Certo, è una trasferta che fa notizia. Siamo abituati, noi siciliani, ad andare nel nord Italia per curarci. D’altronde, come dice quel famoso detto: “Il miglior medico in Sicilia è … l’aereo”.
Gli ultimi report dimostrano come la Sicilia sia, purtroppo, una Regione dalla quale spesso si parte per cercare altrove delle cure. Sono i famosi "viaggi della speranza". Nel corso del 2020 la Regione Siciliana aveva pagato ai sistemi sanitari di altre Regioni 198,5 milioni di euro. Nel 2021 ha sborsato invece oltre 230 milioni di euro.
Pertanto, se qualcuno del profondo nord sceglie Trapani è sicuramente una notizia. Non capita spesso, infatti, di sentire di pazienti che, dal profondo Nord, scelgono di curarsi in Sicilia. Abituati al flusso inverso, con molti siciliani che si spostano verso strutture del Nord Italia per ricevere cure mediche, il caso di una signora bresciana che torna a Trapani per completare il suo percorso di guarigione non può che attirare l’attenzione.
La storia inizia nell’estate del 2023, quando la donna, in vacanza a Marettimo, subisce una grave caduta con trauma al gomito sinistro. La diagnosi non lascia dubbi: una "triade terribile", una frattura-lussazione del gomito tra le più complesse da trattare in ortopedia. Si tratta di una lesione con prognosi spesso infausta per quanto riguarda il recupero della piena funzionalità dell’arto.
Trasportata all’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani, la paziente viene presa in carico dall’Unità Operativa Complessa (UOC) di Ortopedia e Traumatologia. Qui, sotto la guida del dirigente medico Francesco Balistreri e del primario Carlo Sugameli, viene sottoposta a un intervento chirurgico innovativo. Oltre all’impianto di una protesi di capitello radiale e alla ricostruzione dei legamenti collaterali del gomito, viene utilizzato per la prima volta in Sicilia un dispositivo all’avanguardia: l’IJS (Internal Joint System).
Questo sistema, importato da Miami, rappresenta una vera rivoluzione. Si tratta di un fissatore interno dinamico che consente di stabilizzare il gomito mantenendo però una mobilità precoce. "Il paziente può muovere il gomito già dopo 12 ore dall’intervento", spiega il dottor Balistreri, "riducendo significativamente il rischio di nuove lussazioni e accelerando il percorso di riabilitazione". Ad oggi, l’UOC di Trapani ha già impiantato quattro dispositivi IJS, con risultati estremamente positivi.
La paziente bresciana, terminato il primo intervento, è tornata a casa con una prognosi positiva e la promessa di un futuro ritorno per rimuovere il dispositivo, un passo necessario poiché l’IJS è progettato per essere temporaneo e va rimosso entro un anno.
Lo scorso mese, esattamente un anno dopo l’intervento, la donna è tornata a Trapani per concludere il suo iter di cura. "Le mie amiche erano scettiche: 'Ma come, vai a Trapani a farti curare?'", racconta la signora. "E invece sono pienamente soddisfatta. Non potevo fare scelta migliore". La rimozione del dispositivo è avvenuta senza complicazioni, con il recupero completo della funzionalità del gomito.
Il primario Sugameli sottolinea l’importanza del caso: "Questa è una storia felice di sanità al contrario, che mostra come la qualità delle cure in Sicilia possa competere, e talvolta eccellere, rispetto ad altre realtà italiane. Siamo orgogliosi del lavoro svolto dal nostro team".
I risultati clinici ottenuti a Trapani non sono passati inosservati: i casi trattati con l’IJS sono stati presentati sia al congresso nazionale di Riccione lo scorso aprile sia a quello regionale di Licata a settembre, confermando il Sant’Antonio Abate come una realtà di eccellenza nel campo dell’ortopedia.
Questo episodio rappresenta un esempio di sanità siciliana che funziona, ribaltando il luogo comune del "miglior medico siciliano è l’aereo". Quando innovazione, professionalità e umanità si uniscono, Trapani può diventare una destinazione non solo per i turisti, ma anche per chi cerca cure mediche d’eccellenza.