I mari della Sicilia ospitano una nuova minaccia per la biodiversità e le attività umane: il vermocane, o verme del fuoco (Hermodice carunculata). Questi organismi, noti per la loro voracità e la vivace colorazione, stanno diventando una presenza sempre più invasiva, complici le ondate di calore estive degli ultimi anni che hanno favorito la loro moltiplicazione.
I vermocani, lunghi mediamente tra i 20 e i 30 centimetri, possono raggiungere anche il metro di lunghezza. Sono dotati di setole che rilasciano tossine urticanti capaci di provocare edemi, pruriti e persino febbri. "Le loro punture possono essere particolarmente dolorose, soprattutto in aree della pelle più sottili, causando un dolore intenso e duraturo", spiega Roberto Simonini dell'Università di Modena e Reggio Emilia, che ha studiato le sostanze tossiche prodotte da questi vermi.
L'aumento della loro popolazione non solo preoccupa i biologi per gli impatti sulla fauna marina autoctona, come i coralli, ma anche i pescatori, che si trovano a dover fronteggiare le reti invase da questi predatori. Carmelo Salmeri, un pescatore locale, testimonia: "Venti anni fa era raro vedere un vermocane, ma ora è diventata una presenza costante. Di notte si nutrono del pesce catturato nelle reti, lasciando al mattino solo gli scheletri."
Originariamente più diffusi nel canale di Suez, i cambiamenti climatici e il riscaldamento delle acque del Mediterraneo hanno spinto i vermocani a estendere il loro habitat. Oggi, la loro presenza è talmente significativa che l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) ha avviato una campagna informativa, in collaborazione con le università di Modena e Reggio Emilia, Catania e Messina, l'Ispra e l'Area Marina Protetta di Capo Milazzo, per sensibilizzare la popolazione e i turisti sull'insidia rappresentata da questi organismi.