso si può riprendere quel progetto».

Il costo si aggira intorno ai 4 miliardi di euro (3,9 per la precisione). E l’opera non è nel Recovery Plan, per il motivo che le opere previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza devono essere rendicontate nel 2026, qua invece si parla di almeno dieci anni di lavori. E allora, chi paga? Anche su questo Schifani ha le idee chiare: «L’operazione è coperta» dice. E aggiunge: «In grande sintesi, l’esecutore dell’opera finanzia la costruzione con capitali propri e poi recupera con le quote dei pedaggi».


Il nuovo fermento sul Ponte suscita entusiasmi. «In tutto il mondo si parlerà dei nostri ingegneri, dei nostri tecnici, delle nostre preziosissime maestranze» esulta il colonnello siciliano di Salvini, Vincenzo Figuccia. «Tutto questo genererà lavoro, porterà investimenti e cambierà e per sempre il volto economico della Sicilia che diverrà finalmente la California d’Europa, terra di ricchezza e prosperità». Gli fanno eco gli altri deputati regionali leghisti: “Finalmente la Sicilia è al centro dell’agenda di governo con iniziative concrete che puntano all’infrastrutturazione dell’Isola e alle grandi opere. Il Ponte, l’alta velocità e moderne arterie stradali, unitamente ad interventi su porti e aeroporti, sono le precondizioni per far crescere economicamente la Sicilia ed eliminare il gap con il resto del Paese”.

 

Ma  cosa prevede il progetto? Una lunghezza complessiva di 3.660 metri, una campata unica sospesa di 3.300 metri, una larghezza di 61 metri e due torri alte 399 metri. Con questi numeri il Ponte sullo Stretto di Messina sarà il ponte sospeso più lungo del mondo.

Un po’ di storia. La legge che autorizza la progettazione del «collegamento stabile» tra Sicilia e continente è del 1971. Nel 1981 viene creata la SdM, la società Stretto di Messina. Nel 1986 la società presenta il “Rapporto di fattibilità”. Nel 2001 il governo Berlusconi decide che l’opera si può fare. Nel 2005 il consorzio Eurolink vince l’appalto. Nel 2011 c’è l’approvazione definitiva del progetto. Ma, subito dopo, è il governo Monti a sancire la non priorità dell’intervento e a mandare in liquidazione la SdM.

Adesso, dunque, si farà un nuovo tentativo. Chissà se i soldi si troveranno. Nel frattempo, però, è singolare notare che un record il Ponte l’ha battuto. È l’opera pubblica che, al mondo, è costata di più, per NON essere realizzata. La società pubblica Stretto di Messina, la SdM, è in liquidazione da dieci anni. E costa 1500 euro al giorno. Anche l’Anac, nel 2020, ha aperto un’istruttoria per capire, ad esempio, come nel bilancio figurassero spese per il rispetto della normativa sui luoghi di lavoro quando la società dipendenti non ne ha. E, tra i costi della liquidazione, gli incarichi, gli studi e i progetti e i convegni, la stima dei costi, dal 1979 a oggi, arriva a circa un miliardo di euro, per un cantiere mai avviato.

"Basta a inutili retoriche sulle grandi opere. Il Paese non ha bisogno di opere faraoniche e di cattedrali nel deserto come il Ponte sullo Stretto di Messina, ma di interventi concreti a partire da una massiccia cura del ferro e dal potenziamento del trasporto via nave. Occorre rilanciare gli investimenti in collegamenti veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola, portare le Frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma, rafforzare i collegamenti in treno e potenziare il trasporto via nave lungo lo Stretto", dicono da Legambiente.

L'associazione ambientalista lancia  quattro proposte, chiedendo di "abbandonare questo insensato progetto e di utilizzare le risorse del Pnrr per dare concretezza agli interventi che davvero servono al Paese, a partire da Sicilia e Calabria". "Tra linee ferroviarie inesistenti o abbandonate, tratte a binario unico, treni vecchi, a gasolio e a bassissima frequenza, gli spostamenti in Calabria e Sicilia oggi non sono da paese civile. La mobilità extraurbana - dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - va sostenuta con una massiccia 'cura del ferro', che permetta a milioni di pendolari di muoversi in modo civile su treni nuovi, frequenti e puntuali, e alle merci di spostarsi nel Paese passando dal mare alle città, scendendo dalle navi porta container e salendo su treni che le fanno arrivare nei centri urbani senza viaggiare su un tir, magari per poi essere distribuite nelle città con mezzi elettrici. I porti vanno dotati di banchine elettrificate per liberare dallo smog le comunità che lavorano all'interno e quelle che vivono a ridosso delle aree portuali. In questo scenario è davvero senza senso continuare a parlare di cattedrali nel deserto come il ponte sullo Stretto di Messina. Il governo pertanto faccia marcia indietro e punti su quegli interventi che servono davvero al Paese e che permetteranno anche di accelerare la giusta transizione ecologica come chiesto dall'Europa".

"I cittadini siciliani e calabresi - aggiungono i rispettivi presidenti di Legambiente Sicilia e Legambiente Calabria, Gianfranco Zanna e Anna Parretta - hanno diritto a proposte credibili di rilancio degli spostamenti attraverso connessioni ferroviarie, navali e aeree più semplici tra le regioni, verso nord e anche con il resto del Mezzogiorno, non di aspettare altre promesse e rinviare il cambiamento di qualche decennio".

Per gli ambientalisti le dichiarazioni del neoministro Salvini in merito alla necessità di sbloccare e velocizzare la costruzione del ponte sullo Stretto "destano sconcerto. Le risorse pubbliche - tuonano - devono essere utilizzate per creare occupazione e lavoro duraturo attraverso politiche di tutela dell'ambiente e forme di mobilità sostenibile. È indispensabile agire con concretezza nella direzione di uno sviluppo reale della Calabria e della Sicilia".

I dubbi degli ambientalisti sono anche sul fronte della sicurezza in senso ampio: "L'ipotetico ponte sullo Stretto di cui si parla da decenni, oltre a posizionarsi in una zona ad alto rischio geotettonico e sismico metterebbe a rischio la conservazione di ambienti marini, costieri e umidi protetti e di eccezionale bellezza. Lo Stretto di Messina è, inoltre, punto di transito essenziale per le migrazioni di numerose specie ed è al centro di un importante sistema di aree protette. Chiediamo nell'interesse della collettività che Governo ed amministrazioni regionali dinnanzi alla gravità della crisi climatica ed ambientale, abbiano una visione strategica sul futuro per realizzare una reale transizione ecologica. Purtroppo, il ponte sullo Stretto di Messina, va in senso contrario".