Con fucili, con mitra, con pistole. Da “semplice” spalla ai killer, o impugnando l’arma.
Matteo Messina Denaro ha partecipato a decine, se non centinaia di omicidi. Già da giovanissimo avrebbe affiancato più esperti killer nell’eliminazione dei nemici di cosa nostra, o degli affiliati infedeli. Si conclude oggi il nostro viaggio nel cimitero di Messina Denaro, nel quale abbiamo voluto raccontare gli omicidi meno noti, e soprattutto quelli nei quali l’ex super latitante è stato esecutore.
NATALE L’ALA
Tentarono di ucciderlo diverse volte, Natale L’Ala, il boss di Campobello di Mazara.
Matteo Messina Denaro, a fine anni 80, nonostante la giovane età aveva partecipato a diversi omicidi, e di altri aveva dato l’ordine. Messina Denaro si vantò di avere ucciso con un kalashnikov Natale L’Ala. La sentenza di morte deriva dai suoi antichi legami con don Tano Badalamenti e con Vincenzo Rimi. Bisognava fare piazza pulita dei vecchi boss.
Il 28 dicembre 1989 il gruppo di fuoco di cui fa parte Messina Denaro tenta di uccidere il boss di Campobello di Mazara. Come 5 anni prima, L’Ala scampa alla morte. Sono le 11.30, il boss di Campobello viaggia con un’auto blindata. Arriva allo Snack Bar di via Selinunte a Castelvetrano. Antonio Patti - collaboratore di giustizia - racconta i fatti: “entro e chiedo un caffè mentre L’Ala guarda sospettoso. Entra pure Leone, con la sua calibro 38. Inizia a sparare, L’Ala si getta dietro un bancone, lo stesso fa il barista. Anche io inizio a sparare ma la pistola si inceppa. Leone si avvicina a L’Ala. Sembra fatta, ma anche la sua arma fa ‘click’. E scappiamo”. In quel tentato omicidio L’Ala viene colpito al sopracciglio, perderà l’occhio e girerà con una benda. Almeno per i successivi cinque mesi
“Nell’obiettivo riesce infine Matteo Messina Denaro. Un giorno si è vantato di averlo ucciso con un kalashnikov”, racconta Antonino Patti.
Il giorno “buono” per fare fuori L’Ala è il 7 maggio 1990. Viene crivellato di colpi alla schiena mentre era in una rivendita di frutta e verdura di via Selinunte, erano le 19 circa. Il boss di Campobello non fa in tempo a scappare. Anche il titolare era rimasto ferito. Gli esami balistici stabiliscono che ad uccidere Natale L’Ala furono due kalashnikov.
Così viene descritto l’agguato nella sentenza del processo Omega. “Quando Raffaele Urso diede la “battuta” ai sicari dicendo di avere visto l’obiettivo vicino a un fruttivendolo il gruppo di fuoco uscì a bordo di una Lancia Prisma Bianca rubata. Matteo Messina Denaro si mise alla guida, Salvatore Madonia sedette al suo fianco e Giovanni Leone nel sedile posteriore. Individuata la vittima prima Madonia e poi Leone spararono con i kalashnikov all’indirizzo di L’Ala che si trovava vicino al fruttivendolo uccidendolo e poi ritornarono a avvisare i complici della riuscita dell’azione. Infine tutti i presenti se ne andarono a bordo delle autovetture, lasciando la Lancia Prisma e le armi a Cinuzzo Urso”.
GASPARE LOMBARDO
Un altro morto per “lupara bianca” è Gaspare Lombardo, presunto mafioso, appartenente alla cosca di Campobello di Mazara, 37 anni, imprenditore. Era stato arrestato e poi rimesso in libertà 15 giorni prima di essere stato ucciso, il 28 luglio 1991. Il pentito Francesco Geraci raccontò che Lombardo sarebbe stato soppresso perchè “si era montato la testa. Di Lombardo inoltre si diceva che avesse una relazione sentimentale con la moglie di Francesco Luppino”.
Lombardo venne ucciso strangolato e poi fatto sparire. E’ stato attirato con uno dei soliti tranelli in un casolare. Mentre era in carcere aveva manifestato l’intenzione di uccidere Cinuzzo Urdo, una volta libero, e per ucciderlo venne tratto in trappola da Bonafede”.
Bonafede convinse Lombardo a seguirlo dicendogli che Urso era nella sua azienda agricola e che lo avrebbero potuto uccidere. Bonafede si allontanò a piedi per andare a prendere Lombardo, mentre gli altri aspettavano nel magazzino.Matteo Messina Denaro aspettava fuori, con il fucile, diceva che conosceva Lombardo e non poteva strangolarlo insieme agli altri. Ma se fosse scappato era pronto a sparargli. Appena Lombardo si affacciò alla porta Bonafede gli diede un colpo di bastone. Gli altri erano dentro. “Se devo morire voglio farlo tra persone buone”, disse Lombardo mentre il commando si preparava a strangolarlo. Accusati di questo omicidio nel processo Omega furono Francesco Geraci, Matteo Messina Denaro, Antonino Nastasi, Alfonso Passanante, Leonardo Bonafede, Giuseppe Clemente, Vincenzo Furnari, Salvatore Gentile. Mandante Francesco Messina Denaro.
NICOLO’ TRIPOLI
Nel cimitero di Matteo Messina Denaro finisce anche Nicolò Tripoli, perchè “forse rubava”. O almeno è questo quello che ricordano i pentiti sui motivi per cui il 40enne trasportatore fu ucciso il 14 gennaio 1993. Tra l’organizzazione degli attentati, e la preparazione alla latitanza, il giorno prima dell’arresto di Totò Riina Matteo Messina Denaro ha il tempo di partecipare all’agguato. Tripoli si trova in auto tra Campobello e Tre Fontane. Era trasportatore di materiale per l’edilizia, e viene accusato di rubare trattori, pale e mezzi.
Vincenzo Sinacori racconta che lui Matteo Messina Denaro e Andrea Gancitano partecipano al delitto. Fermano l’auto in strada. Messina Denaro scende e collocandosi davanti al veicolo spara a Tripoli con un fucile colpendo il parabrezza. Tripoli viene ferito a morte e rimase con il piede sull’acceleratore. L’auto urta la macchina dei killer. Gancitano scende, spara alla vittima. Poi gli tolgono il piede dall’acceleratore e vanno via.
Sono questi soltanto alcuni degli omicidi ai quali ha partecipato attivamente Matteo Messina Denaro. Nel suo cimitero ci sono tante vittime, persone che ha ammazzato con le sue mani. Altre di cui ne ha ordinato la morte. Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo, attendeva un bimbo. Il piccolo Giuseppe Di Matteo è sulla coscienza di Messina Denaro che si attivò per cercare il covo dove nascondere il figlio del mafioso Santino Di Matteo, finito in mezzo ad una guerra di mafia. Nicola Consales, suo rivale in amore. Le vittime delle stragi.
Nel suo cimitero ci sono mafiosi, donne, bambini, persone oneste, semplici passanti. Abbiamo voluto raccontare la storia di alcuni omicidi poco conosciuti, ma che dicono molto sulla efferatezza dell’ex latitante.
(FINE)
1) Mommo u nano e la faida di Partanna
2) Le lupare bianche