Abbiamo raccontato nei giorni scorsi su Tp24 della famosa casa abusiva ma sanata dei coniugi Gentile-Bonafede in località Tre Fontane … e la vicenda si arricchisce giorno dopo giorno di particolari.
Nel 2008, infatti, mentre il comune era retto dall’allora Sindaco Ciro Caravà, fu inviata una commissione d'accesso per accertare l’eventuale presenza di condizionamenti mafiosi all’interno del Comune.
Ne facevano parte rappresentanti delle forze dell’ordine (un viceprefetto, rappresentanti dei Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia di stato) che per circa un anno scandagliarono da cima a fondo appalti, sanatorie, atti amministrativi, dipendenti e parentele, e arrivarono a questa conclusione: “Gli elementi acquisiti nel corso dell'accesso in ordine ad eventuali ipotesi di reato saranno riferiti agli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze dell'ordine, componenti di questa commissione, con apposite informative, alla competente autorità giudiziaria”.
Come tutti i misteri che avvolgono la latitanza di MMD, anche la chiusura nei cassetti del Ministero dell’interno di questa relazione rimane un mistero. Lo scioglimento per mafia del Comune è arrivato infatti solo tre anni dopo nel 2012.
Nel 2009 gli ispettori, a proposito della richiesta di sanatoria dell’immobile della famiglia Gentile-Bonafede, rilevarono una serie di "stranezze". Nel 1998, infatti, il Comune aveva rigettato il condono edilizio chiesto da Salvatore Gentile, in quanto lui aveva dichiarato che l'immobile risaliva al 1984, mentre nelle aerofotogrammetrie del 1987 non ce n'era traccia. Alcuni anni dopo, però, la moglie Laura Bonafede sottoscriveva una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà "PRIVA DI DATA E DI PROTOCOLLO DI INGRESSO", con la quale dichiarava che il fabbricato, oggetto della domanda di sanatoria, era stato costruito nell’anno 1990 e non nel 1984, come "erroneamente" dichiarato da suo marito Salvatore Gentile. Sembrerebbe, quindi, che all’interno del Comune di Campobello la maestra Laura Bonafede avesse la facoltà di far entrare atti amministrativi privi di dati e senza passare dall’ufficio protocollo.
E le stranezze e le coincidenze aumentano allorquando si evince che la domanda di sanatoria era stata presentata da Salvatore Gentile in base al condono edilizio del 1994. Ebbene in base all'articolo 39 di tale legge "la sanatoria degli abusi edilizi posti in essere da soggetti indagati per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale o per i reati di riciclaggio di denaro, o da terzi per loro conto, e' sospesa fino all'esito del procedimento penale ed e' esclusa in caso di condanna definitiva". Ben si comprende, dunque, che la sanatoria, al di là dell'anno di costruzione dell'immobile, non poteva essere concessa in ogni caso a Salvatore Gentile, condannato per mafia all'ergastolo a causa di due omicidi ordinati proprio da Matteo Messina Denaro. L'ostacolo è stato però superato nel momento in cui a vent'anni dalla morte del padre di Salvatore Gentile, nel 2004 veniva letto davanti ad un notaio un testamento olografo, in cui "il terreno con le addizioni ed i miglioramenti su di esso esistenti" veniva lasciato non al figlio Salvatore, come da lui dichiarato in precedenza, ma ... alla nipote Martina Gentile. Ecco che allora il comune nel 2006 revocava l'ordinanza di demolizione dell'immobile "senza alcuna istruttoria", a detta degli ispettori. E nel 2018 rilasciava la concessione in sanatoria, grazie anche ai documenti integrati dalla stessa Martina Gentile nel corso del suo tirocinio presso lo studio dell'architetto Stefano Tramonte, diventato due anni dopo assessore comunale ai lavori pubblici.