Da uomo delle istituzioni che ha combattuto la mafia ad indagato per favoreggiamento alla mafia. Oggi Gioacchino Natoli, ex pm del pool antimafia, ex presidente del Tribunale di Marsala ed ex presidente della Corte d'Appello di Palermo, comparirà davanti ai magistrati della Procura di Caltanissetta.
L'ex magistrato, già membro del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) e protagonista delle indagini antimafia accanto a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dovrà rispondere alle gravi accuse mosse nei suoi confronti. La Procura, guidata da Salvatore De Luca, lo ha iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento alla mafia e calunnia, in relazione a vicende risalenti agli anni '90 e collegate all'inchiesta "Mafia-appalti".
Chi è Gioacchino Natoli - Nato a Patti il 20 maggio 1947, è una figura di spicco nella storia della magistratura italiana. La sua carriera è stata segnata da un impegno costante nella lotta contro la mafia, contribuendo a importanti inchieste e processi che hanno scosso profondamente le fondamenta della criminalità organizzata in Italia. Dopo la laurea con lode in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Palermo nel 1969, Natoli entra in magistratura nel 1978. Diventa giudice istruttore al tribunale di Trapani e, nel 1983, si trasferisce a Palermo su richiesta di Rocco Chinnici, pochi giorni prima dell'assassinio di quest'ultimo. In quel contesto, Natoli entra nel celebre pool antimafia dell'ufficio istruzione, guidato da Antonino Caponnetto, affiancando figure storiche come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nel corso della sua carriera, Natoli ha avuto un ruolo centrale in alcuni dei processi più significativi degli anni '80 e '90. Si è occupato dell'istruttoria del Maxiprocesso di Palermo. Tra le sue indagini più rilevanti si annoverano quelle su Totò Riina, sull'omicidio di Pio La Torre e quello del Presidente della Regione Piesanti Mattarella. Natoli si è occupato dell'inchiesta "Pizza Connection", a New York in collaborazione con l'FBI, mettendo in luce i legami tra mafia siciliana e americana e vedendo tra gli imputati Gaetano Badalamenti. Nel 1991, Natoli entra nella procura di Palermo e diventa un componente della Direzione distrettuale antimafia (DDA). Tra i numerosi casi che ha seguito, spiccano il processo all'eurodeputato Salvo Lima e quello al senatore Giulio Andreotti, entrambi indagati per i loro presunti legami con la mafia. Natoli resta nella procura fino al 1998, anno in cui viene eletto componente togato del Consiglio superiore della magistratura (CSM), incarico che mantiene fino al 2002. Durante questo periodo, ricopre anche il ruolo di vice Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Nel 2005, Natoli viene nominato presidente del tribunale del riesame di Palermo, e nel giugno 2011, diventa presidente del tribunale di Marsala. Nel 2015 è presidente della Corte d'appello di Palermo. L'anno seguente, nel giugno 2016, Natoli viene chiamato dal ministro Andrea Orlando a dirigere il dipartimento organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia, incarico che svolge fino alla sua quiescenza il 31 dicembre 2017. Il 30 maggio 2018, il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, lo nomina commissario straordinario della Camera di commercio di Caltanissetta, dopo l'arresto del suo presidente Antonello Montante.
Le accuse della Procura - La Procura di Caltanissetta contesta a Natoli di aver insabbiato un'indagine avviata dalla Procura di Massa Carrara, confluita successivamente nel procedimento "Mafia-appalti" di Palermo. Secondo gli inquirenti, Natoli avrebbe agito per favorire esponenti mafiosi come l'imprenditore palermitano Antonino Bonura. In particolare, gli viene contestato di aver chiesto ed ottenuto la smagnetizzazione delle intercettazioni e la distruzione dei brogliacci relativi ai fratelli Nino e Salvatore Buscemi, imprenditori mafiosi legati a Totò Riina e divenuti soci del gruppo Ferruzzi di Raul Gardini. Natoli avrebbe nascosto elementi dell'inchiesta a Massa Carrara nell'ambito della quale gli inquirenti avevano intercettato diversi imprenditori per dimostrare che gli affari di Cosa nostra si muovevano in Sicilia, ma anche in Toscana. Secondo l'accusa Natoli avrebbe agito in concorso, con l'ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco (deceduto) e con l'allora comandante della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Lo scorso anno su ordine della procura di Caltanissetta le bobine dell'indagine di Massa Carrara - che inizialmente si era detto che erano state distrutte - sono state portate nella sede del Ros di Roma e qui è iniziato l'ascolto di tutte le conversazioni. Un anno dopo l'avvio delle operazioni i primi indagati della procura nissena.
La difesa di Natoli - Natoli, in precedenti dichiarazioni alla Commissione parlamentare antimafia, ha respinto con forza tutte le accuse, definendole "clamorosamente destituite di fondamento". Ha spiegato che la smagnetizzazione delle bobine era una prassi della Procura, richiesta dal ministero per motivi economici, e che in realtà quei nastri non furono mai distrutti, ma rimasero sempre in archivio. "Se avessi voluto proteggere i Buscemi mi sarei quantomeno assicurato che la smagnetizzazione fosse portata a termine", ha sottolineato l'ex pm.
Le accuse di calunnia - Oltre alle accuse di favoreggiamento alla mafia, la Procura di Caltanissetta contesta a Natoli il reato di calunnia. Secondo i pm, Natoli avrebbe affermato falsamente che la locuzione manoscritta "e la distruzione dei brogliacci", vergata sul provvedimento di smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni, fosse stata apposta dopo il deposito dell'atto presso la segreteria del Centro Intercettazioni Telefoniche (CIT). In questo modo, avrebbe incolpato il responsabile amministrativo del CIT, pur sapendolo innocente, del reato di falso materiale.
Un’indagine apparente - Secondo la Procura, Natoli avrebbe condotto un'indagine "apparente" nei confronti di Buscemi e Bonura, richiedendo autorizzazioni per intercettazioni telefoniche per un brevissimo lasso temporale e solo per una parte delle utenze da sottoporre a captazione. Inoltre, avrebbe disposto, d'intesa con l'ufficiale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, dalle quali emergevano notizie di reato. La Procura accusa Natoli di non aver avviato alcuna indagine nei confronti degli imprenditori Luciano Laghi e Claudio Scarafia, nonostante fossero risultati a disposizione di Bonura e dei suoi familiari. Alla fine, avrebbe richiesto l'archiviazione del procedimento senza effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale concernente le indagini effettuate dalla Procura di Massa Carrara.
Il collegamento con "Mafia e appalti" - Le accuse di favoreggiamento alla mafia nei confronti di Natoli si intrecciano con l'indagine "Mafia e appalti", considerata un possibile movente della strage di via D'Amelio. Secondo la Procura di Caltanissetta, Natoli avrebbe favorito gli interessi di Cosa Nostra nel settore dell'aggiudicazione degli appalti, un'operazione gestita unitamente al mondo imprenditoriale e politico. Tuttavia, l'indagine archiviata da Natoli nel 1992 riguardava le infiltrazioni mafiose nelle cave di marmo toscane, mentre il fascicolo "Mafia e appalti" del Ros dei Carabinieri, che ha sempre suscitato polemiche, si occupava degli appalti in Sicilia.
Il gruppo Ferruzzi e gli appalti in Sicilia - L'indagine di Caltanissetta conferma quanto sostenuto dall'avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino: dietro le stragi del 1992-93, Cosa nostra voleva impedire inchieste sul monopolio degli appalti. Il fascicolo, trasmesso alla Procura di Palermo nel 1991 da Augusto Lama, riguardava i presunti rapporti tra la mafia siciliana e il gruppo Ferruzzi, proprietario della Sam-Imeg a Carrara. Il caso fu archiviato nel giugno 1992 dopo la strage di Capaci e le intercettazioni furono cancellate. A Carrara, Antonino Buscemi aveva preso il controllo delle cave, gestite da Girolamo Cimino e Rosario Spera. Il dossier "mafia appalti", redatto dal Ros del generale Mario Mori e archiviato dopo la strage di via D’Amelio, evidenziava i legami tra diverse aziende, tra cui la Calcestruzzi Spa di Raul Gardini, e i corleonesi di Totò Riina. Borsellino confermò il coinvolgimento di questa impresa durante l'interrogatorio del pentito Leonardo Messina nel luglio 1992. Il gruppo Ferruzzi, comprato e trasformato da Raul Gardini, era il secondo gruppo industriale privato italiano. I rapporti tra Ferruzzi e la mafia furono descritti nella richiesta di archiviazione del 2003 dal procuratore di Caltanissetta Francesco Messineo. Gardini, guidato dal socio Lorenzo Panzavolta, avrebbe intrattenuto rapporti con i fratelli Buscemi, legati a Riina, per ottenere appalti pubblici in Sicilia.