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22/01/2023 06:00:00

Messina Denaro, Carmine Mancuso: "C'è qualcosa che non funziona nello Stato"

 «Appare quasi incredibile che l’ospedale dove Matteo Messina Denaro si faceva curare vista la sua grave malattia (tumore al colon con metastasi epatiche ndr) fosse a 200 metri dalla sede della DIA, che è l'apparato investigativo per eccellenza, che si cura delle indagini più minuziose nei confronti della mafia».

Per Carmine Mancuso, figlio di Lenin Mancuso, ex senatore e Ispettore di Polizia di Stato in pensione, l’arresto di Matteo Messina Denaro è un successo delle forze dell'ordine, Carabinieri e Polizia di Stato insieme, a dimostrazione, qualora ve ne fosse bisogno, dell’efficienza degli apparati italiani nel contrastare la criminalità organizzata.

Ma la latitanza di 30 anni di Messina Denaro a due passi da casa sua, insieme con le sorprendenti circostanze, fanno ritenere a Carmine Mancuso «che c'è qualcosa che non funziona nello Stato. Ripeto, non negli apparati di Polizia e non nelle attività investigative ma in quello che è la politica. Qualcosa è venuto a mancare per quello che è stato la défaillance, la debolezza, se non connivenza della politica e degli alti vertici istituzionali».

Hanno fatto un regalo a Trapani? Definita in uno sceneggiato "capitale della mafia" è garante di latitanza ma non consegna i boss?

«In effetti non è stato arrestato al mattino nel covo, ma all'ospedale di Palermo. Noi crediamo che effettivamente ci sia stato impegno e sacrificio delle forze dell'ordine, e che sia una vittoria dello Stato, ma queste modalità e queste deficienze dello stato della trattiva, potrebbero eventualmente dare luogo e far pensare che, qualche cosa sempre ancora non funzioni».

Questo arresto può dare una svolta o è da ritenersi simbolico?
«Ha degli aspetti molto problematici e qualche lato che andrebbe ben chiarito. Vista l'intervista piuttosto inquietante di un pentito (Salvatore Baiardo, è il gelataio piemontese che all'inizio degli anni '90 gestì la latitanza dei fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo)».

Delegittima molto ciò che è successo, o no?
«Che ci sia un soggetto che profeticamente possa già due mesi prima dichiarare che Messina Denaro sta male, che tramite trattativa stabilisce che non si andrà a costituire presentandosi in carcere, piuttosto verrà arrestato in quanto lo Stato ha vinto, tutto questo è molto inquietante. Altra cosa che lascia perplessi è l’arresto in un ospedale oncologico frequentato da centinaia di persone, per poi sapere che la sera si va a fare la perquisizione del covo, che capisco essere stato individuato forse prima.
Qui si poteva catturare perché ci sarebbe stato solo lui e il suo autista. Allora perché questa messinscena così clamorosa? e perché invece non avere una maggiore sicurezza nella operazione di polizia operando l'arresto direttamente al covo? O aspettando la mattina, quando usciva quando poteva restare assieme al solo autista, così come è avvenuto? L'altro particolare che lascia piuttosto inquieti, l'autista viene ammanettato mentre Messina Denaro, no. Perché questa differenziazione? Perché questa pratica che non è usuale nella operazione di polizia? Non è l’usuale procedura».

L'arresto di Messina Denaro nella lotta alla mafia è un passo in avanti per debellarla, oppure no?
«Per quello che è la realtà si tratta non del futuro della mafia bensì del passato. Messina Denaro nella sua vita criminale rappresentava la parte ormai superata che faceva riferimento a Totò Riina, a Provenzano alle strategie della tensione, alle stragi dei loro accoliti. Oramai non è più questa la mafia che si profila, non è più la mafia della cupola, non è più la mafia legata al territorio di Corleone o di zone limitrofe, legata a Palermo quando si riteneva capitale della mafia. Ormai la mafia è rappresentata da personaggi che nessuno conosce, che fanno parte del mondo del business, della grande imprenditoria e che sono collegati soprattutto e sostanzialmente a quello che è il filo organico legato alla massoneria».

Che cosa è la massoneria oggi?
«Oggi ne fanno parte personaggi ignoti ai più in Italia e nel mondo che si occupano di business e di spostamento di ingenti capitali. Da parte degli organi interni di contrasto è molto difficile entrare in questa rete, perché bisogna avere grande competenza, grande conoscenza e capacità di penetrazione nei mezzi informatici, che non sono alla portata di chicchessia. Fino a quando però la magistratura e le istituzioni tutte non ci diranno i nomi dei mandanti non degli esecutori di stragi e delitti a partire da Portella della Ginestra, strage del 1 maggio 1947 e di chi realmente tirava nei palazzi del potere la mano armata della mafia per fini politici con l’avallo della massoneria, le vittime non avranno mai giustizia e pace. È oltremodo chiaro che in tutti questi anni forze interne ed esterne hanno usato la mafia come copertura e la matrice apicale è massopolitica».

Anna Restivo