Per la prima volta a Marsala oggi si presenta un podcast e lo si fa, dal vivo. L'appuntamento è alle 17 e 30 al Baglio Anselmi, dove 38° Parallelo organizza la presentazione live del podcast dell'anno, "Io ero il milanese", di Mauro Pescio. Tra l'altro si tratta di un podcast che tutti possiamo ascoltare gratuitamente, perchè è prodotto dalla Rai, ed è disponibile nella piattaforma Rai Play Sound. Insomma, basta scaricare l'app, e si ascoltano questo e altri importanti contenuti audio. Mauro Pescio, tra l'altro, non è nuovo a lavori di questa importanza. Suo è, ad esempio, un altro podcast, sempre della Rai, "Genova per tutti", una ricostruzione emozionante dei fatti del G8 di Genova del 2001.
Ma di cosa parla "Io ero il milanese"? E' la storia, incredibile ma assolutamente vera, di Lorenzo S.
Lorenzo entra in carcere per la prima volta a 10 giorni. A 12 anni compie il primo furto, a 14 la prima rapina. Per oltre 40 anni vive da fuorilegge, passando gran parte del tempo in carcere. A 33 anni riceve una condanna a 57 anni di carcere, ma la sua vita prende un'improvvisa svolta, fino al lieto fine più inaspettato. È la storia di un uomo che solo attraverso il confronto con gli altri, ha avuto la possibilità di salvarsi. L'autore Mauro Pescio di lui scrive: "Ho conosciuto Lorenzo nell'estate del 2017. Era uscito dal carcere da una decina di giorni. Durante il nostro primo incontro, durato qualche ora, mi ha raccontato in sintesi tutta la sua vita, da quando era entrato in carcere la prima volta a pochi mesi, a trovare suo padre, a quando era uscito come un uomo nuovo di 40 anni, in quel luglio 2017, trasformato in una risorsa per la società. Io ero il milanese è il racconto di un uomo che nella vita ha fatto tante scelte sbagliate, un uomo con cui la sfortuna si è accanita, un uomo che ha toccato il fondo, ma che da quel fondo si è rialzato. È la storia di come non debba mai venire meno la speranza, la fiducia e soprattutto di come si debba sempre offrire un'altra possibilità".
Ecco cosa scrive il sito di critica letteraria "Nazione Indiana" su "Io ero il milanese":
In “Io ero il milanese” ascoltiamo la viva voce di Lorenzo che, sollecitato dalle domande di Pescio, ripercorre tutta la sua vita, a partire dall’infanzia vissuta a Milano con la madre (mentre il padre scontava dieci anni di reclusione) e dal successivo trasferimento a Catania, dove matura la decisione di dedicarsi alla delinquenza. Una delinquenza lontana dalla criminalità organizzata e tutta dedita ad una sola specialità: le rapine in banca. Lorenzo inizia giovanissimo e già a 14 anni entra in quello che sarà il luogo in cui trascorrerà la maggior parte della sua esistenza: il carcere. Di fatto, negli anni successivi, conoscerà la libertà solo per periodi di pochi mesi; e quando è fuori il suo unico pensiero è sempre lo stesso: trovare banche da rapinare, riempirsi di soldi, spendere tutto in vestiti, macchine, night e ristoranti. Lorenzo sa che il rischio di essere di nuovo arrestato è sempre dietro l’angolo, e cerca di vivere i momenti di libertà al massimo della velocità.
E in tutto questo la prigione che ruolo ha avuto? Lorenzo impara presto la dura legge delle relazioni carcerarie, sposandone in pieno le regole non scritte. Approfitta inoltre dei consigli dei detenuti più esperti per migliorare le proprie capacità di rapinatore. E cerca anche di farsi passare per tossicodipendente o di comportarsi come detenuto modello al solo scopo di ottenere una detenzione più blanda e di costruirsi in questo modo un’eventuale opportunità di fuga. In breve, per parecchi anni il carcere non riesce minimamente ad intaccare la dura corazza che Lorenzo si è costruito né ad instillargli l’idea che una vita oltre alla delinquenza è possibile. Come potrebbe, d’altra parte, un luogo programmaticamente chiuso alla società riuscire a riattivare una messa in discussione da parte delle persone recluse?
Il protagonista di questa storia è molto onesto con sé stesso: pur essendo cresciuto in un contesto familiare e ambientale fatto di criminalità ed emarginazione sociale, non cerca scuse. Il fatto di aver voluto intraprendere la carriera di rapinatore –dice– è stata solo ed esclusivamente una sua scelta. Eppure se avesse incontrato prima le persone giuste, se avesse conosciuto un altro modello di detenzione, probabilmente la sua giovinezza sarebbe stata un’altra. A 35 anni Lorenzo si ritrova infatti nella Casa di reclusione di Padova, dove opera la redazione di Ristretti Orizzonti, il periodico ideato e diretto da Ornella Favero e fatto dai prigionieri. La collaborazione col giornale rappresenta per lui uno snodo decisivo, così come fondamentale sarà la possibilità di iniziare a porsi davvero delle domande durante i confronti con gli studenti organizzati all’interno del carcere dalla stessa Favero. È la svolta: è da qui che inizia il cambiamento interiore di Lorenzo, un mutamento che i suoi famigliari disprezzano, accusandolo di essere un traditore.
Grazie ad altri incontri fortunati, come quello con un avvocato che, in maniera del tutto volontaria, si interessa del suo caso, a Lorenzo viene concessa la possibilità di una seconda vita. Un giudice accoglie infatti la richiesta di revisione delle sue vicende processuali e Lorenzo, che originariamente avrebbe dovuto scontare più di vent’anni di galera (senza poter accedere, ancora per molti anni, a nessun tipo di permesso), viene inaspettatamente scarcerato.
Alla gioia per la libertà riacquistata segue però ben presto il disorientamento nel ritrovarsi in un mondo a cui si era del tutto disabituato. Pur venendo accolto nella casa di una volontaria con cui, negli anni, aveva stretto una relazione affettiva, Lorenzo è terrorizzato: le finestre senza sbarre così come i contatti con gli estranei lo gettano nel panico, spingendolo a desiderare di ritornare in cella. Al disagio di continuare a portare lo stigma del delinquente si associa l’ansia di dover ricominciare da zero e un fortissimo senso di emarginazione sociale (diretta conseguenza dei tanti anni trascorsi nel chiuso di una prigione).