Da uno sguardo generale sulla vita della Chiesa e dai comportamenti dei cristiani nella società di oggi, emerge che siamo di fronte a un continuo collasso, come quello che visse la chiesa nel medioevo, ripreso magistralmente da Giotto nel celebre dipinto che evoca il sogno che fece papa Innocenzo III quando si rifiutò di ricevere Francesco d’Assisi che si era presentato a lui per l’approvazione della Regola dei Frati.
Questa implosione capillare che ha cause diverse, interne ed esterne, non può non tener conto di riflessioni che aiutino a capire questa erosione al fine di una presa di coscienza e dare un impulso coerente a una fede che ritorni a essere radicale e convinta. Dopo il riconoscimento che la chiesa è in minoranza, urge impellente il contributo di chi ha a cuore le sorti dell’umanità. Garantire l’elemento spirituale che è nell’uomo e lo sostiene nel dare senso alla vita, dovrà essere prioritario alla sua salvezza.
Nell’esaminare due condotte per l’applicazione della giustizia e della misericordia ci troviamo in ambiti che spesso risultano incomprensibili e, forse, anche contrapposti, da fare entrare in crisi: manca il discernimento. Dopo un’attenta considerazione, pur avendo separatamente significati etimologici diversi, i due valori incontrovertibili devono accompagnare la vita umana e cristiana per essere credibile.
Esiste un modo giuridico per definire la “giustizia” e un altro “biblico”. Ulpiano già nel III secolo d.C. definiva la giustizia «la ferma e costante volontà di dare a ciascuno ciò che gli spetta di diritto»: era un principio del diritto romano. Su questa base la dottrina giuridica ha formulato tre tipi di giustizia: commutativa (tu mi offri un prodotto, io te lo contraccambio in natura o in denaro), distributiva (intervento di ciascuno tenendo conto della capacità contributiva del cittadino, ovvero delle sue possibilità economiche, professionali, umane), retributiva (se uno viene meno a una norma, dovrà pagare la penale della violazione). Il compito di amministrare questa giustizia legale compete al giudice.
Nella Bibbia la parola “giustizia” assume valore diverso nei due Testamenti. Mentre nell’Antico vigeva la ‘legge del taglione’ e la giustizia era amministrata come se fosse commutativa: «Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all'altro» (Lv 24, 19-20), nel Nuovo Testamento viene ribaltata la parola “giustizia” per assumere il significato d’integrità morale, conforme alla volontà di Dio: solo chi si fa “amico di Dio” la può applicare con coerenza. “Giusto” è chi è retto e “giustificazione”, un termine caro a San Paolo, non si attribuisce a chi cerca una discolpa ma a chi fa un percorso di onestà.
La giustizia in senso biblico non esclude quella legale: la presuppone se essa è conforme alla legge naturale, ponendosi a un livello superiore. Se parliamo, infatti, di legge umana, posta dall’autorità statale (legge positiva) deve essere osservata se essa non è contraria alla legge innata e a quella divina, se no entra in conflitto con il buonsenso e diventa ingiusta: siamo di fronte alla fedeltà del credente e alla ”obiezione di coscienza”. Così l’aborto diventa illegale e immorale e non può essere accettato. Tanti sono gli esempi nella storia di uomini e donne che si sono opposte agli ordini umani non conformi. Cristo separa ciò che appartiene a Dio e alla coscienza dell’uomo e ciò che appartiene al potere costituito: «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» (Lc 20, 25), e gli Apostoli risposero al Sinedrio che vietava loro di predicare: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5, 29).
Quando la giustizia conduce a una visione superiore e aiuta l’uomo a percorrere una strada secondo il volere di Dio e della sua legge, essa è misericordiosa, compassionevole. «Lavatevi, purificatevi, basta con i vostri crimini. È ora di smetterla di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, aiutate gli oppressi, proteggete gli orfani e difendete le vedove» (Is 1, 16-17).
La giustizia divina, a differenza di quella umana, non è meritocratica, per questo è scandalosa perché segue una logica che è quella dell’amore come dono.
La misericordia si adegua alla necessità dell’altro, e non al bisogno che io considero valido per lui, per portarlo al livello di parità superiore. Parte dal principio «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Diventa, così, di volta in volta, tolleranza, comprensione, compassione, pietà, generosità, perdono. Giustizia non vuol dire dare a ciascuno in parti uguali ma dare a ognuno quella porzione che lo porti a livello degli altri. Se ad esempio ci troviamo dinanzi tre persone di statura diversa e tutti e tre vogliono guardare attraverso un muro più alto di loro, non serve dare a tutti e tre un supporto uguale che permetta possibilmente al più alto di osservare e agli altri due no, ma dare un sostegno diverso che li porti tutti e tre all’altezza del muro stesso.
Nel coniugare i due valori Enzo Bianchi afferma: «giustizia e misericordia sono virtù che devono essere integrate e anche correlate nei processi inerenti alla vita associata, alla vita della polis. Giustizia e misericordia diventano perciò strutture portanti del tessuto sociale e fattori decisivi per il cammino di umanizzazione, sempre necessario e mai concluso». (Roma, 24 ottobre 2017, al Consiglio superiore della magistratura).
Se giustizia è dare a ciascuno il suo, la misericordia mi dice cosa dare e come darla, rispettando i tempi e la personalità. Non ci sono ambiti particolari di applicazione, tutte le sfere del vivere umano, sociale, politico, religioso, economico, culturale sono buoni.
Tutti gli uomini di buona volontà, i cristiani in particolare, sono invitati a essere coerenti con la loro dignità. Devono vivere in modo che in loro traspaia la presenza di Dio e possano nel giudizio finale (Mt 26) rivendicare la misericordia del Giudice supremo come loro sono stati misericordiosi con gli altri. «Parlate e agite – dice San Giacomo - come persone che devono essere giudicate secondo la legge della libertà, perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà fatto misericordia. La misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio» (Gc 2,12-13). Solo allora «misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno» (Sal 84, 11).
Salvatore Agueci