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19/02/2023 06:00:00

Il tempo dei festival e di fare rete nei territori

Oltre la metà di febbraio, le giornate un po’ più lunghe e la luce aiuta e invita a sollevarmi dal mio stato di bradipo e tornare con più frequenza ad essere animale sociale predisposto al confronto all’ascolto, che non sia sporadico.
Da domenica scorsa che, rotti gli indugi, ho accettato di buon grado occasioni varie e in ordine:“libri in soffitta” una giornalista (l’ideatrice con altre amiche) che in modo informale ospita a casa sua persone che arrivano col passaparola - limite le sedie poi posti in piedi - e si ascolta nella fattispecie una testimone di storia contemporanea (Paola Caridi) parlare e argomentare di medio oriente e della sua lunga esperienza in quei luoghi.

Mercoledì sera - a Officina Pasolini - con Mauro Pescio, in un teatro sentire la sua diretta testimonianza come da una storia di vita passando per un podcast di successo pubblicato su Raiplaysound Io ero il milanese, lui sia arrivato al libro (per i tipi di Mondadori se interessati), affascinante il passaggio di media tra la voce e la carta stampata.

Giovedì momento formativo e ricco di spunti in un’aula dell’Università di Roma Tre: riflessioni attorno alla promozione della lettura digitale, curato da MLOL media library on line.

Va da sé, non serve il meteo a me incline, per partecipare e essere testimone di queste occasioni che poi sono momenti per vivere la socialità con profonda leggerezza e in contesti diversi che siano una casa una teatro un’aula accademica tutto attorno al libro alla lettura: e ciò fa riflettere.
Fa riflettere la partecipazione incredibile in tre condizioni diverse, segno comunque che continua ad essere un modo vivo di esserci e rimanda segnali da cogliere in qualunque forma arrivino (sono quelle belle pieghe, forse di nicchia (?) che i vari rapporti sulla lettura non riescono a scovare).

Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura. (Pier Paolo Pasolini)

A breve in Italia inizieranno i grandi Festival le rassegne, e anche noi in Sicilia faremo la nostra parte, e qualche riflessione credo serva affinché la partecipazione a queste iniziative sia consequenziale ad una abitudine quotidiana come mangiare dormire passeggiare quindi leggere e magari farsi domande: diversamente fatico a comprenderne il senso pieno dello stare dentro questi contesti.

Oggi abbiamo strumenti più che raffinati che ci narrano lo stato dell’arte delle nostre comunità delle nostre biblioteche e di come tutto il sistema interagisca o meno e i numeri difficilmente mentono: il digitale ci è corso in aiuto in un momento drammatico delle nostre vite, e forti di quanto sopportato oggi anche una biblioteca temporaneamente chiusa può offrire strumenti digitali per non disperdere il suo pubblico che resta il suo capitale principale.
Resto convinto e i dati sono dalla mia parte che dove c’è un motore culturale efficiente (Biblioteca) il supporto digitale vola, insieme a tutto il comparto cultura, viceversa si fa fatica e questo sempre a favore o a scapito della Comunità. Si cresce e si cammina in modo solidale, non esiste primus inter pares in questa regione che vede il libro e la lettura per pochi: la base la puoi e la devi far crescere anche e sopratutto con la partecipazione.

Tempo addietro la Treccani mi chiese un pensiero sul senso dei festival in Italia e prima di mettere la penna sul foglio, mi capitò di leggere Goffredo Fofi sul tema

‘sconcerta il connubio italiano del record mondiale di festival e ultimo posto nelle graduatorie internazionali di competenze di alfabetizzazione nel mondo adulto – ci agitiamo in rete, seguiamo le conferenze del guru del momento, e così via, perché le attività culturali hanno il vanto di essere “buone” a priori, ci rassicurano e ci consolano, anziché destare in noi una reattività al presente’.

Sarà che sono ottimista di natura, e credo sempre che dal fondo non abbiamo che risollevarci, però questo chiaro riferimento alla reattività al presente è un fatto. Rispondere ai dati ISTAT (ultimo rapporto su lettura e povertà educativa) è un imperativo: chi opera in questo ambito non può non tenere in considerazione questa componente che mina dalle fondamenta la crescita di un territorio e costruire reti poi è un’arma a doppio taglio: chi vuol restare fuori da questi contesti? Sono esempi rari di vivacità di spirito critico e di confronto fino a quando resti sulla rete, poi però devi scendere sul pianeta terra e allora l’impegno è decisamente diverso e restiamo una comunità in via di estinzione, o quasi.

I Festival sono feste autentiche sui territori, timidamente alla BIT (borsa internazionale del turismo a Milano) i nostri territori hanno iniziato a proporre altri percorsi di invito alla scoperta, e questo è un plauso da riconoscere a chi - e mi ripeto - con timidezza tenta il cambio di passo. Altrove queste forme di scoperta dei luoghi sono codificate da tempo, ovvero il turismo letterario è volano economico vero, poi puoi anche scoprire i prodotti tipici, viceversa la strada è una Cima Coppi.

Da maggio in poi in provincia di Trapani si svilupperà un calendario di appuntamenti - credo tra i più ricchi della Sicilia - con un lavoro improbo di associazioni amministrazioni scuole con risorse però sempre più esigue e far sapere cosa avviene resta una impresa.
Immaginate oltre venti tra Festival Rassegne Iniziative che a vario titolo e tutte con la dignità del lavoro dietro hanno un comune denominatore che facciano RETE vera, traduco il mio pensiero: per iniziare magari una minima condivisione di ciò che avverrà a Marsala a Trapani a Salemi farsi portavoce e fisicamente andare sedersi ed ascoltare. Tradurre questi appuntamenti in numeri di pubblico tali da riempire i luoghi degli incontri, pubblico che poi sciamerà tra i vicoli piazze strade delle nostre città dei nostri borghi alla scoperta di una porta monumentale, o perché no fermarsi dentro un parco archeologico mangiare in una trattoria: contaminare curiosità, perché la scoperta è tale.

Per una volta la creatività dei privati mostra un limite fortissimo ovvero l’essere in tanti e con poche risorse, e prima che i massimi sistemi comprendano appieno che si può e si deve agire solidalmente con la comunicazione combinata in un giusto mix tra la strada e la rete, diamo noi il via con la fantasia (questa è a buon prezzo) , una rete di tanti soggetti a nulla serve se poi non si traduce in partecipazione concreta.

Le Feste riescono quando c’è pubblico, movimento che ne ricrea molto altro, e credo che oggi siamo ad un livello di maturità che possiamo fare un passo diverso per farci amare anche tramite un libro

Giuseppe Prode