“Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte … quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando. Ho provato a conviverci e in alcuni momenti ci riuscivo così bene che me ne fregavo, ma dimenticarlo mai” […] “Perché devo sopportare tutti i momenti no? Che pure fregandomene, sono abbastanza stressanti, se anche quando va tutto bene e come dico io, il mio pensiero è sempre là? Non sono una persona che molla, una persona debole, io sono prepotente, voglio cadere sempre in piedi e voglio averla vinta, ma questa volta non posso lottare perché non potrò averla vinta mai, come non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così.”
Questo è l’ultimo lungo straziante post pubblicato da Alice Schembri su Facebook.
La ragazza viene ritrovata morta il 18 maggio 2017: a soli 17 anni si getta dalla Rupe Atenea, il punto più alto della città di Agrigento.
Ciò che spinge Alice a compiere questo tragico gesto è qualcosa di turpe, innaturale, insensato, qualcosa che la priva della sua dignità e spensieratezza, della sua integrità psico-fisica. Qualcosa che agisce lentamente ed erode tutto, come quando si inocula un veleno potentissimo.
È il 2015 quando Alice, a 15 anni, sotto l’effetto di alcool, viene costretta ad avere rapporti sessuali con 4 ragazzi. Uno di loro pare abbia o abbia avuto una relazione sentimentale con la ragazza, e pare essere avvezzo a questo genere di miserie. La ragazza viene filmata e il video propagato in rete.
Poi, nel 2017, il tragico suicidio.
La famiglia presenta un primo esposto contro ignoti per istigazione al suicidio che la Procura di Agrigento archivia, ma le indagini non si fermano e la Procura di Palermo, competente per materia, approda alla scoperta di quei filmati che riprendono la ragazza costretta a fare sesso di gruppo.
Ora le indagini si sono chiuse; l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto propedeutico alla richiesta di rinvio a giudizio, è stato notificato a 2 dei 4 ragazzi che all’epoca dei fatti erano maggiorenni e che adesso hanno 27 anni. Gli altri due ragazzi, adesso di 22 anni, all’epoca dei fatti erano minorenni pertanto è la Procura dei minorenni di Palermo a condurre le indagini nei loro confronti.
Stando all’accusa, i quattro avrebbero abusato delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della quindicenne. Infatti, nei video la giovane Alice pronuncia e ripete frasi inequivocabili del tipo: “Non voglio”, “non posso”, “mi uccido”, “no ti prego” “mi sento male”. Contestate anche le aggravanti di aver realizzato video con una minore di 16 anni e di aver commesso il fatto "in più persone riunite".
Uno sfondo davvero triste nel quale emergono fatti feroci quali la violenza sessuale e la produzione di materiale pedopornografico.
E la vicenda non può che farci riflettere. Sulle gioventù violate, sulle donne abusate, sulle dignità calpestate. Sui contorni fra online e offline che sfumano fino a sovrapporsi, producendo talvolta danni irreparabili. Alice non è la prima ragazza, la prima giovane donna vittima di queste sopraffazioni. Non è neanche la prima a suicidarsi. Alla crudeltà dello stupro di gruppo si aggiunge il torvo piacere di umiliare una persona diffondendo in rete filmati che non si dovrebbe neanche avere il coraggio di fare. E questo può diventare un’emergenza sociale alla quale la comunità tutta è chiamata a rispondere, ciascuno nei propri ambiti e con le proprie competenze.
Vedremo come evolverà la vicenda giudiziaria di Alice. Nel frattempo, a lei come a tutte quelle donne la cui vita è stata spezzata da un abuso, torto troppo grande, va il nostro pensiero. Che il giornalismo faccia la sua parte nell’informare, sensibilizzare, creare consapevolezza.