La corte d’assise d’appello di Caltanissetta ha confermato la condanna all’ergastolo del boss Matteo Messina Denaro, accusato di essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Il collegio, presieduto dal giudice Maria Carmela Giannazzo, ha accolto la richiesta avanzata dai procuratori generali Antonino Patti, Fabiola Furnari e Gaetano Bono. Il padrino, difeso dall’avvocato d’ufficio Adriana Vella, ha rinunciato a collegarsi dal carcere in cui è detenuto per ascoltare il dispositivo.
Il primo summit per decidere la stagione delle stragi si tenne nella sua Castelvetrano, alla fine del 1991. E poi Totò Riina lo mandò a Roma per provare ad uccidere lì Giovanni Falcone. Matteo Messina Denaro è stato al centro della strategia di morte varata da Cosa nostra, ma fino a tre anni fa era stato condannato solo per le bombe del 1993. Matteo Messina Denaro è stato dunque uno dei mandanti, dei pensatori, di quelle stragi. La sentenza è stata emessa proprio il giorno in cui si celebra il 31esimo anniversario della Strage di via d'Amelio.
Messina Denaro, tra l'altro, ha inviato alla sua legale d'ufficio, l'avvocata Adriana Vella, un telegramma per complimentarsi per l'arringa tenuta davanti alla corte d'assise d'appello di Caltanissetta.
Vella era subentrata al primo legale d'ufficio nominato dopo la rinuncia del difensore di fiducia del padrino, Lorenza Guttadauro che, per motivi organizzativi, aveva scelto di non assistere il boss.
Nel telegramma Messina Denaro ha chiesto alla Vella la disponibilità ad avere un colloquio telefonico che poi non si è svolto.
La comunicazione inviata dal capomafia si chiudeva con "Buona vita - Del poco che so mi è piaciuta la sua arringa".
Messina Denaro non ha mai partecipato alle udienze in video-collegamento.