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05/01/2023 06:00:00

Marinella di Selinunte. L’omicidio di Maria Amatuzzo fu premeditato?

30 anni di galera o l’ergastolo? La Procura di Marsala starebbe acquisendo gli elementi necessari per formulare la richiesta di condanna in un processo che, con ogni probabilità, seguirà il rito abbreviato.

E’ la storia del pescatore di Marinella di Selinunte che ha ucciso con almeno 12 coltellate la giovane moglie di 29 anni. Lui si chiama Ernesto Favara, di anni ne ha 63 anni, e la vigilia di Natale ha sfogato la propria furia omicida lasciando Maria Amatuzzo senza vita in una pozza di sangue.

 

Gli accertamenti sui cellulari e sul pc portatile sequestrati subito dopo l’omicidio, serviranno al pm Stefania Tredici a verificare contatti e messaggi significativi, oltre alla valutazione delle numerose testimonianze. Nel caso in cui l’uccisione della donna sia stata premeditata, l’accusa chiederà l’ergastolo.

All’apparenza, la differenza coi 30 anni di reclusione potrebbe sembrare insignificante, vista l’età dell’imputato: si tratterebbe di uscire dal carcere a 93 anni. Ma le cose non stanno proprio così.

Infatti, in abbreviato, la pena viene scontata di un terzo. Vuol dire che una condanna a 30 anni si ridurrebbe a 20, da subito.

In caso di omicidio premeditato, potrebbe non esserci un fine pena. Potrebbe essere ergastolo.

 

L’omicidio premeditato però andrebbe dimostrato. Anche se il racconto del nuovo compagno di Maria, Liborio Cammarata, venisse riscontrato, potrebbe non bastare da solo a configurare la premeditazione.

Come ha riportato il Giornale di Sicilia, nell’articolo di Francesca Capizzi, il nuovo compagno di lei Liborio Cammarata parla di un tranello operato dal Favara, che avrebbe indotto la donna a tornare a casa sua (non vivevano più insieme da una settimana) con la scusa di riprendersi il cappotto che aveva lasciato, lasciandole la porta aperta e facendo intendere che lui non ci sarebbe stato.

Invece era proprio lì ad aspettarla. Cammarata (che è anche vicino di casa) racconta che, insieme a Maria, avevano fatto un giro, accorgendosi che la macchina del marito era posteggiata distante, nei pressi dell’ex stazione ferroviaria. Ecco perché lei sarebbe andata a prendersi il cappotto, mentre Liborio sarebbe tornato nella propria abitazione, molto vicina a quella del Favara. Presso la quale si sarebbe invece precipitato dopo aver udito le urla di lei, trovandosi davanti la scena raccapricciante del brutale omicidio.

 

Se questo racconto fornisce elementi sulla preordinazione del delitto, ovvero su come siano state poste le condizioni necessarie alla sua esecuzione, non dà invece grosse indicazioni su come sia maturato nella mente del Favara il proposito omicida, soprattutto se lo avesse pensato già da qualche giorno.  O se lo avesse confidato a qualche amico, che magari avrà sottovalutato l’intenzione. Ecco perché potrebbero essere fondamentali le testimonianze di coloro che, anche se non hanno assistito direttamente all’omicidio, hanno magari raccolto determinate sue confidenze nel corso del tempo.

 

Le domande sono ancora tante. Soprattutto alla luce del fatto che il Favara, da quello che emerge dal Giornale di Sicilia di ieri, aveva tentato di ucciderla già una volta, cercando di strangolarla con una lenza da pesca. Come dare torto al padre che si chiede perché, dopo quell’episodio così grave, nessuno abbia fatto nulla?

Poi c’è la vicenda delle figlie piccole. Due gemelline che erano state tolte alla coppia e trasferite da circa un anno in una comunità alloggio. Erano incompatibili con un ambiente violento?

Infine, quando i carabinieri sono arrivati, lo hanno trovato “che si aggirava attorno all’abitazione, brandendo l’arma del delitto”. Perché? Che cosa avrebbe voluto fare ancora?

 

In questi casi si scrive che la città è sotto shock. Ma lo shock non ha spento i festeggiamenti natalizi di quella sera e del successivo 25 dicembre. Così come non è riuscito a riempire di selinuntini la chiesa di Marinella durante la messa per Maria voluta dal sindaco. Reazioni tristemente prevedibili, sullo sfondo di una strisciante convinzione del tipo “Lei era straniera (come tutti quelli che non sono nati a Marinella) ed è venuta a rovinare Ernesto”.

A prescindere da come finirà il processo e al di là della crudeltà del maschio verso la femmina, è come se fosse stato riesumato il delitto d’onore. Qualcosa dove l’amore non c’entra nulla, c’entra la paura. Quella di perdere il potere, in un sentimento fondato sul possesso. “Ma il possesso chiede dominio e controllo – scriveva Dacia Maraini – fa parte di una cultura antiquata, prepotente e androcentrica”.

 

Egidio Morici