-0,4% per il PIL del Mezzogiorno nel 2023, il dato medio italiano dovrebbe attestarsi invece intorno al +0,5%. Le principali cause: la pandemia e la crisi energetica conseguente al conflitto Russia-Ucraina. E aumenta così il divario con il resto del Paese.
È quanto emerge dal rapporto Svimez 2022, giunto alla sua 49esima edizione.
Un Mezzogiorno che arretra come i granchi e che dimentica i tentativi di ripresa di qualche anno fa. Nel 2021 era, infatti, cresciuto con un tasso leggermente superiore alla media UE. Oltretutto, le condizioni di lavoro sempre più svantaggiose e l’inflazione sempre più aggressiva, portano a stimare 500mila nuovi poveri al Sud già alla fine del 2022, quasi due terzi degli oltre 760mila che si contano in tutta Italia.
Negli ultimi 15 anni gli investimenti industriali sono drammaticamente diminuiti del 36% (-11% nel resto del Paese). A risentirne in prima battuta è stato ovviamente il mercato del lavoro, caratterizzato da precarietà e disorganizzazione. Sempre negli ultimi 15 anni, i salari, già bassi, sono bruscamente calati di circa nove punti percentuali, tre volte in più rispetto al Nord.
Il reddito di cittadinanza ha arginato sì la caduta in disgrazia di molte famiglie meridionali e favorito la crescita dei consumi, ma ha osteggiato di fatto l’inserimento di molti occupabili nel mondo del lavoro, in quanto non si è accompagnato a reali politiche attive a favore dell’impiego. E forse bisognerebbe valorizzare il ruolo dei centri di produzione nel Sud legati a filiere nazionali strategiche, dall'aerospazio all'elettronica.
Parola d’ordine per riemergere dalle sabbie mobili? Il PNRR, definito da Luca Bianchi, direttore generale SVIMEZ, “l’ultimo treno per il Mezzogiorno”. Ma chissà se è una TAV o più un treno a scartamento ridotto, chissà a quale velocità stiamo viaggiando. Precisa infatti il ministro Raffaele Fitto che la spesa effettiva dei progetti PNRR al 31 dicembre sarà meno della metà rispetto a quanto preventivato, vale a dire circa 22 miliardi, se tutto va bene. Il 98% dei comuni del Sud ha partecipato ai bandi del PNRR e l’85% è risultato vincitore di almeno un bando. Ma si arranca: in media, infatti, gli enti locali meridionali impiegano 1.361 giorni per portare a compimento la realizzazione di un’infrastruttura sociale, contro 960 giorni del Centro e 778 giorni del Nord-Ovest. La previsione di SVIMEZ per il Mezzogiorno è che "dopo l’effetto traino esercitato dal PNRR e dall’ecobonus 110%, nel 2023 la crescita degli investimenti dovrebbe più che dimezzarsi".
Altra parola d’ordine per puntare alla crescita? I giovani. Peccato che negli ultimi 20 anni 1,2 milioni di giovani ha lasciato il Mezzogiorno, di questi solo uno su quattro è laureato. Quello della formazione, infatti, è sempre stato un nervo scoperto per il Sud Italia.
Cos’altro ci resta a cui aggrapparci? Le politiche di sviluppo. Ci sono, eccome se ci sono, e non si sostanziano solo nel già citato PNRR. Ma serve un coordinamento. Detta in termini brutali: i soldi non sono un problema, il vero problema sarà come verranno spesi: agli enti locali l’ardua sentenza.
I fondi e le misure per agevolare la nascita delle imprese ci sono, ma fra tempi burocratici lunghi, difficile accesso al credito e scarsa competitività del tessuto economico per carenze infrastrutturali che portano ad alti costi di trasporto e non solo, fare impresa è sempre una strada in salita. Nonostante questo sono circa 700 le start up ad alto contenuto tecnologico in tutta la regione e fra queste spicca la Saba tecnology Spa di Campobello di Mazara, una eccellenza che vanta tante collaborazioni all’estero, dall’Arabia Saudita a Manhattan, e che ha inventato un sistema che consente di recuperare acqua estraendola dall’umidità dell’aria anche in ambiente desertico, utilizzando l’energia rinnovabile dei pannelli solari.
La Saba insieme alla Coloombus azienda del settore logistico di Palermo, oltre ai temi del credito e sviluppo economico, è stata al centro della due giorni sui temi “Territorio Credito Impresa: fare rete per valorizzare il presente, generare il futuro e creare lavoro” organizzata dalla Cisl e dalla First Cisl Palermo Trapani, che si è chiusa ieri sera con l’appuntamento nell’aula Capitò nel dipartimento di Ingegneria all’Università di Palermo.
“I dati sulla disoccupazione giovanile sono preoccupanti, oltre il 28 per cento a livello regionale e punte che sfiorano il 50 solo nei territorio di Palermo e Trapani – ha affermato il segretario generale Cisl Palermo Trapani Leonardo La Piana -. Il mercato del lavoro si evolve, servono figure sempre più specializzate e formate sulle nuove tecnologie e sistemi che puntano a uno sviluppo ecosostenibile, riteniamo che l’Università abbia in tal senso un grande ruolo strategico, come ci ha confermato il Rettore professor Micari. Il dialogo fra mercato del lavoro e università, con le aziende che si rivolgono direttamente alle facoltà, è la strada migliore per dare risposte a tanti giovani. Ma serve forza, determinazione, una visione del futuro, perché nel caso delle start up non è sempre facile ottenere credito sulla base di progetti basati su una idea che deve essere sviluppata dalla ricerca e dallo studio".