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14/04/2023 06:00:00

Corruzione, telefonini, droga, sesso: ecco cosa accade al carcere di Trapani

Un penitenziario molto ambito dalla popolazione carceraria, è così che appare il "Pietro Cerulli" di Trapani alla luce della maxi operazione Alcatraz dei Carabinieri del Comando Provinciale di Trapani e del Nucleo Investigativo Regionale Sicilia della Polizia Penitenziaria, che ieri ha portato all'esecuzuione di 24 ordinanze di custodia, 17 in carcere, 5 agli arresti domiciliari e 2 obblighi di dimora).

L'indagine in tutto coinvolge trenta persone indagate, a vario titolo, per corruzione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, abuso d’ufficio, truffa aggravata, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, omessa denuncia di reato, evasione e accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, nonché ulteriori violazioni del codice dell’Ordinamento Penitenziario.

Un sistema di corruzione ben collaudato, che permetteva di far entrare nel carcere telefonini e droga, usando palloni di calcio, scarpe e perfino dei droni. Un sistema che ha messo in crisi la sicurezza all'interno del carcere come detto dal procuratore di Trapani Gabriele Paci. 

Chi sono i trenta indagati - Sono 30 in totale gli indagati dell'operazione Alcatraz. Queste le persone raggiunte dalle misure cautelari. La custodia cautelare in carcere è stata disposta per: Salvatore Addolorato, nato a Mazara del Vallo nel 1995; Natale Carbè, Avola, '77; Antonio Lo Pinto, Mazara, '95; Carmelo Salanitro, Catania, '87; Margaret Asaro, Vaprio d'Adda, '71; Vito Ingrassetto, Mazara, '74; Alessio Scirè, Mazara, '92; Antonello Sanfilippo, Mazara, '86; Giuseppe Cirrone, Erice, '68; James Burgio, Agrigento, '92; Roberto Santoro, Erice , '87; Gerlando Spampinato, Agrigento, '70;Pietro Mazzara, Erice, '87; Giuseppe Felice Beninati, Erice, '97; Davide Monti, Bari, '90; Nicola Fallarino, Benevento, '84; Nunzio Favet, Palermo, '53. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per: Annarita Taddeo, Benevento , '91: Giuseppe Cangemi, Salemi '80; Roberto Fallarino, Benevento, '91; Vincenzo Piscopo, Benevento, '90; Adriano Leone, Foggia, '86. Obbligo di dimora per Maria Lo Pinto, Mazara, '97 e Graziella Profeta, Palermo, '60. Altre sei persone sono indagate a piede libero. Si tratta di: Damian Aidal, Adrano, '89; Carmelo Bonaventura, Catania '84; Ignazio Cammareri, Erice, '81; Valentina Messina, Erice,'97; Francesco Paolo Patricolo, Palermo, '69; Antonino Urso, Erice, '65.

 

Favori, complicità, omissioni, sesso e biglietti per lo stadio - Alcuni detenuti nel carcere di San Giuliano potevano fare quello che volevano. Gli agenti di polizia penitenziaria alle carceri di Trapani facevano entrare di tutto: droga, telefonini, armi rudimentali, sigarette, profumi. In cambio di denaro o di prestazioni sessuali elargite, in particolare, dalla compagnia di un detenuto. Ma per “comprarli” bastava anche consegnare loro il biglietto per assistere ad una rappresentazione teatrale o alla finale di Coppa Italia tra la Juventus e l'Inter. 

Quattro ex agenti penitenziari coinvolti - Quattro i poliziotti penitenziari, oggi in pensione, che prestavano servizio alla casa di reclusione trapanese, coinvolti nell'operazione denominata Alcatraz. Uno è stato arrestato. Un altro, ritenuto dagli inquirenti il perno dell'attività corruttiva, è deceduto durante le indagini svolte tra il 2018 e il 2022. Altri due sono indagati.  Dalle indagini è anche emerso che gli agenti infedeli presentavano certificazioni per attestare false malattie per poter così svolgere lavori extra, come fare il buttafuori nei locali notturni. 

L'agente corrotto deceduto durante le indagini - Perno della corruzione, all'interno del Pietro Cerulli, era l'ex agente Francesco Paolo Patricolo, deceduto durante le indagini. Originario di Palermo, era accusato di aver introdotto droga e telefonini in cambio di denaro: 500 euro a consegna. Soldi, ma non solo. Perchè in cambio di favori, l'indagato riceveva anche biglietti per il teatro e anche un biglietto per assistere alla finale di Coppa Italia tra la Juventus e l'Inter.

Tra i detenuti un camorrista e un esponente della Sacra Corona Unita - In particolare l'ex poliziotto penitenziario avrebbe fatto avere telefonini cellulari a Nicola Fallarino, originario di Benevento, esponente della camorra e a Davide Monti, di Bari, affiliato alla Sacra Corona Unita. Il camorrista, inoltre, avrebbe ricevuto telefonini cellulari nascosti in un pallone di calcio che Roberto Fallarino avrebbe lanciato all'interno della casa circondariale mentre Vincenzo Piscopo faceva da “palo”. Le telecamere, piazzate dagli investigatori, hanno immortalato la scena. Patricolo, poi, era solito presentare certificazioni per attestare false malattie e dedicarsi così a lavori extra, come quello di buttafuori nei locali notturni.

L'ex comandante non ha denunciato un pestaggio - Non è coinvolto nell'attività corruttiva – droga e telefonini cellulari ai detenuti in cambio di soldi e prestazioni sessuali -, ma a Giuseppe Romano, all'epoca dei fatti comandante delle carceri di Trapani, viene contestato di aver omesso di denunciare il pestaggio subito da un detenuto ad opera di agenti della polizia penitenziaria. L'episodio di violenza avvenne il 16 marzo del 2020.

Sesso in cambio di favori - In carcere è finito l'ex agente ora in pensione, Giuseppe Cirrone che in cambio di favori ad un detenuto avrebbe avuto rapporti sessuali con la compagna del recluso. Favori che consistevano nel consentirgli di fare telefonate e videochiamate al di fuori dei tempi e dei modi previsti dall'ordinamento penitenziario e alla donna con la quale si intratteneva, prometteva di fare avere al compagno ulteriori permessi, millantando di poter intercedere con il magistrato di sorveglianza.
Altro poliziotto “infedele” indagato è Antonino Urso, che avrebbe introdotto in carcere un profumo consegnato ad un detenuto.

Il procuratore Paci - Abbiamo svelato delle falle che possono determinare problemi di sicurezza", lo dice il procuratore di Trapani Gabriele Paci, ai cronisti che lo hanno intervistato subito dopo la conferenza stampa di stamattina al comando provinciale dei Carabinieri di Trapani, riguardo all'operazione Alcatraz che vede indagate trenta persone, 24 delle quali sottoposte a misura cautelare, con l'accusa di aver fatto parte di un sistema che consentiva di far entrare droga e telefonini all'interno del penitenziario Trapanese. "Questa indagine, volutamente complessa, - afferma Paci - è la fotografia di un nervo scoperto che può avere conseguenze gravi". Riguardo alle indagini Paci commenta: "La riforma Cartabia, adesso, ci impone di fare tutto in tempi rapidi. Ma in queste indagini complesse, in cui la notizia di reato è aggiornata quotidianamente, vengono iscritte nuove persone, il filone investigativo non si può spezzettare ... non si può fare tutto nei tempi indicati, e c'è il rischio di dover scoprire le carte prima dei tempi. Se noi volevamo fare in fretta, sequestravamo i telefonini, e finiva lì. Abbiamo invece capito che dietro c'era un vero e proprio sistema, abbiamo dovuto fare indagini complesse e delicate per ricreare dal punto di vista investigativo la filiera del traffico illecito, con approfondimenti lunghi e meticolosi. Il contrario di quello che dispone la legge, che ti dice di fare in fretta e di fare conoscere all'indagato le carte in tempi brevi". "Abbiamo accertato che un soggetto ha cercato di far entrare dei telefonini tirando un pallone all'interno delle mura del carcere di Trapani. E' auspicabile che questo non si ripeta così come è auspicabile che non si ripeta il volo dei droni nelle vicinanze del carcere", conclude Paci. "Stiamo intervenendo con la nuova strumentazione per bloccare questi fenomeni", afferma il comandante del Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria Gaetano Stella, rispondendo alle domande dei giornalisti subito dopo la conferenza stampa relativa all'operazione.

 Tensione davanti al comando provinciale dei Carabinieri - Momenti di tensione davanti al comando provinciale dei carabinieri di Trapani con i parenti degli arrestati nell'operazione Alcatraz che vede trenta persone indagate, 22 in carcere e due con obbligo di dimora. Urla e insulti mentre i militari dell'Arma e agenti della polizia penitenziaria lasciavano la caserma per accompagnare un indagato in carcere. La situazione è, però, subito ritornata alla normalità quando le auto delle forze dell'ordine si sono allontanate. 

Tolleranza in carcere -  Le informazioni raccolte dalla Procura hanno richiesto un'attività approfondita di indagine, per vedere la fondatezza delle voci sul carcere di Trapani, e capire chi c'era alla base del giro di materiale illecito, chi fosse l'agevolatore di queste situazioni: "Il livello della tecnologia oggi è tale che un carcere deve attrezzarsi in modo nuovo, per prevenire il modo in cui opera la criminalità" precisa Paci. A Trapani, invece, dal punto di vista dell'organizzazione, la situazione al carcere è sotto gli standard. Intere parti del muro di cinta non sono controllate, ad esempio. E l'atteggiamento interno è di tolleranza, se non cameratesco, "senza esercitare il potere di disciplina sui detenuti". A questo si aggiungono episodi corruttivi, "che rendono la situazione pericolosa, se non esplosiva. Ed è quello che abbiamo accertato nelle indagini".

Il pallone e i droni - Gli episodi accertati sono tanti. C'era il caso ad esempio di un soggetto che doveva inviare i telefonini, grandi come una moneta da un euro, con un pallone da calcio, sapendo quale parte del muro di cinta del carcere non era vigilato. Il tutto con molta tranquillità. La consegna è stata ripresa dalle telecamere, ma quelle piazzate dalla Procura durante le indagini, non quelle di sorveglianza. "Nel carcere di Trapani tutti sanno che c'è una zona che non è vigilata, e c'è un signore che con tutta calma si può avvicinare al carcere, e ci prova e ci riprova ad inviare il pallone fin quando non ci riesce". Oltre ai micro - telefonini, comunque, dentro il carcere di Trapani giravano anche smartphone, connessi alla rete. C'erano anche delle persone che, all'interno del carcere, chiamavano i parenti per fare delle "chiamate di gruppo". Sono stati anche ripresi droni che a lungo sorvolavano il carcere di Trapani per consegnare telefonini.