Tagli alle pensioni, aumenti da 2000 euro per magistrati e dirigenti della pubblica amministrazione. E' quanto previsto nella manovra.
Doveva essere una manovra tutta proiettata ad affrontare la crisi, economica e energetica, e di aiuto alle fasce più deboli della popolazione. Invece tra le righe della legge di Bilancio ci sono gli aumenti una tantum degli stipendi dei dipendenti pubblici, che diventano “top” per magistrati e dirigenti delle autorità indipendenti.
Stando a quanto riportato da Il Sole 24 Ore i i vertici amministrativi delle Authority incasseranno circa 1980 euro lordi in più, che diventano 1.812 per chi indossa la toga. La busta paga di chi ricopre una posizione di vertice nella presidenza del Consiglio dei ministri aumenterà di 75 euro, per un totale di 976,5 annui (sempre lordi). Poco meno prenderanno i vertici delle altre pubbliche amministrazioni centrali.
Più in basso nella scala degli aumenti ci sono tutti gli altri dipendenti pubblici: tra questo anche gli insegnanti, con 32,6 euro in più al mese.
Il divario con le posizioni di vertice nasce dal meccanismo lineare stabilito dal testo della manovra, che lega gli aumenti all’importo attuale delle buste paga, “ripulito” da retribuzioni di risultato e di posizione.
L’autonomia fa il paio con retribuzioni stabili anche nel caso dei magistrati, per i quali le voci stipendiali raggiungono in media l’87% della busta paga totale cumulando 120.812 euro su 137.697.
Nel caso della magistratura amministrativa, dove lo stipendio medio è 150.853 euro (e la retribuzione totale viaggia a 173.828 euro) l’una tantum vale quindi 2.262 euro.
Sono numeri non paragonabili a quelli medi dei dipendenti pubblici ordinari, dove lo stipendio medio varia dai 24mila ai 28mila euro lordi all’anno a seconda del comparto e dove quindi la manovra porta raramente più di 400 euro lordi (30 euro al mese).