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26/02/2023 06:00:00

Coltiviamo cultura 

 Cultura, s. f. [dal lat. cultura, der. di colÄ•re «coltivare», part. pass. cultus; nel sign. 2, per influenza del ted. Kultur]. Treccani, vocabolario on line

Roma, via Giuseppe Pisanelli è oltre Piazza del Popolo (una strada parallela a Via Flaminia) e lì c’è una casa editrice che frequento per ragioni di lavoro. Qualche civico dopo sempre su questa via una lapide che ricorda un uomo, Giacomo Matteotti che il 10 giugno del 1924 uscì di casa e non ci tornò mai più. Roma, come altre città in Italia ha pagato un prezzo altissimo durante il ventennio fascista, con ulteriori recrudescenze quando furono approvate le leggi razziali ( Norme integrative del Regio decreto–legge 17 novembre 1938-XVI, n.1728, sulla difesa della razza italiana, Legge nº 1024 del 13 luglio 1939-XVII Gazzetta ufficiale del 27 luglio 1939) e passeggiare col naso all’insù oltre che istruttivo ha anche una valenza etica e morale.

Trovarsi di fronte ad una delle tante lapidi di perfetti sconosciuti (a noi) che furono poi ritrovati alle Fosse Ardeatine mesi dopo toglie il fiato, per non parlare di quando si entra al Ghetto e fatichi a sostenere lo sguardo di quelle parole scolpite nel marmo. Se hai studiato la storia, quel buco nero non puoi ignorarlo o peggio metterlo come la polvere sotto il tappeto e ci devi fare i conti.

L’arte in questo ci aiuta da anni con le pietre di inciampo e in quei pochi centimetri leggi chi uscii da un portone per destinazione ignota; ci sono portoni a Roma a Milano dove queste sono in numero di sei, sette, e provi a comprendere.

Dopo quegli anni, “la rivoluzione promessa” fu la Costituzione (Calamandrei cit.), e la nostra fu scritta sul sacrificio dei tanti che hanno creduto ad una Italia diversa, libera dal fascismo e aperta alla democrazia e alla Repubblica. Me lo ripeto sempre: se hai studiato e la storia in particolare non puoi essere diverso e lontano da quel corso delle cose che ci portarono a subire una delle pagine più ignobili della nostra Italia: noi e le nuove generazioni in particolare abbiamo l’obbligo di approfondire e ricordare sempre, e quale miglior luogo della Scuola è deputato a questo compito?

Fino a quando qualcuno non mi convincerà del contrario, siamo in democrazia e vige l’alternanza a seguito di libere elezioni, e oggi siamo democraticamente guidati da un governo di destra. Ho altre idee, ma quel 25 settembre 2022 ha sancito un cambio di corso, ma non si può e mi spiace sottolinearlo per la seconda volta da questo giornale che un Ministro di questo governo abbia diciamo calcato la mano al contrario.

Una dirigente scolastica, risponde del suo ufficio alla sua comunità e se una lettera aperta ricorda e lo fa con il garbo e il rigore con cui ci si deve approcciare al tema e agli studenti, quel Ministro non può non condannare quanto accaduto, e andare a senso unico.

Quel pestaggio se fosse stato perpetrato da ragazzi di diverso credo politico, per me non cambiava nulla, la violenza va condannata senza girarci troppo attorno, ma quel gruppo di delinquenti ha una matrice chiara politicamente parlando, la rivendicano loro stessi.

 

La democrazia, per quanto giovane ha pesi e contrappesi forti, che poi il fascismo sia cresciuto nell’indifferenza di molti è un fatto, come è un fatto che a scuola puoi formare una coscienza critica (che non vuol dire di parte) e a tal proposito è di questi giorni un treno della memoria che ha lasciato Trapani alla volta dei campi di sterminio in Polonia: ecco lì qualunque forma di credo, decade di fronte alla Storia.

Primo Levi scrive “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”: è un passo tratto dalla sua ultima opera I sommersi e i salvati per i tipi di Einaudi del 1986. La seduzione del male credo sia pari alla banalità del male ma con l’aggravante oggi che siamo nel 2023 e quanto accaduto non può essere dimenticato.

Con le coscienze in erba non si gioca, la scuola lo sa i professori anche e la professoressa Annalisa Savino dirigente del Liceo di Firenze ha esercitato un suo diritto: ha colto nel segno parlando di indifferenti? Antonio Gramsci è vittima di quella indifferenza, quello che è avvenuto dopo anche peggio. E se non ci aiuta l’arte, la letteratura, la storia, e ci è dato vivere in una Italia dove la Senatrice a vita Liliana Segre (sopravvissuta ad Auschwitz, ricordarlo fa bene) vive scortata da anni per minacce di morte, qualche domanda si impone, o meglio alzare le spalle e fare gli indifferenti?

Povera Patria è un canto di dolore di Franco Battiato

Si può sperare che il mondo torni a quote più normali

Che possa contemplare il cielo e i fiori

Che non si parli più di dittature

Se avremo ancora un po' da vivere

La primavera intanto tarda ad arrivare

 

Credo nelle parole e nelle sue radici, abbiamo la necessità costante e continua di Cultura e di coltivarla, e ci deve essere un tempo per raccogliere poi, non voglio credere che siamo diventati irredimibili.

Pericle nel Discorso agli Ateniesi “Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore”.

La lettera della Dirigente scolastica è interessarsi alle cose dello Stato è un invito a non dimenticare, alla libertà di pensiero, e forse insieme a Primo Levi, Antonio Gramsci anche queste righe potrebbero aiutare la formazione di quel pensiero critico autentico nel 2023, perché la storia non ha un tempo e ricordarlo è utile

giuseppe prode