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08/11/2024 06:00:00

Un paese ci vuole, il mini festival di INCUSO nella Valle del Belice

 “Un paese ci vuole”. Lo scriveva Cesare Pavese circa 75 anni fa, uno che il paese lo aveva lasciato adolescente, trasferendosi a Torino, e che aveva avvertito il dolore del distacco solo in tarda età, tanto da averci dedicato un libro, proprio La luna e i falò, sul tema del ritorno. Ma qui siamo lontani quasi mille chilometri dalle langhe pavesiane, ci muoviamo su ben altre colline che conosciamo da vicino: quelle della Valle del Belìce, prosperosa quanto abbandonata, zona verde e zona grigia insieme.

È tra gli uliveti belicini infatti che, nel 2011, nasce INCUSO, un progetto pensato e sviluppato da Pasquale Bonsignore, che ha provato a applicare il design thinking all’agricoltura. Il punto di partenza, l’olio extravergine d’oliva. O meglio, la sua produzione e commercializzazione, che subisce gli effetti di un sistema poco aggiornato, ma anche purtroppo frammentato, quindi incapace di costruire un dialogo tra diversi stakeholder e allineare così gli obiettivi di ciascuno su un fronte comune. Un sistema che si traduce in un impoverimento della filiera olivicolo-olearia, con un conseguente abbandono delle terre coltivabili.

INCUSO, grazie al suo metodo basato sul design thinking, ha saputo invece valorizzare i partner di settore (in questo caso una decina di conferitori locali della Valle del Belice), raggiungendo un valore totale della commercializzazione dell’olio del Belice tra il 30% e il 50% superiore rispetto alla media di mercato.

Sulla scia dell’innovazione, quella innovazione positiva che non soppianta la tradizione ma la adegua ai tempi attuali, il mese scorso si è tenuto a Castelvetrano un mini festival a porte chiuse, “Un paese ci vuole”, organizzato da INCUSO e nato dall’idea che «il cibo ha fame di futuro» ma è una fame che bisogna raccontare. All’evento ha preso parte Claudia Fauzia, conosciuta anche come lamalafimmina, attivista che da anni rivendica l’autodeterminazione delle donne e, insieme, delle regioni del Sud.

Abbiamo fatto qualche domanda a Luca Martinelli, giornalista e curatore degli eventi del festival, per capire meglio come si muove INCUSO sul territorio, e quali sono i suoi progetti futuri per la Valle del Belice.

Cosa significa, esattamente, quel preciso titolo scelto per il talk? “Il cibo ha fame di futuro”, ma perché non riesce a sfamarsi?

«“Il cibo ha fame di futuro” è uno dei messaggi chiave del lavoro di INCUSO. L’azienda nasce infatti con l’obiettivo di ammodernare i processi legati alla produzione e commercializzazione dell’olio extravergine di oliva. Perché è solo questo rinnovamento che può garantire ai partner del settore un reddito adeguato, che sia in grado di sostenere la continuità aziendale.»

Trattandosi di un evento che si è tenuto a Castelvetrano, uno dei grandi centri della filiera olivicolo-olearia, il legame tra il futuro del cibo, o della filiera, e il territorio belicino non poteva che emergere. Ma in che modo si è discusso di questo legame? Quanto di Incuso è legato alla Valle del Belice?

«L’edizione zero di “Un Paese ci vuole”, la prima che INCUSO ha organizzato, con il supporto del pastificio Felicetti (Trentino) e della cantina Gravner (Friuli Venezia Giulia), ha portato nel territorio della valle del Belice una cinquantina di operatori del settore food da tutta Italia.

Lo scorso anno, in occasione della festa per i dieci anni di INCUSO, ne sono arrivati altrettanti. Operatori del settore che hanno dedicato parte della visita al parco archeologico di Selinunte, per comprendere la storia e il valore di questo territorio, nonché le potenzialità che la nostra azienda cerca di far riconoscere.

Quest’anno, abbiamo riflettuto intorno al tema dell’abitare e delle trasformazioni dell’abitare, e abbiamo visitato per questo Gibellina Nuova e il Cretto di Burri. Ma anche due oliveti molto diversi, sebbene distanti pochi chilometri: uno l’anno scorso, su terra rossa in pianura, l’altro quest’anno, su terra bianca in collina. Terreni umidi e aridi, due mondi in uno che convivono.

Quindi in due anni, i nostri ospiti hanno potuto conoscere due storie molto differenti della nostra terra, attraverso il racconto dell’archeologia, dell’architettura contemporanea, e di un ecosistema specifico. Con l’idea di costruire, negli anni, un racconto sempre più completo su questo pezzetto di mondo.»

Claudia Fauzia, aka lamalafimmina, è un’attivista che si concentra su due particolari cause: la lotta alla discriminazione di genere e quella contro l’antimeridionalismo. Sono temi che sentite vicini?

«Abbiamo coinvolto Claudia per le sue riflessioni intorno al margine. Il talk a cui ha preso parte, che abbiamo seguito seduti in cerchio su balle di paglia, in uno degli oliveti dei contadini che collaborano con INCUSO, nasce proprio dalla volontà di riflettere intorno al tema di “restanza”, che non è semplicemente la scelta di restare a vivere nel territorio in cui si è nati, ma comporta la volontà di diventare attori, e quindi attivisti, per modificare uno stato di cose che non funziona. Stato di cose che sta portando i giovani ad abbandonare questo territorio.»

INCUSO vuole insomma innescare un cambiamento che interessi tutto il territorio, a partire dal paesaggio agricolo e dalla filiera che da lì parte. Ma, se l’obiettivo è la fioritura di un luogo, perché allora organizzare un evento a porte chiuse, solo per pochi, e non considerare anche la fioritura di chi quel luogo lo abita?

«“Un paese ci vuole” è stato concepito, finora, come un evento privato perché, essendo promosso da una realtà completamente autofinanziata, quindi priva di supporto pubblico, risulta difficile sostenere e gestire l’organizzazione di un evento pubblico.

È per questo motivo che abbiamo deciso di invitare soltanto giornalisti e esperti del settore food, figure con un forte eco mediatico, nel tentativo di sensibilizzare un pubblico, che sia il più ampio possibile, sulle problematiche del sistema agroalimentare italiano.

In futuro, speriamo di poter aprire l’evento a un maggior numero di persone, anche collaborando con le amministrazioni locali. Come Gibellina per esempio, che ci ha offerto l’opportunità di organizzare un concerto al Cretto di Burri. Avere il supporto delle amministrazioni ci permettere di affrontare temi ancor più rilevanti per le comunità di Castelvetrano, Gibellina e, in generale, di tutta la Sicilia Occidentale.»

Guarda qui il reel di Claudia Fauzia sull’evento.

Daria Costanzo