«Appare quasi incredibile che l’ospedale dove Matteo Messina Denaro si faceva curare vista la sua grave malattia (tumore al colon con metastasi epatiche ndr) fosse a 200 metri dalla sede della DIA, che è l'apparato investigativo per eccellenza, che si cura delle indagini più minuziose nei confronti della mafia».
Per Carmine Mancuso, figlio di Lenin Mancuso, ex senatore e Ispettore di Polizia di Stato in pensione, l’arresto di Matteo Messina Denaro è un successo delle forze dell'ordine, Carabinieri e Polizia di Stato insieme, a dimostrazione, qualora ve ne fosse bisogno, dell’efficienza degli apparati italiani nel contrastare la criminalità organizzata.
Ma la latitanza di 30 anni di Messina Denaro a due passi da casa sua, insieme con le sorprendenti circostanze, fanno ritenere a Carmine Mancuso «che c'è qualcosa che non funziona nello Stato. Ripeto, non negli apparati di Polizia e non nelle attività investigative ma in quello che è la politica. Qualcosa è venuto a mancare per quello che è stato la défaillance, la debolezza, se non connivenza della politica e degli alti vertici istituzionali».
Hanno fatto un regalo a Trapani? Definita in uno sceneggiato "capitale della mafia" è garante di latitanza ma non consegna i boss?
«In effetti non è stato arrestato al mattino nel covo, ma all'ospedale di Palermo. Noi crediamo che effettivamente ci sia stato impegno e sacrificio delle forze dell'ordine, e che sia una vittoria dello Stato, ma queste modalità e queste deficienze dello stato della trattiva, potrebbero eventualmente dare luogo e far pensare che, qualche cosa sempre ancora non funzioni».
Questo arresto può dare una svolta o è da ritenersi simbolico?
«Ha degli aspetti molto problematici e qualche lato che andrebbe ben chiarito. Vista l'intervista piuttosto inquietante di un pentito (Salvatore Baiardo, è il gelataio piemontese che all'inizio degli anni '90 gestì la latitanza dei fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo)».
Delegittima molto ciò che è successo, o no?
«Che ci sia un soggetto che profeticamente possa già due mesi prima dichiarare che Messina Denaro sta male, che tramite trattativa stabilisce che non si andrà a costituire presentandosi in carcere, piuttosto verrà arrestato in quanto lo Stato ha vinto, tutto questo è molto inquietante. Altra cosa che lascia perplessi è l’arresto in un ospedale oncologico frequentato da centinaia di persone, per poi sapere che la sera si va a fare la perquisizione del covo, che capisco essere stato individuato forse prima.
Qui si poteva catturare perché ci sarebbe stato solo lui e il suo autista. Allora perché questa messinscena così clamorosa? e perché invece non avere una maggiore sicurezza nella operazione di polizia operando l'arresto direttamente al covo? O aspettando la mattina, quando usciva quando poteva restare assieme al solo autista, così come è avvenuto? L'altro particolare che lascia piuttosto inquieti, l'autista viene ammanettato mentre Messina Denaro, no. Perché questa differenziazione? Perché questa pratica che non è usuale nella operazione di polizia? Non è l’usuale procedura».
L'arresto di Messina Denaro nella lotta alla mafia è un passo in avanti per debellarla, oppure no?
«Per quello che è la realtà si tratta non del futuro della mafia bensì del passato. Messina Denaro nella sua vita criminale rappresentava la parte ormai superata che faceva riferimento a Totò Riina, a Provenzano alle strategie della tensione, alle stragi dei loro accoliti. Oramai non è più questa la mafia che si profila, non è più la mafia della cupola, non è più la mafia legata al territorio di Corleone o di zone limitrofe, legata a Palermo quando si riteneva capitale della mafia. Ormai la mafia è rappresentata da personaggi che nessuno conosce, che fanno parte del mondo del business, della grande imprenditoria e che sono collegati soprattutto e sostanzialmente a quello che è il filo organico legato alla massoneria».
Che cosa è la massoneria oggi?
«Oggi ne fanno parte personaggi ignoti ai più in Italia e nel mondo che si occupano di business e di spostamento di ingenti capitali. Da parte degli organi interni di contrasto è molto difficile entrare in questa rete, perché bisogna avere grande competenza, grande conoscenza e capacità di penetrazione nei mezzi informatici, che non sono alla portata di chicchessia. Fino a quando però la magistratura e le istituzioni tutte non ci diranno i nomi dei mandanti non degli esecutori di stragi e delitti a partire da Portella della Ginestra, strage del 1 maggio 1947 e di chi realmente tirava nei palazzi del potere la mano armata della mafia per fini politici con l’avallo della massoneria, le vittime non avranno mai giustizia e pace. È oltremodo chiaro che in tutti questi anni forze interne ed esterne hanno usato la mafia come copertura e la matrice apicale è massopolitica».
Anna Restivo