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15/05/2024 06:00:00

Il caso Iuventa/3. La controinchiesta, i giornalisti intercettati, gli infiltrati che sussurravano a Salvini

 La nave Iuventa viene sequestrata il 2 agosto 2017 al porto di Lampedusa, su un indagine avviata dalla procura di Trapani. Indagine che però presenta molti punti oscuri. Sotto inchiesta finiscono 21 persone, membri dell’equipaggio della Iuventa, e attivisti di tre Ong. La procura di Trapani sostiene che siano collusi con i trafficanti di esseri umani, cioè che anzichè salvare vite in mare ci sia un accordo con gli scafisti per portare le imbarcazioni cariche di migranti in acque italiane.

Si scoprirà, invece, che non solo non è vero, non ci sono stati accordi tra ong e trafficanti, ma che dietro all’inchiesta della procura di Trapani ci sono molti aspetti “controversi”, per usare un eufemismo. Ex poliziotti che informano politici, intercettazioni a tappeto e rese pubbliche a persone non indagate, giornalisti e avvocati, e prove inesistenti. Un’indagine, insomma, che più che individuare eventuali reati sembra alimentare la propaganda anti immigrazione. (Leggi qui la prima puntata dell'inchiesta. Qui la seconda)

 

Gli infiltrati

Tutto è iniziato nel settembre 2016 con un'email. Pietro Gallo, ex poliziotto romano, scriveva ai servizi segreti italiani. Era a bordo della VOS Hestia, una nave di soccorso di 200 piedi, alla fine di una missione di pattugliamento nelle acque internazionali al largo della Libia. Insieme a lui c'erano due colleghi, anche loro ex poliziotti: Floriana Ballestra e Lucio Montanino. I tre lavoravano come guardie di sicurezza per l'organizzazione benefica internazionale Save the Children, che gestiva la VOS Hestia, e stavano scrivendo per denunciare un presunto crimine.
Gallo aveva trovato un indirizzo email generico per i servizi segreti dopo pochi minuti di ricerca su Google. I tre hanno spiegato di aver assistito ad attività sospette da parte di ONG umanitarie che operavano vicino alla costa libica. Avevano provato a contattare la polizia nel porto di Trapani, ma credevano che non stessero agendo perché la faccenda era troppo grande.
Trovano un pretesto per parlare con gli investigatori di Trapani.


Ballestra e Montanino litigano a bordo. La donna denuncia l'accaduto alla polizia di Trapani, usando l'episodio come pretesto per rivelare alcune cose. Ballestra e Gallo raccontano di aver notato la Iuventa navigare troppo vicino alle coste libiche e consegnano alla polizia una copia della loro email ai servizi segreti.
L'email viene inoltrata a un procuratore di Trapani che coinvolge la direzione antimafia italiana, Europol, Frontex e l'operazione Sophia.
Gallo suggerisce alla polizia di inviare un agente sotto copertura a bordo della VOS Hestia, cosa che avverrà tramite il suo datore di lavoro, IMI Security Services.

Le informazioni a Salvini
Dietro al caso Ong, si scoprirà qualche anno dopo, c’è un ex poliziotto che aveva intenzione di tornare a vestire la divisa. Pietro Gallo dopo qualche anno dirà: “mi vergogno profondamente”. Di cosa? Di aver passato informazioni false ai politici e agli investigatori alimentando quella macchina del sospetto nei confronti di chi, invece, salvava le vite in mare. Per diverso tempo Gallo passa informazioni alla Lega, in una intervista al Fatto Quotidiano disse che “sapevamo che le denunce, dal versante politico, portassero a una regolamentazione del ruolo delle ong nel Mediterraneo, non alla loro sparizione dai soccorsi”.


Gallo avrebbe effettuato per conto dell'allora eurodeputato e attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini delle fughe di notizie in cui avrebbe sottolineato che la Iuventa avrebbe collaborato alla tratta delle persone. Accusa che ha ritrattato nel maggio 2019, affermando in tribunale di “ non aver mai visto la ONG lavorare con i trafficanti ”.

 

 

 

 

I giornalisti intercettati
Nel corso delle indagini vennero intercettati molti giornalisti che non erano indagati ma si occupavano spesso di immigrazione. Oltre ai giornalisti erano stati intercettati anche degli avvocati in conversazioni confidenziali con i propri assistiti. Furono episodi molto controversi, visto che la sorveglianza telefonica di persone non indagate dovrebbe essere fatta solo in casi rari ed eccezionali. Inoltre i rapporti confidenziali dei giornalisti con le loro fonti sono protetti dalla legge. Le conversazioni finirono nelle 30 mila pagine degli atti delle indagini. Intercettazioni che finirono anche nelle mani di politici che le usarono per fare propaganda contro le Ong.

Nell’inchiesta di The Intercept, realizzata da un gruppo di giornalisti, viene spiegata così la vicenda delle intercettazioni.

 

 “Le autorità hanno utilizzato intercettazioni telefoniche, microfoni nascosti e un poliziotto sotto copertura, che ascoltava le conversazioni protette dal segreto professionale dell’avvocato-cliente e le chiamate dei giornalisti con le fonti.
La polizia ha ingaggiato la società italiana RCS Lab per hackerare a distanza i telefoni di due dipendenti di Medici Senza Frontiere.
I pubblici ministeri si sono affidati a speculazioni selvagge sulle guardie di sicurezza a bordo delle navi per giustificare una rete di sorveglianza sempre più ampia”.

Una delle giornaliste intercentate, ad esempio, è Nancy Porsia: "Non solo hanno ascoltato le mie conversazioni con amici e familiari, ma anche le mie telefonate confidenziali con le fonti. Il giornalismo libero è essenziale per la democrazia; è molto grave che abbiano avuto accesso alle mie conversazioni con le fonti” ha detto a The intercept.
La notizia delle intercettazioni a tappeto suscitò la condanna internazionale.
Il clima tra il 2017 e il 2018 era ormai incandescente. Nel 2018 si votava per le elezioni politiche e la destra di Salvini stava spingendo molto sui temi anti ong.
La Iuventa rimaneva sequestrata nel porto di Trapani. Ci vorranno 4 anni e mezzo, al tribunale di Trapani, per annunciare, nel marzo 2021, le accuse. Cominciò poi un procedimento farsa, costato oltre 3 milioni di euro e nel quale erano emerse tutte le accuse false.


-CONTINUA -