Un rapporto datato nel tempo, quello tra Paolo Ruggirello e la mafia.
L’ex politico si relazionava con gli esponenti di cosa nostra di diverse aree della provincia: Trapani, Castellammare, Vita, Castelvetrano, Campobello di Mazara, Mazara del Vallo. Un politico a disposizione, era Paolo Ruggirello secondo quanto viene scritto nella sentenza di primo grado, un “referente” dentro le istituzioni per cosa nostra.
Emerge dalle motivazioni della sentenza del processo Scrigno che ha visto l’ex deputato regionale condannato in primo grado a 12 anni di reclusione. Ci sono contatti con i mafiosi trapanesi lunghi 20 anni, le amicizie pericolose utilizzate anche per risolvere problemi personali, gli accordi per recuperare voti nel Belice. Un’attività politica, quella di Ruggirello, che per tutti questi anni si è basata su clientele e accordi illeciti.
Vediamo in breve i principali fatti che hanno fatto condannare l'ex politico trapanese.
CONTATTI GIà DAL 2001
Fin dal 2001 Paolo Ruggirello ha avuto rapporti con diversi esponenti di spicco della consorteria mafiosa. Era l’anno in cui all’uomo d’onore di Paceco Filippo Coppola era stato chiesto di reperire voti in favore di Ruggirello in occasione delle elezioni amministrative ad Erice.
LA XVII LEGISLATURA
C’è un momento, un periodo, in cui Ruggirello fa registrare quello che il giudice definisce “cambio di passo” nel rapporto con Cosa nostra che vede, appunto, aggravarsi la compromissione del politico che stringe un patto con esponenti mafiosi. E’ la XXII Legislatura, tra gli anni—-- e precisamente quando Ruggirello forma un suo movimento politico, Articolo 4, che nel territorio inizia a fare campagna acquisti, a raccogliere adesioni. Ci sono gli ambienti mafiosi dell’area di Castelvetrano che forniscono “compattamente” a Ruggirello “pieno sostegno per la sua elezione a deputato per quella legislatura” e la consorteria mafiosa aveva offerto “il proprio convinto sostegno al neonato movimento” di cui Ruggirello era leader in provincia. Un sostegno ricambiato dall’ex deputato regionale a “favorire l’ingresso nelle istituzioni di soggetti indicati dalla consorteria criminale ed assai vicini ad essa”.
LE PRESSIONI A CASTELVETRANO
Ruggirello avrebbe fatto pressioni all’allora sindaco di Castelvetrano, Felice Errante, per fare un rimpasto di giunta che avrebbe garantito a Lillo Giambalvo l’ingresso in consiglio comunale. Per i giudici si tratta di una “controprestazione” all’accordo politico-mafioso tra l’ex deputato regionale e la consorteria mafiosa. Lillo Giambalvo, infatti, nonostante l’assoluzione per mafia, è ritenuto “un soggetto assai vicino alla consorteria mafiosa castelvetranese” oltre che per i trascorsi giudiziari anche per essere il nipote di Vincenzo La Cascia. Ruggirello, infatti, per il tramite di Giambalvo era “ben consapevole di relazionarsi con l’autorevole mafioso La Cascia”.
IL RAPPORTO CON CARMELO SALERNO
Un amico particolare, nel corso di tutti questi anni, Ruggirello l’ha trovato in Carmelo Salerno, pacecoto, legato alla mafia trapanese ma con rapporti anche con le cosche di Campobello e Castelvetrano. Salerno ha un “ruolo rilevante” a proposito degli accordi politici che Ruggirello stringe a Campobello e Trapani. “Salerno ha svolto la funzione di collegamento tra il politico e diverse figure apicali della consorteria mafiosa. Salerno aiuta Ruggirello in diverse questioni, dal reperimento dei voti alle vicende personali. Come quando il politico chiede a Salerno di far ragionare tale Pietro Cafarelli, l’ex marito dell’allora compagna del politico, “anche al fine di evitare che la propria relazione extraconiugale” diventasse di pubblico dominio” e creasse un danno di immagine al deputato regionale.
LE ELEZIONI A CAMPOBELLO
Ruggirello lo troviamo attivo anche a Campobello di Mazara, per le elezioni amministrative del 2014, primo test elettorale per Articolo 4. In questo contesto emerge la figura di Filippo Sammartano, “pericoloso pregiudicato mafioso” e “convintissimo sostenitore” di Ruggirello e del suo progetto politico e in grado di far convergere il sostegno politico al sindaco Giuseppe Castiglione e a comporre le liste dei candidati. Secondo il giudice, insomma, il rapporto tra Ruggirello e il mafioso Sammartano era così stretto da organizzare insieme le candidature a Campobello di Mazara. Ruggirello era consapevole della caratura criminale di Sammartano e per “accreditarsi” faceva il nome di Carmelo Salerno. Tant’è che la sera delle elezioni Salerno e Sammartano, alla presenza del politico, commentavano l’ottima prova elettorale di Articolo 4.
I giudici scrivono che sulla vita politico-istituzionale dei comuni di Castelvetrano e Campobello di Mazara, il sostegno elettorale “accordato a Paolo Ruggirello ha visto la messa a disposizione in favore della consorteria del movimento Articolo 4, strumento tecnico idoneo a consentire l’ingresso nelle istituzioni di soggetti graditi alla consorteria mafiosa e ad incrementare la possibilità di Cosa nostra di influenzare la vita democratica locale”.
LE ELEZIONI 2017 e 2018
Ruggirello si ricandida all’Ars nel 2017, con il Partito Democratico in cui converge il suo movimento Articolo 4. E si candida con “il consenso mafioso trapanese”. In queste elezioni c’è proprio la compravendita di voti. Ruggirello avrebbe promesso alla famiglia mafiosa trapanese soldi in cambio di un pacchetto di voti. Il canale di collegamento, ancora una volta, era Carmelo Salerno. Ruggirello però non rispetta in pieno la promessa, ma nonostante questo il capomafia Pietro Virga ha assicurato a Ruggirello un pacchetto di 600 preferenze.
Ruggirello si candida anche alle elezioni politiche del 2018, sostenuto da Salvatore Crimi, capomafia di Vita.
POLITICA CLIENTELARE
Per il giudice Ruggirello ha avuto una “concezione personalistica e clientelare della politica”. Il politico esercita “il proprio potere sulla base di favoritismi e scambi con scopi lontani dal bene comune e dall’interesse della società civile ma coincidenti con gli interessi privati di soggetti a vario titolo vicini alla consorteria”. Per i giudici però Ruggirello non è organico a Cosa nostra, ma c’è un concorso esterno. La prova è lo scambio soldi per voti che era stato promesso. I “favori” fatti dal politico erano considerati per gli esponenti mafiosi una garanzia per il rafforzamento del potere di Cosa nostra nel territorio.