Chi è stato in vacanza in Sicilia occidentale quest’estate avrà probabilmente notato qualcosa di piacevolmente diverso, tra i residenti. La solita accoglienza siciliana, certo, ma con un’aria più rilassata, una maggiore predisposizione all’ascolto, meno stress, nonostante il caldo e la siccità. Quale sarà stato il motivo di tutto questo relax? Semplice. Hanno abolito i treni.
È il paradosso della Sicilia di provincia, l’equazione che vede inversamente proporzionale la felicità degli abitanti al passaggio e alla percorrenza dei treni. Meno treni ci sono, più gli indigeni sono contenti. E viceversa. Perché, a forza di farli funzionare male, a forza di lasciare la rete obsoleta, a forza di costruire tutta una narrazione di ritardi, di carrozze ferme sotto il sole senza aria condizionata, di binari contorti per il gran caldo, di frane che bloccano le linee per anni, i siciliani all’idea che si può vivere senza treno ci sono abituati. È il primo consiglio che si dà a chi viene in vacanza nell’isola, d’altronde: posti bellissimi, eh, però, occhio, che senza auto non vai da nessuna parte.
Ma c’è una piaga che i siciliani, tutti, subiscono. E non è la mafia, né il traffico, per tacitare anche Johnny Stecchino. Sono i passaggi a livello. La rete ferroviaria, infatti, non è solo ottocentesca, ma progettata male, i binari tagliano in due le città e le principali vie di scorrimento. In Sicilia ci sono otto linee ferroviarie, e migliaia di passaggi a livello, soprattutto nelle linee secondarie. Ottocento solo in provincia di Palermo.
Morale: per treni molto lenti, che si bloccano facilmente sui binari, ci sono attese nei passaggi a livello che arrivano anche ai venticinque minuti, per diverse volte al giorno, con punte di quarantacinque. Non è infrequente notare gente che scende dall’auto, in qualche caso nascono amicizie, magari c’è chi si porta dei termos con una bevanda calda di conforto, accampa picnic.
C’è chi la prende con filosofia, e con ironia (senza la quale, in Sicilia, è davvero difficile sopravvivere). In tanti, la maggior parte, si innervosiscono. Se ci fosse un partito per l’abolizione dei passaggi a livello, nell’isola, sarebbe di gran lunga il primo.
La vita delle città è infatti condizionata da questo tempo dilatato dall’attesa dei treni. Che non prende nessuno. Il paradosso, infatti, è che si aspetta per l’eternità un treno…vuoto. Basta citare l’ultimo studio fatto, il Pum (Piano Urbano della Mobilità) del più grande comune della Sicilia occidentale, Marsala, quasi centomila abitanti, quinta città dell’Isola. Ventisei passaggi a livello che tagliano in due la città per ventiquattro chilometri.
Secondo gli ingegneri e i tecnici che hanno presentato il piano, il treno è preso nello 0,2 per cento dei centocinquantasettemila spostamenti che avvengono ogni giorno in quella città. Ogni treno ha una media di venticinque persone a bordo (quanto i lettori di Manzoni, verrebbe da dire). Ci sono più passaggi a livello che passeggeri, insomma.
E d’altronde, chi si sogna di prendere il treno, che in Sicilia, tra le altre cose, si ferma in stazioni sconosciute, retaggio di una stagione politica antica, in cui ogni onorevole amava avere, per ragioni di prestigio, la stazione vicino casa?
Solo qualche anno fa, ad esempio, è stata declassata a “posto di movimento” (un’area dedicata solo a funzioni connesse al trasporto, senza alcun servizio per i viaggiatori) la stazione di Bruca, ridanciana località rurale, come il nome pastorizio fa intuire, tra Alcamo e Castellammare del Golfo, con centotrenta abitanti. La stazione era stata voluta dal regime fascista, addirittura, nel 1937, ed era tappa obbligata e desolata di tutte le corse.
La lotta contro i passaggi a livello, e dunque contro i treni, anima movimenti civici e associazioni, e periodicamente si organizzano petizioni e manifestazioni. Rfi (Rete Ferroviaria Italiana), non è insensibile al problema. Ma eliminare un passaggio a livello richiede investimenti importanti, perché bisogna procedere con sovrappassi o sottopassi. Approfittando anche dei fondi del Pnrr, oltre che di una specifica legge dello Stato, del 1998, in Sicilia sono stati fatti investimenti importanti. Quindici milioni di euro solo a Trapani, per eliminare tre passaggi a livello. Altri otto milioni per l’eliminazione di un altro sulla tratta ferroviaria Catania-Caltagirone.
Nel 2019 a Marsala fu annunciato un intervento risolutivo per la città prigioniera delle sbarre: l’abolizione di ben dieci dei ventisette passaggi a livello del tessuto urbano locale. In città si fece una festa che neanche per lo sbarco dei Mille e di Garibaldi. Peccato che, cinque anni dopo, non si è mosso nulla.
I primi progetti, infatti, sono andati avanti tra osservazioni, ricorsi, espropri da fare, lentezze della macchina comunale, solita incapacità della classe politica. Fino all’epilogo scontato: si è perso il finanziamento di ventisette milioni di euro. Adesso, il miraggio è il “treno-tram”: un treno lento (non è una novità) che nei centri urbani si muove come un tram. Non si chiudono le sbarre, è il treno che si ferma per fare passare le auto.
Ma, improvviso, a maggio 2024, l’annuncio miracoloso. Rfi fa sapere che si avviano i lavori di «miglioramento e upgrade tecnologico» e di «potenziamento dell’infrastruttura». Sono lavori da trecentodiciotto milioni di euro: si tratta di elettrificare e rendere moderna e sicura una linea ferroviaria dove, in pratica, non c’erano stati mai interventi.
Qualche settimana prima Trenitalia comunicava, a malincuore, che avrebbe dovuto interrompere la circolazione dei treni in Sicilia occidentale, utilizzando dei bus sostitutivi. Treni fermi, passaggio a livelli sempre aperti. Una goduria. Le cose belle durano poco, e già il sedici settembre la circolazione ferroviaria doveva tornare alla normalità.
Per fortuna siamo in Sicilia, nel bene e nel male, e qualche giorno fa è arrivato l’atteso nuovo annuncio: per «consentire l’operatività dei cantieri», sempre a malincuore, Trenitalia è costretta a «continuare la sospensione della circolazione dei treni» fino al trentun maggio 2025. Altri mesi di traffico scorrevole e zero stress. Fate piano, senza fretta – sembrano dire i residenti alle imprese che eseguono i lavori –. Fate come foste in treno…