Il Tribunale di Palermo ha revocato, dopo 13 anni, la confisca definitiva del patrimonio dell’imprenditore Antonino Giordano. La sezione misure di prevenzione, presieduta dalla dottoressa Gabriella Di Marco, ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Baldassare Lauria, ritenendo venute meno le condizioni legali che avevano giustificato il provvedimento.
Antonino Giordano, originario di Misilmeri, era stato arrestato nel 2000 con l’accusa di associazione mafiosa e condannato nel 2002 a cinque anni di reclusione. Le indagini avevano portato alla confisca del suo patrimonio, stimato in diverse decine di milioni di euro, con l’accusa di aver partecipato, insieme a noti esponenti mafiosi come Angelo Bonanno, alla manipolazione degli appalti pubblici in provincia di Palermo attraverso intimidazioni e controllo delle gare.
Tuttavia, nel marzo 2023, la Corte d'Appello di Caltanissetta ha accolto la richiesta di revisione del processo e ha assolto Giordano con la motivazione "per non aver commesso il fatto". Si è infatti evidenziato un errore nell’identificazione dell’imprenditore in alcune intercettazioni telefoniche, che avevano erroneamente portato alla sua condanna. A seguito di questa assoluzione, il Tribunale di Palermo ha deciso di revocare la confisca, ritenendo che, caduta l'accusa di pericolosità sociale, non sussistessero più i presupposti per mantenere il provvedimento.
La decisione rappresenta una novità rilevante nel panorama giuridico. Storicamente, infatti, l'assoluzione per partecipazione a reati mafiosi non interferiva con i provvedimenti di prevenzione come la confisca. L'avvocato Lauria ha spiegato che, fino a questo caso, la giurisprudenza aveva mantenuto una netta separazione tra l’appartenenza mafiosa, che giustificava la confisca, e la partecipazione all’associazione mafiosa, che rappresenta invece il reato previsto dall'articolo 416 bis del codice penale.
Un esempio emblematico è quello dei fratelli Cavallotti, per i quali la Corte d'Appello di Palermo aveva respinto una simile richiesta di revoca, nonostante l’assoluzione. Il caso Cavallotti è ora sotto esame della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha sollevato dubbi sulla conformità del sistema italiano ai principi di legalità.
"Questa decisione sembra riflettere proprio i principi che hanno motivato il ricorso dei Cavallotti", ha dichiarato Lauria, evidenziando che nel caso di Giordano, la semplice vicinanza a determinati ambienti non poteva essere sufficiente a giustificare la confisca.
Ora, Lauria annuncia che verranno intraprese azioni legali per ottenere il risarcimento dei danni economici e morali subiti da Giordano, che ha perso il suo patrimonio e subito un grave danno alla sua reputazione.