Chiesto il rinvio a giudizio per il comandante egiziano della nave mercantile “Lady Farida” che sversò un ingente quantitativo di idrocarburi nelle acque del porto di Trapani.
A condurre le indagini i militari della Guardia costiera, coordinati dalla Procura del capoluogo. I fatti risalgono al maggio del 2022, quando alla sala operativa della Capitaneria veniva segnalato la presenza di gasolio all'interno delle darsene e dei pontili galleggianti.
Nel mare dello scalo, in pratica, si era venuta a creare una chiazza di 350 metri che aveva intaccato navi ed infrastrutture portuali, recando danni a numerose imbarcazioni. E come se non bastasse c'era anche il rischio che le sostanze inquinanti potessero raggiungere il Canale di mezzo e di conseguenza la Riserva naturale delle saline di Trapani e Paceco.
Veniva così dichiarato lo stato di emergenza locale e venivano subito avviate le procedure operative previste dal Piano antinquinamento per proteggere le vicine vasche di salina produttiva e l'area protetta prospiciente.
Furono necessari numerosi e costosi interventi di aspirazione con mezzi specializzati del Consorzio Castalia, oltre al posizionamento di numerose barriere meccaniche di contenimento. Vennero aspirati 3.000 litri di fuel oil. La tempestività delle operazioni permise di evitare conseguenze molto gravi per l'ecosistema protetto.
Le ipotesi investigative della Guardia costiera, supportate da accertamenti tecnici ed ispettivi, attribuirono tutte le responsabilità al comandante della nave. Ora la Procura chiede il rinvio a giudizio.