I giudici del Tribunale del Riesame di Palermo hanno depositato le motivazioni che hanno stabilito l’annullamento della misura cautelare degli arresti domiciliari scattata il 24 gennaio nei confronti del deputato trapanese del PD Dario Safina, rimasto coinvolto nell'inchiesta sulla corruzione alla "Trapani Servizi" per la quale è stato accusato di turbativa d'asta, corruzione e rivelazione di notizie d'ufficio. I giudici di Palermo sgonfiano, dunque, l'inchiesta che già poco tempo dopo appariva debole se non un "flop".
Il commentro di Safina - "Come già ben evidente nel dispositivo, i Giudici palermitani hanno annullato nel merito la misura limitativa della libertà personale emessa dal GIP di Trapani, riconoscendo l’insussistenza di tutte le ipotesi di reato e la correttezza dell’operato del sottoscritto sia come uomo che come amministratore pubblico - afferma Dario Safina -. Sono bastate 26 pagine di motivazione per fare chiarezza sul mio legittimo agire, delineare i profili giuridici del Project Financing e l’inesistenza di fatti di reati. 26 pagine di motivazione che non basteranno però a cancellare la sofferenza dei miei familiari e dei miei genitori - continua il deputato - che mi hanno educato alla legalità è solo una triste vicenda e che, incredibilmente, mi vede ancora (e da oltre 3 anni) indagato. Tre anni nel corso dei quali è stata scandagliata in lungo e in largo la mia vita pubblica e soprattutto privata alla ricerca di un reato che i Giudici del riesame dicono non esistere". "Le motivazioni depositate dal Tribunale del Riesame di Palermo, a chi vorrà leggerle senza occhi faziosi, sgombrano il campo dalle pesanti ombre calate in queste settimane sulla mia persona e sul mio operato. I Giudici hanno letto nelle carte delle indagini il mio rispetto per le normative ed escluso qualsivoglia tornaconto personale. Non ho rivelato segreti d’ufficio continua - Safina - non ho turbato alcuna asta, né tanto meno sono stato né sarò mai un politico corrotto. Sarebbe, forse, bastato poco per evitare tanto clamore e tanto dolore ai miei cari, sarebbe bastato agli inquirenti interrogarmi. Di certo non mi sarei, come non mi sono, sottratto dal rispondere e dal chiarire ogni singolo passo della mia attività amministrativa. Gli organi inquirenti hanno preferito invece perseguire altre e ben più lunghe, costose ed irte strade che, per quanto è stato acclarato dal Tribunale del Riesame, non portavano ad alcun reato. L’amarezza per tale operato non fa venire meno, tuttavia, la mia fiducia nella magistratura. Ho sempre detto che tra un’indagine fatta e una non fatta, meglio una fatta. E’ evidente che mi riferivo alle indagini fatte bene e senza nessun pregiudizio di sorta”.
L'avvio dell'inchiesta alla Trapani Servizi - - L'inchiesta che ha portato agli arresti a Trapani è nata nel settembre del 2020, dopo l’incendio in un impianto di raccolta dei rifiuti della Trapani Servizi spa. La natura dolosa del rogo spinse i carabinieri a disporre una serie di intercettazioni a carico dell’amministratore unico della società comunale che gestisce i rifiuti, Carlo Guarnotta e di alcuni dipendenti della municipalizzata che lavoravano all’impianto.
Il concorso truccato - L’inchiesta avrebbe accertato, tra l’altro, che per favorire la nomina di Guarnotta a direttore generale dopo la sua decadenza dalla carica per l’insediamento del nuovo consiglio di amministrazione, sarebbe stato predisposto un concorso truccato. Per aiutare Guarnotta l’avviso per la selezione del direttore sarebbe stato fatto da Bellofiore su misura, attraverso l’inserimento di una serie di requisiti che solo il concorrente favorito aveva. Il bando dunque, che prevedeva ad esempio che il direttore avesse lavorato almeno per tre anni come dirigente di imprese pubbliche o partecipate con almeno 110 dipendenti (la Trapani e Servizi ne aveva allora 126) era congegnato in modo tale che solo Guarnotta avrebbe potuto vincere. Al piano avrebbe partecipato anche l’allora direttore amministrativo Ullo.
Gli altri indagati - Sono indagati, dalla Procura di Trapani per le ipotesi di turbativa d’asta, corruzione e rivelazione di notizie d’ufficio. Safina si sarebbe accordato con un imprenditore di Messina, Christian Valerio, manager di una importante società operante nel settore della pubblica illuminazione, per la gara di manutenzione dell'impianto. Il divieto di dimora nei comuni di Trapani ed Erice è stato imposto ai direttori generale e amministrativo della “Trapani Servizi” Carlo Maria Baldassare Guarnotta e Giuseppe Ullo. Si sarebbero messi d’accordo per turbare i due concorsi del 2020 e 2021 per scegliere il direttore generale. Tra i requisiti richiesti ne sarebbero stati inseriti alcuni affinché venisse selezionato Baldassare. Una volta nominato avrebbero adottato atti contrari ai doveri d’ufficio per la scelta di un collaboratore esterno e direttore tecnico della società.
Revoca domiciliari e dell'obbligo di dimora - Il 5 febbraio a Dario Safina, dopo che erano stati revocati i domiciliari è stato revocato l'obbligo di dimora ed è dunque tornato all'Ars. Come in tanti avevano previsto è stato accolto il ricorso dei suoi legali al Tribunale del Riesame. Safina rimane indagato nell'inchiesta su corruzione e turbativa d' asta per fatti che, secondo la tesi accusatoria della Procura di Trapani, avrebbe commesso quando ricopriva la carica di assessore comunale ai Lavori pubblici. Già dopo l'interrogatorio di garanzia il Gip aveva sostituito gli arresti domiciliari con l'obbligo di dimora. Anche quest'ultimo provvedimento, però, è stato annullato.