Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
09/08/2023 06:00:00

Mazara, il naufragio dei misteri: 19 morti. La storia del "Massimo Garau" / 1

E’ la sera del 16 febbraio 1987, un moderno e tecnologico peschereccio atlantico, adibito alla “pesca oceanica”, il “Massimo Garau” dell'armatore mazarese Giuseppe Quinci (conosciuto come Pino Mazara) e appartenente alla più grande marineria d’Italia, quella di Mazara del Vallo, scompare nel nulla e affonda nel mar Mediterraneo, nel tratto di mare tra Capo Bon e l’isola di Pantelleria mentre navigava verso Dakar in Senegal, senza lanciare un SOS e senza chiedere aiuto.

Sono 19 i membri dell’equipaggio rimasti uccisi nella tragedia, quattro italiani e quindici africani, regolarmente imbarcati da diversi anni per la società armatrice mazarese proprietaria del peschereccio.

Da oggi raccontiamo su TP24 quella che è la storia di una grande tragedia per i familiari delle vittime e l’intera comunità mazarese e lo facciamo seguendo quanto scritto nel libro “Massimo Garau – la vera storia del Naufragio”, scritto da Gaspare Bilardello. L’autore, mazarese, imprenditore nel settore della pesca, narra la storia del peschereccio e del suo equipaggio, che per cause apparentemente misteriose cola a picco senza lasciare traccia. Tra tante ipotesi fantasiose e sospetti, l’imbarcazione viene ritrovata ad ottantatre metri di profondità tra Tunisi e Pantelleria, e solo dopo dieci anni è stata recuperata e portata in superficie. Intorno alla vicenda del “Massimo Garau”, come per tanti altri misteri della storia d’Italia, c’è l’ombra del depistaggio. E tra mezze verità e menzogne anche nel caso dell’affondamento del Garau ci si scopre in un Paese in cui è impossibile la soluzione dei casi quando sono coinvolti apparati dello Stato.

Mazara del Vallo, la città del pesce – Non si può non iniziare a parlare della storia del Garau se non dalla città e dei suoi pescatori che hanno fatto la storia della pesca in Italia e nel Mondo. Mazara è da sempre la “capitale” della pesca in Italia con il primo porto peschereccio con centinaia di imbarcazioni che da oltre mezzo secolo navigano nel Mediterraneo, anche se oggi a causa di una delle più gravi crisi del comparto mai registrate, la flotta della marineria si è ridotta a poco meno di cento imbarcazioni. La pesca di diverse specie pregiate da parte della grande tradizione dei pescatori mazaresi, ritenuti, i migliori al mondo, ha fatto conoscere Mazara del Valo con il nome di città del pesce. L’economia prevalente della città, che oggi conta cinquantaduemila abitanti, si basa proprio sulla pesca, che è tradizione e cultura di un popolo fiero delle proprie origini marinare. A Mazara non vi è famiglia che non abbia un parente che lavori nel settore o nell’indotto che crea la pesca. Cantieristica navale e stabilimenti di trasformazione del pescato sono la conseguenza dello sviluppo della pesca, anche se oggi risentono molto della crisi a livello globale che ha ridimensionato il settore.

L’inizio dell’avventura della pesca fuori dal Mediterraneo, la "pesca oceanica" – Oltre alla pesca nei banchi del Mediterraneo, i marinai mazaresi, nel tempo, si sono spinti oltre, uscendo dallo stretto di Gibilterra e scendendo più a Sud lungo le coste africane, navigando in Oceano Atlantico cercando nuovi areali e inaugurando, di fatto, l’epopea della pesca atlantica, agli inizi degli anni ’60. Per la verità, la prima marineria ad esplorare le zone di pesca nel West Africa fu quella di San Benedetto del Tronto, che agli inizi degli anni ’50, con i propri motopesca, fece da apripista ad altre marinerie tra le quali anche quella di Mazara del Vallo, “colonizzando” i principali paesi dell’Africa Occidentale come la Mauritania, il Senegal, la Guinea Bissau, la Sierra Leone, il Ghana, la Nigeria, l’Angola e la Namibia. Questi furono i Paesi dove, per anni, la presenza di motopescherecci di altura sambenedettesi – e in seguito quelli mazaresi – fu massiccia e permise ad armatori e marinai oltre che di guadagnare molto bene, di essere orgogliosi d’aver portato in alto i nomi delle rispettive città di provenienza.

Il Massimo Garau – La storia del peschereccio affondato nel 1987 s’intreccia con le due città italiane più importanti nel settore della pesca, San Benedetto del Tronto e Mazara del Vallo. Lo sfortunato motopesca, insieme agli altri natanti appartenenti alla stessa compagnia di pesca mazarese, in quel momento storico, costituiva una tra le più importanti flotte di pesca oceanica in Europa. Il Garau, fu protagonista assoluto nei mari del West Africa. Svolse la sua breve operatività tra le coste del Senegal e della Sierra Leone nel periodo che va dal 1984, anno in cui fu acquistato, fino al 1987, anno in cui fu inghiottito dalle acque del Canale di Sicilia mentre si accingeva a fare ritorno in Africa. Il suo naufragio, tra i più drammatici della storia della pesca italiana, è certamente il più grave avvenuto in Sicilia, dove a morire furono valorosi uomini di mare.

Continua...