Sono stati ascoltati, in Corte d’assise, a Trapani, i primi tre testi citati dal pm nel processo per l’omicidio del 60enne pregiudicato marsalese Antonino Titone, detto “u baruni”.
Sul pretorio sono saliti alcuni vicini di casa della vittima, un uomo e due donne. L’uomo (Roberto Bellissimo) sarebbe stato il primo ad intervenire dopo l’omicidio. E’ entrato a casa del Titone scavalcando il cancello dopo essere stato avvertito da una familiare e ha trovato il corpo.
Le due donne, che abitano di fronte al luogo del delitto, non hanno visto invece il cadavere. Una ha detto di avere sentito persone che si disperavano per strada e l’altra di avere visto di spalle due giovani che si allontanavano.
Nella stessa udienza, i giudici hanno dato incarico ad un perito fonico di trascrivere le intercettazioni effettuate dagli investigatori. Il 4 dicembre dovrebbero essere ascoltati altri due vicini di casa, che potrebbero avere visto o udito qualcosa.
Antonino Titone è stato ucciso a colpi di “piede di porco” all’interno della sua abitazione di via Nicolò Fabrizi, nella zona di “Porticella”. Per il delitto, consumato nella tarda mattinata del 26 settembre 2022, alla sbarra degli imputati ci sono Giovanni Parrinello, di 42 anni, anche lui pregiudicato, e la compagna Lara Scandaliato, di 30, difesi rispettivamente dagli avvocati Nicola Gaudino e Salvatore Fratelli. Pm è il sostituto procuratore di Marsala Marina Filingeri, mentre legale di parte civile è l’avvocato Vito Daniele Cimiotta, che assiste una sorella della vittima. I due imputati sono accusati anche di rapina, perché dopo l’omicidio si sono impossessati del portafogli del Titone, dal quale il Parrinello, arrestato alcune ore dopo dai carabinieri, vantava un credito. Pare, sia stata questa la causa scatenante del delitto. Fu la Scandaliato, lo stesso giorno dell’omicidio, interrogata dai carabinieri, ad accusare il compagno e a far ritrovare l’arma: un piccolo piede di porco con cui fu fracassato, con 27 colpi, il cranio al Titone. Secondo gli investigatori, alla base del fatto di sangue ci sarebbe stato, molto probabilmente, un vecchio debito non saldato della vittima per una fornitura di stupefacenti. Subito dopo i fatti, in caserma, la donna aveva raccontato di aver aspettato fuori, mentre il compagno colpiva a morte il Titone. Lo scorso 10 giugno, però, anche la donna è finita in carcere. Gli investigatori, infatti, hanno scoperto che la donna non era fuori dall’abitazione del Titone, ma sarebbe stata dentro con Parrinello e avrebbe partecipato al delitto.