Spunta anche il nome di Giuseppe Rocky Fontana, nelle carte del maxi-blitz di cui abbiamo scritto ieri. Precisiamo che l’ex pugile, amico di gioventù di Matteo Messina Denaro, da tempo autodefinitosi “prigioniero di stato” per i suoi 19 anni in carcere, in questa recentissima operazione contro mafia e corruzione che ha visto 11 arresti tra Trapani, Palermo, Como e Rimini non risulta essere nemmeno indagato.
Ma di lui parla Salvatore Angelo, 75enne imprenditore di Salemi e fedelissimo di Messina Denaro, tra quelli finiti ieri agli arresti domiciliari, dopo essere uscito dal carcere nel 2019 in seguito ad una condanna per mafia. Angelo, che avrebbe infatti fatto parte della famiglia mafiosa di Salemi per il controllo dell’eolico, del fotovoltaico e delle biomasse, nel 2020, prospetta al figlio Andrea (anch’egli arrestato nel blitz di ieri) l’intenzione di chiedere a Giuseppe Fontana “l’autorizzazione ad investire su un terreno di 190 ettari”.
Andrea Angelo al padre rispondeva così: “Non puoi mettere troppa carne sul fuoco! Parlagli di una cosa… no minchia già gli parli di quello, quello non li fare confondere i cristiani, una cosa sola devi dirgli! E lui già mentre ti dà la risposta: ‘vediamo se ci posso parlare o non ci posso parlare!’ Lui già ti può dare la risposta…”.
Praticamente Fontana avrebbe dovuto ottenere l’avallo di qualcun altro sull’affare che, in quel momento, stava a cuore a Salvatore Angelo e al figlio Andrea. I quali, sottolineano gli inquirenti, sapevano bene come Rocky rappresentasse un “anello di collegamento da utilizzare per trasmettere la richiesta alla persona cui spettava l’ultima parola” e “con la quale gli Angelo non erano in condizione di interloquire direttamente”.
Gli inquirenti scrivono che “pur non essendo stato possibile accertare quale fosse l’’affare’ di cui Salvatore Angelo abbia discusso con Giuseppe Fontana, pare di tutta evidenza che ‘Peppe Rocky’ sia stato interpellato per avere risposta di altri ‘cristiani’ collocati più in alto nella scala gerarchica dell’associazione mafiosa”.
Non è la prima volta che Fontana riceve richieste. Sempre nel 2020 il marsalese Piero di Natale, poi condannato a 16 anni in primo grado come presunto mafioso e fiancheggiatore di Cosa nostra, aveva chiesto secondo gli investigatori, l’intervento di Rocky per l’acquisizione di un albergo di Selinunte, nell’ambito del controllo di un’asta giudiziaria. Giusto per non pestare i piedi a nessuno.
A volte però è stato bypassato, come quando l’ex consigliere comunale Lillo Giambalvo (per capirci, quello che si sarebbe “fatto trent’anni di galera per nascondere Messina Denaro” anche se il boss faceva la vita tranquilla a Campobello di Mazara), intercettato, raccontava ad un suo amico che si sarebbe aperto un ristorante dentro al Parco Archeologico di Selinunte, grazie al potente deputato regionale Paolo Ruggirello. Giambalvo lasciava intendere di avere amicizie ad un livello superiore e di non avere quindi bisogno di Fontana come intermediario: “Ma io con Peppe neanche ci parlo, non ho niente da dirgli a Peppe. Io ho chiesto sempre il permesso alla virgola a li ‘cristiani’ (persone influenti mafiose ndr) e io ti dico a te che già io prima di dire si all’onorevole, abbiamo parlato qua al paese, parlato al paese e mi ha detto vai!! Basta! Punto!”.