Dal giorno di San Francesco, 4 ottobre 2022, al 29 maggio 2023, è durata tanto l’indagine da parte dei carabinieri di Trapani che ha portato all’arresto dei giovani genitori del piccolo Francesco Alberto, abbandonato all'interno di un sacchetto di plastica nelle campagne di Paceco.
La svolta nei giorni scorsi con il fermo di un 19enne e di una ragazza di 16, entrambi residenti nella zona del centro storico di Trapani. Il maggiorenne è stato rinchiuso al Pietro Cerulli. La minore, invece, è stata trasferita in un penitenziario per minorenni a Roma. I provvedimenti cautelari sono stati emessi dai gip della procura presso il Tribunale di Trapani e per i Minorenni di Palermo.
La storia di Francesco Alberto ha commosso tutta l’Italia. Al bambino venne dato il nome di San Francesco, giorno del ritrovamento e Alberto, nome del carabiniere Alberto Marino che fu il primo a prenderlo in braccio e a portarlo in ospedale, subito dopo il ritrovamento avvenuto in un terreno in contrada Sciarrotta a Paceco. A ritrovare il piccolo, avvolto in una coperta, erano stati i proprietari di un terreno poco distante dal luogo dell’abbandono, attratti dai vagiti del bimbo.
La gara di solidarietà - Subito dopo il ritrovamento tutta l'Italia si è stretta al piccolo. In tanti, in quei giorni di ottobre hanno fatto richiesta di affido. Tantissime le telefonate giunte al Sant’Antonio Abate, dove il bimbo era ricoverato, da parte soprattutto di donne che hanno donato pannolini e vestitini.
Il carabiniere che lo ha preso in braccio - "In 16 anni di servizio mai mi era successa una cosa del genere. Un'emozione indescrivibile. Spero che viva circondato da tutto l’amore che merita. E mi auguro che faccia il carabiniere. Ha la forza d’animo e il coraggio che servono", le parole del carabiniere Alberto Marino che lo prese in braccio.
Le indagini - Da quel momento del ritrovamento i militari dell’arma coordinati dalle competenti autorità giudiziarie, hanno dedicato ogni energia per risalire agli autori dell’abbandono e del tentato omicidio. L’indagine da parte dei miliari dell’Arma si è sviluppata grazie alla visione di ore e ore di immagini dei sistemi di video sorveglianza. Sono stati ascoltati i residenti della zona, i proprietari dei veicoli transitati nell'area in cui è stato ritrovato il bambino, sono stati svolti accertamenti presso gli ospedali, pronto soccorso, consultori provinciali, medici di base, guardie mediche, nonché presso gli istituti scolastici della provincia per acquisire ogni possibile elemento utile alle indagini. Il lavoro degli inquirenti ha consentito così di stringere il cerchio attorno ai due genitori. In particolare, le attenzioni si sono concentrate inizialmente su una minore che già da diversi giorni prima della nascita e dell’abbandono del bimbo non frequentava le lezioni ed è stato possibile raccogliere gravi elementi indiziari a suo carico. I medici del Sant'Antonio Abate hanno trovato, inoltre, anche tracce di cannabis nel sangue del piccolo. I medici hanno riscontrato elementi che raccontano di una mamma che faceva uso di sostanze stupefacenti.
Consaspevoli dell'abbandono - Secondo la ricostruzione degli investigatori, la ragazza avrebbe organizzato l'abbandono del piccolo appena nato insieme al giovane fidanzato. In particolare, i due, dopo aver nascosto a familiari e amici la gravidanza, avrebbero deciso insieme di liberarsi del neonato. La notte del parto lo avrebbero così abbandonato in un terreno, con la piena consapevolezza, secondo quanto ricostruito dai magistrati, “di esporre il loro figlio non soltanto ad astratti ed eventuali pericoli conseguenti al suo stato di incapacità di difesa, bensì al rischio di una morte pressoché certa, evitata per fattori del tutto indipendenti dalla loro volontà”. Alla luce del grave quadro indiziario, su disposizione delle competenti autorità giudiziarie, i due sono stati quindi arrestati con l’accusa di tentato omicidio.
L’esame DNA - La certezza che il bambino fosse il figlio della sedicenne si è avuta dall’esame del DNA svolto dai Carabinieri del RIS di Messina che ha dato esito positivo. Quello estratto dalla placenta e quello acquisito dai campioni biologici della giovane erano perfettamente sovrapponibili, con una probabilità che i Carabinieri del RIS definiscono “di un milione di miliardi rispetto l’opzione contraria”.