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06/12/2022 06:00:00

L'ultimo sprofondamento a Marsala: la grande voragine del novembre 2013

 Il territorio di Marsala, storicamente caratterizzato dalla presenza di cave di Calcarenite, realizzate anticamente per la lunga attività estrattiva, negli anni è stato colpito da diversi smottamenti, e in alcuni casi in passato si sono aperte delle grandi voragini dovute al crollo della roccia che si trova nel sottosuolo. Le cave sotterranee e le loro depressioni sono state al centro di uno studio dell’Istituto Superiore per la Protezione la Ricerca Ambientale dal titolo “Voragini in Italia. I Sinkholes e le cavità sotterranee: ricerca storica, metodi di studio e intervento". In particolare per quanto riguarda Marsala, lo studio si sofferma sull’ultimo sprofondamento, avvenuto il 21 novembre del 2013 (qui il nostro articolo) in contrada Amabilina.

La storia e la natura del sottosuolo - Secondo lo studio non ci sono dati certi e attendibili sull’inizio delle attività estrattive, molte di queste sono state realizzate in sotterraneo a profondità variabili tra pochi metri e circa 25 m, generalmente fino al raggiungimento della superficie piezometrica. Le cave sono scavate su uno o più livelli, seguendo la tecnica di coltivazione a camere e pilastri. Da circa 50-60 anni, le cavità sotterranee sono state progressivamente abbandonate a causa del decadimento delle proprietà fisiche e meccaniche dell’ammasso roccioso, degli alti costi di coltivazione, e delle difficoltà e dei pericoli legati al lavoro in sotterraneo. Molte cave mostrano evidenti segni di instabilità nelle volte, lungo le pareti e i pilastri, diventando nel tempo un fattore di rischio per: crolli e cedimenti dovuti alla scarsa resistenza della roccia e alla dimensione dei vuoti realizzati; progressiva alterazione della roccia; gli effetti delle discontinuità dell’ammasso roccioso sui pilastri e/o le pareti degli ipogei. Negli ultimi decenni sono numerosi gli sprofondamenti che si sono verificati sia in aree urbanizzate che in aree utilizzate per l’agricoltura, causando parecchi danni ad edifici ed infrastrutture. 

La grande voragine di Amabilina - In Contrada Amabilina, nel tardo pomeriggio del 21 novembre 2013 si è formato uno sprofondamento a poche decine di metri dalla Strada Statale 188. Lo sprofondamento ha interessato un fondo agricolo, localizzato in prossimità di edifici rurali, plessi residenziali e piccoli capannoni industriali, dove fino a pochi minuti prima l’evento stava lavorando il proprietario, Antonio Galioto. Pochi giorni dopo il collasso è stato eseguito un sopralluogo per verificare l’accaduto. Lo sprofondamento è di dimensioni ragguardevoli. Ha un perimetro ellittico allungato in direzione NO-SE, con asse maggiore e minore rispettivamente di circa 100 e 70 m, e una profondità massima di circa 15 m. Lungo le pareti nord-occidentale e sud-orientale sono visibili le ampie camere di una cava sotterranea che raggiungono 5 m di altezza. Tali ambienti sono stati cavati in corrispondenza delle calcareniti a grana media e fine, raggiungendo verso l’alto il limite con le calcareniti a grana da media a grossolana, a pochi metri dal piano campagna.

La conformazione fisica della zona della voragine - All’interno dello sprofondamento è presente sia il materiale derivante dal crollo della volta della cava sotterranea, sia grossi blocchi di roccia basculati, dove sono ancora riconoscibili i pilastri e il soffitto degli ambienti ipogei. In superficie sono state rilevate diverse fratture parallele al perimetro dello sprofondamento, mostranti differenti ampiezze e profondità, legate a fenomeni di rilascio tensionale conseguenti l’evento. La cava era conosciuta in epoca storica e risultava citata anche in alcuni atti di vendita dei terreni soprastanti. Nel tempo, però, se ne era persa memoria e solo la presenza di diverse discenderie, oggi parzialmente occluse, poteva suggerire l’esistenza di manufatti ipogei e far porre maggiore attenzione all’antropizzazione dell’area in superficie. Come succede per diverse cave sotterranee della zona, anche di questo ipogeo, purtroppo, non si hanno dati sull’estensione e sulla direzione di sviluppo degli ambienti, né tantomeno sul loro stato di conservazione. Di conseguenza non si è a conoscenza di come proseguano i vuoti e se questi si articolino al di sotto dei manufatti adiacenti.

I rilievi dopo la voragine e le cause dello sprofondamento - Dalla prima indagine effettuata in superficie e dalle testimonianze raccolte pochi giorni dopo l’evento, è stato possibile ricostruire la sequenza di formazione dello sprofondamento. Il collasso ha avuto inizio a causa della progressiva migrazione dei vuoti verso l’alto e del cedimento di alcuni pilastri. Questi fenomeni hanno subito un’accelerazione nel momento in cui è stata raggiunta la porzione più grossolana del corpo calcarenitico, come testimoniato dall’aumento di dimensioni dei vuoti in questa porzione di roccia. Ad un primo evento, nell’intervallo di qualche ora, ne è seguito un altro, legato all’immediata ridistribuzione degli stress dopo il primo collasso, che ha causato l’allargamento dell’area sprofondata verso sud con il basculamento di grandi pilastri di roccia interessati da altri settori della cava.

Pioggi e infliltrazioni d'acqua - Gli esperti al fine di comprendere se le acque di infiltrazione possano avere influito sull’innesco dello sprofondamento sono stati presi in considerazione i dati pluviometrici relativi all’anno 2013, registrati dalla stazione meteorologica “Marsala”, gestita dal Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (SIAS) della Regione Sicilia. L’analisi dei dati pluviometrici mette in evidenza come nel mese di novembre 2013 si siano registrati 119 mm di pioggia, pari al 16% del totale annuo. Analizzando nello specifico i dati relativi al solo mese di novembre, si evince una marcata variabilità nella quantità di precipitazioni giornaliere.

Conclusioni dello studio, necessità di un censimento - Alla formazione dello sprofondamento hanno contribuito diversi elementi tra cui: lo stato di fessurazione della roccia calcarenitica, lo stato di saturazione della roccia e le sue variazioni, il naturale degrado all’interno delle cavità e il rapporto pieno/vuoti. Un contributo importante nella formazione di queste depressioni, oltre a quelli citati in precedenza, è da imputare alle acque di infiltrazione. Ancora una volta lo studio evidenza quanto il territorio di Marsala sia estremamente vulnerabile, e la necessità di incoraggiare studi volti alla creazione di un censimento delle cavità sotterranee esistenti, alla realizzazione di rilievi topografici e strutturali di estremo dettaglio, e opportune analisi geotecniche, che permetterebbero elaborazioni, anche a ritroso (back-analysis), sulla dinamica di formazione ed evoluzione degli sprofondamenti in 2D e in 3D.