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13/07/2023 06:00:00

Sicilia, una "mancia" da 100mila euro a deputato. Ecco perché 

 

La politica siciliana in fermento: ostacoli per il "collegato bis" alla Finanziaria e l'Ars in una situazione precaria. Dopo tre tentativi falliti la settimana scorsa a Sala d'Ercole,  il disegno di legge con le disposizioni modificate dal primo "collegato" torna in aula. Tuttavia, manca ancora un accordo tra i partiti riguardo all'abbondanza di emendamenti proposti, e il governatore Renato Schifani ha convocato un vertice di maggioranza cercando di placare le tensioni interne alla coalizione.

Al centro dei negoziati c'è un plafond di 100.000 euro offerto a ciascuno dei settanta deputati per finanziare emendamenti a favore delle rispettive aree. A tessere questa tela sono il vicepresidente della Regione, Luca Sammartino, recentemente delegato dal governatore Schifani per i rapporti con il Parlamento regionale, e l'assessore all'Economia Marco Falcone.

Tuttavia, le risorse sono limitate: oltre a una ventina di disposizioni ordinarie che non comportano spese, per il nuovo provvedimento sono disponibili al massimo 7-8 milioni di euro. Un'ammontare esiguo per soddisfare le voglie di tutti. Dall'opposizione si levano proteste: "Non siamo disposti a questa mercificazione", tuona Nuccio Di Paola, vicepresidente dell'Assemblea e coordinatore regionale del Movimento 5 Stelle. "Non è possibile che le trattative siano condotte da rappresentanti del governo. Gli emendamenti devono passare attraverso la commissione Bilancio o essere discussi in aula, non dietro le quinte".

Il rischio è che il "collegato bis" si trasformi in un grande contenitore di favori elettorali. "In nessun caso il presidente Schifani permetterà ciò. Dobbiamo arrivare a un testo con una visione di sviluppo per la Sicilia", afferma un alto esponente del governo.

Per ricompattare la coalizione, Schifani ha convocato un vertice a Palazzo d'Orleans, con i capigruppo all'Ars e i segretari dei partiti. Tra le questioni irrisolte c'è lo scontro tra la Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro e il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, che cercano appoggi a livello nazionale in vista delle prossime elezioni europee.

Dopo il "no" del leader della Lega Matteo Salvini a un'alleanza con Cuffaro, appoggiata dall'assessore leghista Sammartino, la Democrazia Cristiana cerca di consolidare un'alleanza con il governatore di Forza Italia, Renato Schifani. Questa alleanza si è rafforzata con le recenti nomine nei sottogoverni, in particolare nel settore della sanità. Nell'area della Democrazia Cristiana gravitano, ad esempio, il nuovo commissario del Policlinico di Palermo Maurizio Montalbano, il direttore del dipartimento regionale Attività sanitarie dell'assessorato alla Salute Salvatore Requirez, il commissario dell'ASP di Ragusa Fabrizio Russo e il presidente della fondazione Giglio di Cefalù, Giovanni Albano (fratello dell'assessora cuffariana Nuccia Albano).

Il flirt tra Schifani e Cuffaro sta creando malumori tra gli autonomisti e i sostenitori del movimento politico di  Meloni, che si sentono sempre più isolati. Tuttavia, anche all'interno di Forza Italia, in piena crisi di identità dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, diversi importanti esponenti sono sospettosi delle manovre dei cuffariani. Tra i punti cruciali del vertice ci sarà anche la riforma che reintroduce gli organi elettivi nelle ex Province, ancora bloccata in attesa dell'abrogazione della legge Delrio. Mentre nel centrodestra già si combatte per la spartizione delle candidature alle presidenze provinciali, la Corte Costituzionale ha ordinato di indire immediatamente le elezioni di secondo livello nei Liberi Consorzi e nelle Città Metropolitane. Nonostante ciò, la Regione ha deciso di pubblicare la legge, appena approvata dall'Ars, che proroga i commissari straordinari per un anno.

Lo Stato è pronto a impugnare la legge appena approvata dall'Ars che proroga di un altro anno i commissari straordinari. 

Come abbiamo raccontato su Tp24, il 6 luglio scorso, la Corte Costituzionale ha messo in mora la Regione per la mancata indizione delle elezioni indirette negli enti intermedi, come previsto dalla legge regionale che ha recepito la legge Delrio. Secondo tale norma, il Consiglio e il presidente dei Liberi Consorzi (che hanno sostituito le ex Province) devono essere eletti dai sindaci e dai consiglieri comunali. Per le Città metropolitane, invece, il sindaco del Comune capoluogo è di diritto anche sindaco metropolitano. Tuttavia, il governo regionale, sia con Crocetta che con Musumeci, ha sempre nominato commissari straordinari. Questo ha portato alla pronuncia dei giudici costituzionali, che mette la Regione di fronte a una scelta: elezioni immediate o modifica della normativa.

Finora, il governo ha procrastinato. Sabato è stata promulgata una legge votata dall'Ars che proroga i commissariamenti e rimanda di un anno le elezioni indirette. "Se il governo nazionale impugnerà la norma, ci vorrà un anno prima che la Corte Costituzionale si pronunci nuovamente. Nel frattempo, noi avremo approvato la riforma che riporta in vita le vecchie Province con elezioni dirette da parte dei cittadini", ha dichiarato Schifani in un'intervista al Giornale di Sicilia.